Intervista a Giusy Caroppo, ideatrice di Intramoenia Extrart
Nel 2003 lei ha fondato “Eclettica cultura dell’arte”, un’associazione finalizzata “alla promozione dell’arte contemporanea e [al]la conoscenza del territorio in cui opera”. Qual è il ruolo dell’associazionismo culturale nel panorama della regione in cui opera, la Puglia?
Sicuramente l’associazionismo rappresenta una forte componente della vita culturale pugliese, specie quello giovanile. L’importanza delle associazioni come la nostra, ma non solo, è soprattutto quello di rappresentare un banco di prova per poi poter entrare con maggiori competenze nel mondo del lavoro, sebbene quello dell’arte contemporanea, così come altre discipline “intellettuali”, purtroppo in Italia viene considerato più un hobby, che una attività professionale.
Per fortuna la nostra Regione ritiene la cultura – insieme al turismo – uno dei settori portanti anche dell’economia, per cui associazioni artistiche e culturali, ma ancor di più cooperative,  piccole imprese sono incentivate a investire nel settore della creatività.
Qual è il suo giudizio sul “Sistema dell’arte” nel meridione d’Italia? Qual è il ruolo delle istituzioni pubbliche e dei privati all’interno di questo panorama?
Il meridione, al contrario di  quello che si possa pensare, è assolutamente attivo…direi anche professionale e competitivo: basta guardare a realtà come Arte Pollino in Basilicata, Palazzo Riso in Sicilia, realtà come la Fondazione Southeritage a Matera, il Marca in Calabria e certamente, guardando alla Puglia, dalla neonata Fondazione Museo Pino Pascali, sulla scorta della tradizione nella promozione di un contemporaneo di qualità, al premio LUM per l’arte contemporanea appunto promosso da un’università privata, a idee interessanti dedicate al panorama emergente e agli scambi internazionali – Vessel a Bari – e naturalmente il progetto molto controverso del BAC, sempre nel capoluogo, che ha animato il dibattito sulla necessità  di istituire un museo d’arte contemporanea.

Dal 2005 al 2010 ha curato, insieme ad Achille Bonito Oliva, Intramoenia Extrart, una rassegna che ha portato l’arte contemporanea nei castelli e nelle dimore storiche della Puglia. Come ha risposto il pubblico non specializzato e come è stata accolta l’iniziativa da parte degli addetti ai lavori?
Sì, il progetto sia nel titolo che nei contenuti è mio: venivo fuori da due esperienze nel castello di Trani e mi resi conto che i nostri castelli potevano dialogare perfettamente col contemporaneo…ne parlai a Bonito Oliva che proprio in quel periodo inaugurava Le opere e i giorni nella Certosa di Padula, che scelse da farci da “guida” generosa in questo cammino che da molti è stato definito “pionieristico” in Puglia.
Il pubblico ha risposto benissimo, giacchè abbiamo calcolato un tasso di visitatori altissimo, raggiungendo in media i 30.000 visitatori, con picchi anche più alti…ma soprattutto con la soddisfazione di aver aperto al grande pubblico luoghi spesso inaccessibili e dimenticati.
Gli addetti ai lavori specialmente i giornalisti delle grandi testate ci hanno seguito con attenzione, assiduamente, abbiamo avuto richieste di stage da università e istituti di formazione di tutta Italia…insomma una bella soddisfazione per l’Associazione Eclettica  che dirigo e che poi è la vera artefice del successo dell’iniziativa: abbiamo costituito un team ben strutturato, eterogeneo ma complementare, credo professionale e affiatato e questo è stato molto apprezzato dagli addetti ai lavori.

Il 3 giugno a Venezia sarà inaugurata Pino Pascali. Ritorno a Venezia. Puglia arte contemporanea, una mostra di cui lei è curatrice generale assieme a Rosalba Branà (direttrice della Fondazione Pascali di Polignano a mare). La mostra, che fa parte degli Eventi collaterali della 54. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia, proporrà opere provenienti dalla collezione del museo di Polignano e i progetti site-specific realizzati da Virginia Ryan, Gao Brothers, Carlo Michele Schirinzi e dagli altri artisti coinvolti per Intramoenia Extrart. Potrebbe anticiparci qualcosa in merito a questa esposizione?
Devo pubblicamente ringraziare Rosalba Branà per aver pensato a coinvolgermi in questo ambizioso progetto… è una dimostrazione di stima in una regione dove non si riesce a fare rete, non si riesce a collaborare…insieme abbiamo strutturato il progetto che ha partecipato alla Selezione della Biennale internazionale e con grande soddisfazione – in un anno in cui sicuramente la direttrice Bice Curiger non è stata generosa, tagliando più del 50% dei progetti presentati – solo a febbraio abbiamo avuto la risposta positiva dell’ammissione…Con questa mostra Pino Pascali, il nostro mito stimato ormai in tutto il mondo, si porta dietro a Venezia un saggio di opere della collezione e di partecipazioni importanti di Intramoenia Extra Art: una sorta di collezione itinerante che parla di che dimostra che quello che si è fato in questi ultimi anni non è stata una serie di iniziative effimere, bensì ha lasciato in eredità progetti versatili, che sono indissolubilmente legati alla nostra terra.

Qual è il suo giudizio sul progetto curatoriale del direttore del Padiglione Italia della Biennale di Venezia Vittorio Sgarbi?
Prima di tutto non condivido il grande equivoco che sta generando tra i non addetti ai lavori: questo definirsi curatore della Biennale e non specificare che lo è solo del “Padiglione Italia”…A parte questo, chiaramente non condivido il voler deliberatamente delegittimare – con questa operazione –  il ruolo del curatore, già abbastanza squalificato nella realtà attuale, che è tutta un “mostrificio” spesso di bassa qualità…Poi non trovo rispettoso invitare gli artisti venti giorni prima del vernissage, non proporre loro un progetto chiaro, limitarsi a proporre giusto una partecipazione alla “Biennale”, quasi fosse semplicemente una medaglia da inserire nel proprio portfolio…poi ne verrà comunque fuori una sorta di mappatura  – semmebe squilibrata – dell’arte in Italia ed alla fine, in mostra, ci saranno anche artisti interessanti (alcuni che noi porteremo a Venezia, sono anche nella mostra barese di Sgarbi, ad esempio), ma certamente una vera mostra è ben altra cosa: questa operazione lede secondo me la dignità dell’artista, ridotto a poco più che un numero, un nome…ma vedremo.

Preparazione in campo storico-artistico, attenzione nei confronti delle emergenze creative contemporanee…. e poi? Quali sono, a suo avviso, le competenze che un curatore dovrebbe possedere?
Sicuramente una buona preparazione culturale di base è fondamentale – e devo dire che i giovani laureati italiani la posseggono  – avere intuito per il nuovo, certamente, ma conoscere anche il passato per riconoscere il quoziente di ’innovazione” di un’opera d’arte contemporanea, specie di un artista emergente; avere spirito organizzativo, saper lavorare in team, parlare correntemente l’inglese – una lacuna che è spesso il nostro gab rispetto ai curatori internazionali – e soprattutto avere anche competenze amministrative: se non si sa amministrare i budget, spesso esigui, è impossibile organizzare una mostra e fare un progetto, specie per un ente pubblico, ha come criterio principale la “fattibilità”.

Foto: Installazione di Virginia Ryan a Intramoenia Extrart, Castelli del Salento, Courtesy of Eclettica Cultura dell’arte Barletta