Si è svolto ieri mattina il Convegno “Parlando di valorizzazione culturale” all’Istituto Luigi Sturzo di Roma, organizzato in occasione dell’apertura della nuova sede della biblioteca di Palazzo Baldassini. Un tavolo di concertazione e di riflessione sulle principali tematiche culturali che hanno spaziato dalla valorizzazione alle nuove tecnologie, dall’educazione alla responsabilità sociale d’impresa. Protagonisti sono stati Mario Resca, direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del MiBAC, Mark Crawley, Direttore della sezione “Widening Participation and Progression” dell’Università delle Arti di Londra, Jackie McManus, Capo del “Widening Participation and Progression” dell’Università delle Arti di Londra, Carolina Botti, Direttore centrale di Arcus Spa, Marcello Smarrelli della Fondazione Ermanno Casoli, Ida Linzalone, segretario generale della Fondazione Vodafone e Barbara Tieri, responsabile del progetto “Palazzo Baldassini, Infrastruttura della Conoscenza” per l’Istituto Sturzo.
Un tavola rotonda in cui si sono delineati i percorsi intrapresi dai vari enti che per l’occasione erano stati invitati e in cui si è cercato di mettere il luce l’importanza della cultura come strumento di conoscenza. Ne è scaturita una discussione sicuramente interessante, anche se a volte molto incentrata sul passato e sulle iniziative realizzate anziché proiettata verso il futuro, magari con una spinta propositiva che avesse tenuto conto del bagaglio accumulato per avanzare poi però a delineare le strade future per una sempre migliore e attenta valorizzazione del patrimonio culturale.
Mario Resca ha fornito alla platea i dati sulle variazioni percentuali degli introiti per i musei, che hanno fatto registrare un aumento dei visitatori del 15% nel 2010 rispetto al 2009, ottenuto grazie anche alle audaci campagne di comunicazioni pensate dal Ministero (da “Se non lo visiti te lo portiamo via”, riferito al Colosseo e ad altri beni del paese, a “l’Arte ti fa gli auguri” per le entrate gratis nel giorno del proprio compleanno) e alle aperture straordinarie e gratuite distribuite nel corso dell’anno per avvicinare il pubblico meno abituato alla fruizione culturale alla visita museale.
Tra gli ammirevoli progetti della Fondazione Vodafone e quelli della Fondazione Ermanno Casoli, si sono distinti, forse anche per la loro partecipazione attenta e composta, i due ospiti internazionali, impegnati nel progetto di formazione culturale delle classi svantaggiate composte in Gran Bretagna dai neri, gli asiatici e i giovani appartenenti alla cosiddetta “working class”. University of Arts of London è infatti una delle poche strutture europee a prevedere dei sussidi per i giovani “ai margini” della società che insegna, tramite le arti pittoriche, performative, il design e la creatività in generale a cercare una via di riscatto sociale in cui ad essere protagonista è la multiculturalità intesa come scambio di idee e cooperazione.

Interessati dalle loro iniziative, che coinvolgono le principali istituzioni museali britanniche, abbiamo rivolto a Mark Crawley e a Jackie McManus un paio di domande che potessero fornirci ulteriori informazioni sul loro progetto e sulle finalità perseguite dall’Università:

Molti ragazzi ritengono la cultura poco attraente e rinunciano a visitare gallerie o musei frequentemente perché l’ingresso ha un costo che non tutti possono permettersi. Come si può rendere la cultura veramente accessibile a tutti e in che modo le istituzioni possono partecipare attivamente nella comunicazione e alla formazione delle nuove generazioni?
M.C:
penso che uno dei traguardi più importanti raggiunti dalle istituzioni britanniche è stato quello di dare la possibilità, da 10 anni ormai, di entrare gratuitamente in quasi tutti i musei e le gallerie statali del Regno Unito. Questo ha portato naturalmente ad un grande aumento del numero di visitatori ma nel contempo ha permesso al mercato di darsi da fare, tramite i servizi aggiuntivi ad esempio.
J.M: Mi sembra inconcepibile il fatto che se non sono abbiente non posso andare al museo ad ammirare un’opera d’arte. Questa è un’idea abbastanza vecchia di cultura e di mercato culturale. Si può fare economia, come diceva anche Mark, offrendo dei servizi come visite guidate, audio guide in diverse lingue, affitto di spazi polifunzionali per vivere il museo o la galleria anche fuori dagli orari canonici, ristoranti, bar, negozi di design, proiezioni educative sempre all’interno dello spazio museale che magari coinvolgano i giovani in attività utili a comprendere l’arte. Per questo si potrebbe essere disposti a pagare, ma non si dovrebbe pagare un biglietto d’ingresso.

In che modo riuscite a far integrare e a far interagire studenti con radici culturali molto diverse fra loro?
J.M:
Accentuando le loro differenze culturali, facendole diventare un valore, per loro e per gli altri. I nostri programmi favoriscono la cooperazione proprio per evitare che diverse culture vengano stereotipate o etichettate in base al comune modo di pensare. Lasciamo liberi i ragazzi di esprimere la loro cultura, di manifestarla o no, in base al proprio carattere o alle proprie attitudini. Italiani, africani, cinesi, tedeschi, indiani traggono dalle loro esperienze quotidiane ispirazione sia per i loro progetti professionali sia per il proprio percorso di vita personale.

Pensate che i corsi e i modelli proposti nella vostra Università e grazie al NALN (National Arts Learning Network) potrebbero essere riproposti in un contesto culturale come quello italiano?
M.C:
Certo, sarebbe auspicabile: in fondo, permettere alle persone più svantaggiate di fruire della cultura o imparare qualcosa tramite la cultura non è poi una cosa molto difficile da realizzare. Bisognerebbe istituire dei fondi appositi affinché tutti possano avere gli stessi mezzi senza alcuna discriminazione e questo potrebbe essere non facile economicamente parlando all’inizio. Ma ci sono molti enti impegnati in questo ambito e, se il progetto è meritevole non ci dovrebbero essere molte complicazioni.
J.M: Siamo a Roma da 12 ore e la prima cosa che sono stata in grado di apprezzare è stata questa immersione totale nella cultura, nella storia, nell’arte che si respira in ogni strada, palazzo o chiesa del centro storico. Avete una città senza tempo, una cultura senza tempo…siete molto più avvantaggiati in questo rispetto a molti paesi europei.