Eva quando prese la mela dall’albero e la offrì ad Adamo, fece cultura. La prima madre che svezzò il suo bambino con delle bacche che aveva scoperto commestibili, fece cultura. Il primo uomo che appuntì un sasso per cacciare e quindi mangiare, fece cultura. Il primo uomo che incise sulla roccia un bufalo per comunicare che lì c’era da cacciare e quindi da mangiare, fece cultura. Il primo uomo che si rese conto che la carne di animale era gustosa, fece cultura.
Il primo uomo che fece due buchi su un uovo di dinosauro, lo bevve e consigliò al suo clan di fare lo stesso, fece cultura. Il primo uomo che sfregando due legnetti provocò una scintilla con la quale accese un fuoco su cui cucinò la carne dei bufali, fece cultura. Il primo uomo che, arrabbiato per il bufalo che gli era appena scappato, maciullò con le mani alcune olive e si accorse che potevano essere un buon condimento per la carne di bufalo, fece cultura.
Il primo uomo che dopo un’indigestione di carne di bufalo, provvide ad avvertire gli altri che non bisognava mangiarne troppa, fece cultura. Il primo africano e il primo indoeuropeo, che si scambiarono i loro diversi cibi, fecero cultura.
Dal che si deduce, contrariamente a chi afferma l’opposto, che con la cultura si mangia eccome, talvolta meglio talvolta peggio, ma si mangia.
Andrea Camilleri

Per rispondere a chi nel governo crede che con la cultura non si mangi, Andrea Camilleri scrive l’elenco dei motivi per cui con la cultura si mangia eccome bene. L’elenco smonta con grande naturalezza un assunto privo di fondamenta, ponendo l’accento sul fatto che la cultura è un fatto speculativo e insieme strumento di sopravvivenza, questione di emancipazione, crescita e sviluppo. Sottolineando il valore culturale del cibo, del suo potere dialogico di scambio, della sua proverbiale essenza coesiva, ZUP Zuppa Urban Project-Azioni Culturali nel Territorio, progetto culturale di “partecipazione e rigenerazione urbana”, nasce proprio all’insegna della considerazione che con la cultura si mangia. Il Gazpacho della Torre, la Zuppa Paesana al profumo d’Oriente, Peripaese, Sironi con estro, la Vellutata di Lattuga Piccante, la Frittata tra Viale Jenner e Maciachini, Energia dolce di Dergano sono le fantasiose quanto mai colorate zuppe i cui ingredienti sono il cibo, la creatività, il territorio. La zuppa, centro simbolico e ricreativo del progetto, diviene pretesto per raccontare il quartiere e le persone che vi abitano e offrire nuovi spunti per l’utilizzo degli spazi pubblici, ripensati secondo modalità conviviali e aggregative.

Intervista a Noemi Satta

ZUP Zuppa Urban Project-Azioni Culturali nel Territorio è un progetto culturale alla sua prima edizione che concepisce la fusione e la fruizione di cibo e territorio in maniera creativa e aggregativa. In virtù di quali esigenze nasce tale progetto, come si è venuta a creare la collaborazione tra lei e Myriam Sabolla?
Il progetto nasce grazie ad un gruppo di lavoro nel quale gioca, oltre alla mia esperienza decennale come consulente di marketing culturale e territoriale e di processi di partecipazione, la stretta collaborazione con Myriam Sabolla, con la quale abbiamo dato vita ad un sodalizio professionale sui temi della rigenerazione territoriale e urbana mediante modalità creative e culturali. Del gruppo fanno parte anche Claudia Acunzo e Maria Chiara Ciaccheri. Claudia ha contribuito alla comunicazione e all’elaborazione dell’immagine grafica, parte importante del nostro progetto. Maria Chiara Ciaccheri ci coadiuva nella progettazione dei laboratori e dei workshop esplorativi di mappatura territoriale che portano alle fasi di partecipazione e coinvolgimento culturale.
Una nota particolare la merita l’immagine del “cucchiaio” e i gadget che lo riproducono, grazie ai quali avviene il passaggio d’informazioni, si stimola l’aggregazione di persone, la comunicazione, il coinvolgimento e il far parte di un progetto. Il brand è volutamente usato come agente per il micro finanziamento, per la definizione di relazioni e reti, per la comunicazione virale e tramite il social web. Il progetto nasce dall’idea di utilizzare la zuppa come metafora di ciò che accade in una città: come la città è l’insieme di fenomeni culturali e sociali diversi, così la zuppa è un piatto diffuso in ogni cultura ed è il frutto del mescolamento di ingredienti e sapori sempre differenti. E’ vero che ZUP Zuppa Urban Project ha a che vedere con il cibo e il territorio, con la creatività e l’aggregazione, però per noi il cibo è un punto di partenza metaforico, elemento d’ispirazione, che poi diventa strumento e modalità operativa.

Fare cultura in Italia ha spesso a che vedere con il cibo e la ristorazione. Perché le persone attraverso la zuppa, pietanza contadina, piatto povero, miscellanea di sapori, si riappropriano della propria città e del senso di appartenenza legato ad essa? Cioè, in che modo si viene a creare “partecipazione e rigenerazione urbana”?

Ci sono delle azioni  chiave che permettono di andare alle  radici di questo progetto, che noi definiamo di pedagogia dello sguardo, e di comprenderlo meglio.
Tra queste: l’esplorazione del territorio, attraverso la quale riosservare la città, scoprendone gli aspetti ancora sconosciuti, per averne attenzione, rispetto, cura; la riappropriazione dello spazio pubblico, che passa prima di tutto da una rinnovata consapevolezza degli spazi di incontro e di aggregazione e dal raffronto con la cucina (da intendersi sia come atto del cucinare che come ambito proprio della dimensione domestica); l’uso creativo dello spazio pubblico, che avviene attraverso il riconoscimento di quegli ingredienti salienti di un quartiere, tali da costituire una “zuppa da gustare”, e cioè storie, cultura e creatività da vivere; quest’ultimo punto fa maturare come conseguenza una maggiore qualità della vita in città, proprio grazie alla reinvenzione dello spazio pubblico, che diventa anche costruzione collettiva culturale.
Proprio il prossimo 21 maggio verrà organizzato un itinerario che coinvolgerà tutta la cittadinanza: per il quartiere ci saranno gli zupstop, realizzati grazie ad una rete associativa e commerciale di operatori e ristoratori della zona che hanno aderito al progetto. Si degusteranno le zuppe, si svolgeranno delle attività volte a mappare il verde spontaneo dei parchi del quartiere, e i cittadini saranno stimolati all’adozione di porzioni di verde attualmente non vissute o abbandonate. Ecco, in questo modo si crea partecipazione, aggregazione, coinvolgimento e riappropriazione del territorio.

La prima edizione del progetto si è svolta a Milano, nel quartiere di Dergano; sono previste altre edizioni, magari anche in altri centri urbani italiani, proprio per riscoprire ed esaltare tradizioni locali diverse?
Abbiamo deciso di realizzare questa prima edizione di ZUP Zuppa Urban Project-Azioni Culturali nel Territorio nel quartiere di Dergano. Quest’area di Milano ha delle caratteristiche che la rendono particolarmente attraente: prezzi degli affitti ancora accessibili, ricca realtà associativa e nuove presenze imprenditoriali creative, giovani coppie e famiglie che vanno a stratificarsi con i vecchi e nuovi cittadini milanesi.
A nostro avviso questo è un format di lavoro applicabile ad ogni realtà urbana. È un progetto metropolitano, che lavora modularmente sul quartiere e che vogliamo riproporre in altre zone di Milano e in altre città d’Italia interessate a riflettere sull’uso dello spazio pubblico e sulla reinvenzione creativa. Recentemente, inoltre, abbiamo presentato il progetto all’interno di ItaliaCamp. La tua idea per il paese, contenitore dalla  risonanza molto forte.

Cosa ne pensate di quelle iniziative (Slow food, Terra madre, Love difference..) che in Italia, secondo diverse modalità, intendono stimolare una visione critica, sostenibile e responsabile del cibo, della terra, del mangiare?
Slow food e Terra madre lavorano sulla consapevolezza e sulla cultura del cibo in Italia, mettendo in luce la questione dell’aspetto produttivo e lavorando per una migliore relazione con l’aspetto commerciale e distributivo che valorizzi il rapporto tra l’atto del mangiare e del produrre. Ciò che ci accomuna è l’accento posto sul tema della consapevolezza, tra cibo e territori, e sul rispetto di alcuni ritmi di produzione che non devono snaturare il prodotto che arriva in tavola. Tuttavia ci sono delle sfumature: noi non ci concentriamo sul “tipico”, la zuppa non è tipica di Milano. Anzi, per noi è importante il “tipico” contemporaneo, in quanto capace di coinvolgere gli abitanti del quartiere, capire e rappresentare ciò che li circonda. In modo traslato, questo progetto genera consapevolezza su ciò che la città produce; è la costruzione di un ecosistema di contaminazioni e scambi culturali che crea la zuppa, i cui ingredienti diventano a loro volta generatori di creatività. Love Difference, a sua volta, valorizza la dimensione creativa che nasce dall’incontro di artisti e figure professionali diverse, che ragionano sulle possibilità che il cibo ha di mettere in relazione le persone. Con Love Difference abbiamo spesso collaborato su progetti riguardanti lo scambio e la costruzione di relazioni legate alla consapevolezza, al rispetto del territorio e delle differenze.
Per noi, come per Slowfood, Terra madre o Love difference, il cibo non può essere recinto né a Milano, né in Italia, né altrove.

Qual è stata la risposta dei cittadini a questa prima edizione di ZUP Zuppa Urban Project-Azioni Culturali nel Territorio e in che modo le istituzioni locali vi hanno partecipato?
Stiamo coinvolgendo i cittadini a cerchi concentrici e con modalità differenti. Da una parte lavoriamo sui numeri relativamente piccoli: azioni-incursioni (pranzi di cortile, visite narrate di quartiere, laboratori di esplorazione e mappatura del paesaggio verde e urbano) che per essere efficaci non possono che coinvolgere dei gruppi relativamente ristretti; dall’altra aumentiamo il reticolato dei cittadini nel progetto, perché non vogliamo limitarci agli abitanti del quartiere, ma rivolgerci a tutti i cittadini.
In questo ha dato un valido sostegno la copertura stampa ottenuta: a partire da “Nova” del Sole24ore, dedicato alla creatività e all’innovazione, alla free press “Zero”, dedicata a ciò che succede in città, sulle agende locali dei giornali a tiratura nazionale, fino ai vari blog.
Anche la partnership che abbiamo costruito con “Terre di mezzo” ci ha dato grande visibilità, l’essere stati pubblicati sulla loro newsletter significa raggiungere circa 10000 persone.
E ancora tutti i momenti preparatori, da noi chiamati Pillole di Zup, sono stati funzionali all’informazione e comunicazione del progetto. In tal senso Pillole di Zup è servito alle relazioni con le altre associazioni, ma è stato anche un momento di crowd sourcing e crowd funding.
Il tema del finanziamento è strettamente legato a quello del coinvolgimento e comunicazione, per un progetto come Zup che non nasce su commissione istituzionale.
Per quanto riguarda il coinvolgimento delle istituzioni locali, infatti, in questo momento abbiamo il Patrocinio del Consiglio di Zona e del Comune di Milano e abbiamo intessuto una relazione importante, che ormai dura da più di due anni, con il Politecnico di Milano (Dipartimento del Design della Comunicazione).
Una delle tappe della giornata del 21 maggio sarà proprio la visione dei documenti audio-visivi sulla trasformazione della città e del quartiere realizzati dagli studenti del Politecnico.

Approfondimenti:
www.noemisatta.com
www.progettozuppa.wordpress.com
progettozuppa@gmail.com