Le terre dei tratturi e la civiltà della transumanza hanno caratterizzato per secoli il territorio, la storia, la vita sociale ed economica dell’Abruzzo, del Molise, della Campania, della Puglia e della Basilicata.
I tratturi erano le grandi vie battute per secoli da milioni di armenti nelle loro periodiche trasmigrazioni primaverili ed autunnali dall’Abruzzo alla Puglia, dalla montagna verso il Tavoliere fino ad arrivare alle Murge e al mar Ionio.
Questa migrazione aveva bisogno di larghe vie erbose che potessero fornire alimento al bestiame durante il lungo viaggio che durava in media due settimane. Pertanto i tratturi erano contemporaneamente strade, pascoli, luoghi di insediamento per opifici, chiese, taverne e infine centri abitati.
L’origine dei tratturi, già attestati in epoca protostorica come lunghe vie battute dagli armenti e dalle greggi, affondano nelle tracce millenarie che antichissime genti lasciarono nelle loro migrazioni seguendo sia il proprio istinto sia il moto delle stelle, i corsi dei fiumi o i colori dell’orizzonte. Il termine “tratturo”, comparso per la prima volta durante gli ultimi secoli dell’Impero romano, designava il privilegio dell’uso gratuito del suolo di proprietà dello Stato, di cui beneficiavano i pubblici funzionari e che venne poi esteso anche ai pastori della transumanza, per l’uso delle vie pubbliche. Guglielmo I il Malo nel 1155, li dichiarò beni demaniali; successivamente, sotto la dominazione aragonese, vennero ridisegnati i tracciati, stabiliti i limiti e codificati gli usi, in seguito sostenuti anche dai Borbone.
Nel periodo di massimo sviluppo la rete viaria tratturale si estendeva da L’Aquila a Taranto, dalla costa adriatica alle falde del Matese, con uno sviluppo complessivo che superava i 3.000 km. I tratturi furono strade particolari e, sotto molti aspetti, irripetibili; disposti come i meridiani (tratturi) e i paralleli (tratturelli e bracci), essi formarono una rete viaria che copriva in modo uniforme tutto il territorio e dettarono, in tutto il Mezzogiorno orientale, la legge del movimento e dell’insediamento.
Seppure oggi la transumanza non venga più effettuata ed i tratturi abbiano perso la loro funzione originaria, questi territori offrono non solo prodotti della terra e dell’allevamento, ma anche testimonianze di cultura locale, architettura rupestre, diversità biologica e valori ambientali suscettibili di grandi occasioni di sviluppo sostenibile.
Il decreto ministeriale del 1976  ha definito i tratturi beni di notevole interesse per l’archeologia, per la storia politica, militare, economica, sociale e culturale sottoponendoli alla stessa disciplina che tutela le opere d’arte d’Italia.
La Regione Puglia, in particolare, consapevole della necessità di salvaguardare e di tutelare la ricchezza della rete tratturale pugliese, ha approvato la legge n. 29 del 23-12-2003, che fissa, come mission principale, all’art. 1, la costituzione del “Parco Tratturi della Puglia”.
Il Parco, che si estende per circa 1.700 km, comprende 9 tratturi, 62 tratturelli, 7 bracci e 3 riposi per i quali sono proposti itinerari percorribili a piedi, a cavallo o in bicicletta, utilizzando sinergie con le strade di bonifica, le ferrovie dismesse e le strade di servizio dell’Acquedotto Pugliese, così da offrire al visitatore una mappatura varia ed articolata del territorio pugliese.
Lo scorso aprile, nell’intento di valorizzare al massimo tale patrimonio, la Regione Puglia ha disposto l’assegnazione di oltre 3 milioni di euro per il “Progetto di Eccellenza Turistica” dedicato ai Monti Dauni.
Gli interventi del progetto sono localizzati nella zona settentrionale della Puglia, all’interno dei confini amministrativi della provincia di Foggia. Si tratta del territorio appenninico, finora meno interessato dai flussi turistici che pure raggiungono le mete del turismo balneare (Gargano) e religioso (San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo) della medesima provincia. In questa area, ogni ipotesi di sviluppo turistico contribuirà al potenziamento dell’offerta turistica regionale, con la virtù di presentarsi fortemente orientata a segmenti e stagionalità diversificate.
L’Appennino dauno, sotto la nuova denominazione “Monti Dauni” che vuole rappresentare il Marchio d’Area, è inoltre un territorio straordinariamente autentico: poco antropizzato, profondamente rurale, legato ai riti della terra come a quelli spirituali, pagani e cristiani; una fascia di terra costellata di borghi dove la vita scorre ancora lenta, scandita dalle stagioni, da ritualità e consuetudini che ancora sopravvivono ai fenomeni della globalizzazione.
Il progetto “Monti Dauni” prevede pertanto la mappatura georeferenziata dei tratturi e dei percorsi, a cui seguirà quella dei borghi e delle attrazioni turistiche ed infine quella dei servizi e degli operatori economici convenzionati.
L’intervento, infatti, punta alla costruzione di una fitta rete di cammini, di percorsi, di itinerari e di piste ciclabili che attraverseranno il territorio consentendo al visitatore di poter scegliere tra i numerosi aree tematiche presenti: il cammino della Via Francigena, il percorso dei Santuari di Padre Pio, i Tratturi della Transumanza, la Strada dell’Olio, la Strada del Vino, oltre a disporre di un ampio e vario scenario di borghi, città d’arte, aree archeologiche, monasteri e conventi.
Tale reticolo, una volta mappato e georeferenziato, sarà integrato con ulteriori percorsi promossi da altre regioni italiane e dagli “Itinerari Culturali” del Consiglio d’Europa, attraverso il contributo delle associazioni di volontariato, il sostegno degli Enti Locali e sotto l’egida delle principali associazioni turistiche nazionali.
Parecchi indicatori, peraltro, segnalano l’avvio di una fase interessante di rivitalizzazione del territorio appenninico: la presenza di un numero sempre maggiore di visitatori che ripercorrono i millenari cammini della Via Francigena, della Via Sacra Longobardorum e dei tratturi della transumanza; la concentrazione di amministrazioni comunali che hanno sposato la filosofia “slow” ed hanno raggiunto importanti certificazioni turistico-ambientali (Alberona, Bovino, Orsara di Puglia, Pietramontecorvino, Roseto Valfortore e Sant’Agata di Puglia sono stati insigniti dei marchi di “Città slow”, “Borghi Più Belli d’Italia” e “Bandiere Arancioni”); la diffusione – in ogni periodo dell’anno – di manifestazioni ed eventi di qualità  (“Orsara Jazz” o il “Festival Apuliae”) occasioni di importante collaborazione e cooperazione interistituzionale in grado di richiamare decine di migliaia di persone.
Il progetto rappresenta un segmento “emergente” che contiene in nuce diverse potenzialità per rappresentare una buona prassi; partendo dalla green economy e la qualità dei prodotti della terra per arrivare a proporsi come una grande “spa” a cielo aperto, capace di generare benessere per la popolazione stabilmente residente e per quella temporanea.