Se l’innovazione ci può offrire una chiave per migliorare gli standard di vita e cercare di risolvere alcune sfide a livello sociale, è necessario che il capitale umano impegnato nell’ambito dell’innovazione sia capace di produrre nuova conoscenza, adottare ma anche sviluppare idee preesistenti, imparare cose nuove e adattarsi a un ambiente in continua evoluzione.
Quali tipologie di capacità e competenze siano richieste dall’innovazione è la domanda a cui cerca di offrire risposte il volume “Skills for innovation and research”, pubblicato dall’OCSE all’inizio di quest’anno. L’operazione non è facile, e deve cercare di partire intanto dalle definizioni di concetti talvolta inafferrabili come “competenze” e “innovazione”, e sulla difficoltà della loro misurazione. Per esempio le competenze sono quelle di base, come leggere e scrivere, quelle “accademiche”, quelle più tecniche e quelle più “soft”, come l’apertura multiculturale, le capacità comunicazionali e legate al lavoro di squadra. Poi ci sono capacità più manageriali e imprenditoriali e naturalmente quelle più creative. E l’innovazione richiede un mix di queste competenze, con possibili ribaltamenti che vedono le competenze considerate tradizionalmente “soft” salire di importanza nei confronti di quelle tecniche e accademiche, pur rimanendo queste parte integrante di molti lavori.
Il livello di istruzione è in continuo aumento in tutti i paesi Ocse; circa un terzo dei giovani tra i 25 e i 34 anni hanno una formazione universitaria. L’aumento generale del livello di istruzione si riflette anche nei dati relativi all’occupazione, che suggeriscono che il numero di lavoratori qualificati è in crescita rispetto a quello dei semi-qualificati, anche se rimane molto complesso, e bisognoso di analisi empiriche, il rapporto tra competenze e i risultati dell’innovazione. Ma rispetto a precedenti generazioni i giovani si laureano di più nell’ambito delle scienze sociali, economiche e giuridiche, con un conseguente declino per le scienze dure e ingegneristiche.
Ancora prima, per ovviare alla carenza di conoscenza delle carriere scientifiche si dovrebbe chiamare in causa una maggiore e migliore attività di comunicazione e di servizi di orientamento, e proporre politiche di genere, per favorire la partecipazione femminile agli studi scientifici.
Ma al di là della formazione iniziale, è importante mettere le persone nella condizione di poter migliorare le proprie capacità e competenze durante tutta la vita adulta; la formazione continua aiuta ad ampliare le proprie competenze e aiuta i lavoratori ad affrontare eventuali e ormai sempre più possibili, cambiamenti.
La questione più importante su cui le politiche sulle competenze per l’innovazione dovrebbero puntare potrebbe essere proprio quella della creazione di un ambiente di lavoro che permetta alle persone di scegliere e acquisire competenze adeguate e che ne supporti l’uso ottimale.
Più in generale, data la grande varietà di influenze che pesano sull’innovazione, proporre giuste politiche sulle competenze individuali è necessario ma non sufficiente ad aiutare le attività innovative. La politica dovrebbe provvedere al mantenimento di un ambiente favorevole all’innovazione in cui le persone possano esprimere al meglio le loro capacità.

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pp. 144
OECD Publishing, € 36
ISBN: 9789264097476

Chimera Poppi è Ricercatrice presso la Fondazione Rosselli