L’invasione della cultura pop proveniente dalla Korea del Sud viene definita Hallyu o più comunemente Korean Wave. Questa tendenza ingloba il mondo della musica, della produzione cinematografica e dello spettacolo.
Tutto è cominciato nei primi anni novanta quando le soap opera koreane furono trasmesse per la prima volta in Cina e molti artisti e gruppi musicali k-pop (abbreviazione per musica pop coreana) si sono discostati dalla propria patria d’origine, affermandosi nei mercati musicali di tutta l’Asia orientale.
Nel giro di dieci anni attori di cinema, protagonisti di fiction televisive e cantanti koreani sono diventati veri divi per i giovani di Hong Kong, Taiwan, Cina, Giappone e di tutto il sud-est asiatico, a tal punto che hanno iniziato ad imitarne lo stile ed il taglio dei capelli. La popolarità di questo fenomeno culturale è cresciuta così tanto che, negli ultimi mesi, ha colpito nel cuore persino le giovani generazioni europee. La rete ha poi contribuito a tutto il resto: da Facebook a YouTube, il K-pop cavalca l’onda di siti web di video-sharing.
In Italia è stato aperta una pagina facebook dedicata, K-Pop Italia, nella quale si trovano video musicali e fiction mentre a Parigi lo scorso 1 maggio, centinaia di giovani francesi si sono riuniti davanti al Louvre per protestare contro il sold out, avvenuto in soli 15 minuti, del SM Town Concert, concerto dell’etichetta discografica Koreana che raduna tutti i massimi esponenti della musica K-Pop. I giovani fans hanno protestato cantando e ballando le canzoni dei loro idoli preferiti: da Girls’ Generation a Super Junior, passando per BoA e i Big Bang. Che la Korean Wave richiamasse grandissime folle in tutto il sud est asiatico era cosa nota, ma era la prima volta che si verificava un episodio simile in Europa, dal momento che la popolarità della cultura pop coreana era stata confinata all’Asia.

Ma nel tam tam mediatico di notizie in rete sembra che a supporto dei giovani francesi si siano organizzate altre piccole mobilitazioni a Marsiglia, Lione, Barcellona, Madrid e addirittura Monaco di Baviera. I portavoce delle due etichette discografiche koreane (YG e SM Enterteinment) sostengono che YouTube abbia giocato un ruolo importante nella crescente popolarità del K-pop. “Abbiamo sempre cercato di promuovere la commercializzazione dei nostri artisti attraverso la rete. Questo ha portato numerosi sostenitori dagli Stati Uniti, dall’Europa e dal Sud Africa.” Con il fenomeno Hallyu, la Korea sta assumendo un ruolo di prima donna non solo come esportatrice di prodotti industriali ma anche come divulgatrice di modelli culturali. La lunga onda  ricade positivamente sull’economia koreana creando nuovi tipi di business.

Negli ultimi anni la Korea si sta caratterizzando come meta turistica per eccellenza di tutto il sud est asiatico. Flotte di turisti vi si recano per visitare i set dove sono state registrate le loro fiction preferite, le “Korean drama”, tanto che le autorità koreane stanno progettando la costruzione di un villaggio nei pressi della capitale, che si chiamerà Hallyuwood e sarà pronto nel 2012. Il progetto, fortemente voluto dalla Korea Broadcasting Commission, è quello di creare un centro di produzione cinematografica per favorire la realizzazione di film e fiction nazionali, ma anche per gettare le basi per lo sviluppo della prossima generazione culturale. Oltre al centro di produzione, è stato progettato anche un parco a tema con strutture ricettive e commerciali. Così la Korea sarà il secondo paese dopo l’India, con il suo Bollywood, ad imitare l’industria del cinema hollywoodiano e nel frattempo il cinema koreano ottiene conferme a Cannes con il premio per la miglior sceneggiatura al film Poetry, del regista Lee Chang-Dong. L’onda Koreana supera le frontiere in nome di una globalizzazione culturale, contribuisce al processo di miglioramento dell’immagine nazionale e promuove nuove forme di potere economico. Rimane da chiedersi se si tratta veramente di un’invasione o di un’imposizione liberamente scelta. Viviamo in un’epoca in cui non ci sono frontiere ma un unico grande mercato globale di modelli culturali, dove grazie alla rete possiamo scegliere i contenuti che maggiormente desideriamo. Forse il modello Koreano è vincente in quanto “altro”, diverso da noi,  o più semplicemente perché in grado di rispondere ai desideri delle nuove generazioni di teenagers.