È finito il tempo dei siti vetrina, statici, con immagini sgranate e aggiornamenti fermi da anni: almeno questo è quanto afferma il Rapporto 2010 sulla “Pubblica Amministrazione che si vede”, una ricerca annuale che, dal 2004, si occupa di monitorare la comunicazione interattiva delle pubbliche amministrazioni, riconoscendo un premio a coloro i quali si distinguono per creatività, innovazione e progresso tecnologico nel rapporto con i cittadini.
Per ogni regione viene stilata una lista delle principali azioni intraprese dai vari enti, con un approfondimento sui progetti portati avanti e sulle modalità applicate per la loro attuazione.
Dai dati scaturiti per il 2010, a prevalere è sicuramente la volontà delle amministrazioni di dotarsi di strumenti sempre più interattivi che siano uno strumento di aiuto per la comunicazione non solo delle proprie attività ma anche per facilitare lo scambio di informazioni tra istituzione-utente, oggi alla base di gran parte della comunicazione web.
Il monitoraggio 2010 ha dunque fotografato la produzione video (tv, web tv, youtube, schermi a circuito chiuso) di 170 enti di cui vengono descritti: i format prodotti, i canali di distribuzione, i target di riferimento, l’organizzazione della produzione, la soddisfazione dei cittadini, i costi sostenuti e i rapporti con i broadcaster.
Gli enti che più hanno dimostrato di prestare attenzione al mezzo audiovisivo per le loro campagne di comunicazione si sono rivelati i Comuni, seguiti da Province, Regioni e Università mentre, a livello territoriale, una produzione più cospicua si è registrata nel Lazio e in Emilia Romagna. Fanalini di coda, Valle d’Aosta e Basilicata: la prima con la sola attivazione del servizio di web tv che permette la visione l’ascolto delle news e dei comunicati stampa ufficiali istituzionali (regionali), la seconda con il portale basilicatanet.it, un servizio completo di giornali radio, canali tematici e interattivi che però rappresenta l’unico esempio di servizio offerto in tutta la regione.
Tra i più e i meno virtuosi, tanti altri progetti, suddivisi per regione e portati avanti, con più o meno costanza/entusiasmo dai vari enti, recepiti con più o meno interesse/facilità dai vari utenti.
Una mappatura utile, almeno a comprendere che qualcosa viene effettivamente prodotto, anche se con difficoltà.
Di sicuro, rispetto a qualche anno fa, grandi passi sono stati realizzati nel settore. Nel 2005, dopo la diffusione de “Le linee guida in materia di digitalizzazione dell’amministrazione”, furono messi in evidenza i risultati raggiunti ma, soprattutto, i traguardi ancora lontani: come veniva fatto notare, il problema non risiedeva nell’introduzione di nuove tecnologie, interattive e di ultima generazione, bensì nella loro integrazione al lavoro quotidiano dell’ente che richiedeva uno sforzo organizzativo per la raccolta e la gestione delle informazioni, il più delle volte disatteso.
La Pubblica Amministrazione ha ancora oggi delle difficoltà nel masticare il web 2.0: cerca di adattarsi, forse anacronisticamente, ad un modello di comunicazione nato spontaneamente per alcune realtà e forzatamente fatto aderire anche ad essa, con evidenti criticità.
Non c’è da stupirsi, dunque, se le campagne di comunicazione pubblicitaria, inventate per la diffusione dei brand istituzionali al di fuori dei confini locali puntino ancora sulle tradizionali carrellate di immagini e tradizioni tipiche (vedi il sito Italia.it) oppure innescando il passaparola tramite spot in cui a far discutere non sia tanto il contenuto bensì la forma (vedi i recenti esempi di Dustin Hoffman per le Marche o dei Bronzi di Riace ricreati al computer per la Regione Calabria).
L’introduzione di una normativa specifica individuata nel decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) ha fatto sì che venisse intrapresa un’azione di alfabetizzazione della PA: a 6 anni di distanza molte le buone intenzioni prospettate, diversi i tentativi fatti e buoni sono stati, in alcuni casi, i risultati raggiunti. Questo ha fatto sì che molti enti si modernizzassero, proponendo servizi sempre più all’avanguardia per i propri cittadini creando nel contempo anche una disomogeneità dei servizi, con modelli encomiabili da una parte e difficoltà gestionali a livello elementare dall’altra.
La digitalizzazione, forse, non si può imporre per legge senza prima un’adeguata formazione, ma come stimolare il progresso se non istituendo delle linee guida da seguire valide per tutti?