Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Volendola mappare, l’Italia, in ogni sua regione, ha una peculiarità territoriale in grado di trainare gran parte dell’economia locale: dal mobile della Brianza all’occhialeria di Belluno, dai motori emiliani alle piastrelle di Sassuolo, dal marmo di Carrara all’industria tessile di Prato fino alle calzature delle Marche e all’alta sartoria napoletana. Per non contare le miriadi di proposte culinarie che in ogni luogo offrono la propria tipicità da esportare entro i confini nazionali e internazionali: una geografia di industrie artigianali o industriali, di design, creative, culturali. Comparti che dialogano tra loro affinché tradizioni lontane mantengano il passo con i tempi diventando sempre più competitive.
Nell’anno in cui la nostra nazione celebra i 150 anni di Unità, la ricerca condotta dalla Fondazione Symbola e Unioncamere dimostra come le industrie creative e culturali in Italia possono rappresentare, se coadiuvate da opportune strategie di sviluppo, una leva importante sia dal punto di vista del Made in Italy e del brand “Italia” all’estero, sia da quello strettamente performativo con risultati, analizzati nel triennio 2007-2010, che mettono in luce le potenzialità di crescita dell’intero segmento produttivo.
Con una produzione di valore aggiunto che, nel solo 2010, ha superato i 68 miliardi di euro, le industrie culturali sono state in grado di mettere a disposizione oltre 1,4 milioni di posti di lavoro (circa 5,7% dell’occupazione nazionale) con una crescita economica (in termini di valore aggiunto nominale) del 3% a fronte dello 0.3% registrato per altri settori produttivi.
Design e produzione di stile il segmento delle industrie creative che ha visto una maggiore crescita (+8,2% di valore aggiunto), seguito dalle attività di progettazione architettonica (4%) e, per le industrie culturali, il comparto media e comunicazione(+12%) a cui si affianca la produzione musicale(+8.9%) e il settore editoria (+1.9%).
In difficoltà, invece, soprattutto a causa della galoppante globalizzazione ancora difficile da domare, l’artigianato legato alla cultura (-3.6%): la mancanza di reti tra le piccole imprese e le fallacie riscontrate nella formazione e nell’aggiornamento professionale delle risorse umane ha infatti ostacolato l’apertura del settore verso i mercati internazionali.
Dal punto di vista territoriale è il Nord-Ovest a contribuire maggiormente alla creazione di valore economico culturale: un terzo della ricchezza culturale italiana proviene infatti proprio da quest’area, seguita dal Nord-Est e poi dal Centro, in cui si concentrano gran parte delle attività legate alla produzione di contenuti espressivi come cinematografia, musica, editoria e televisione.
Fanalino di coda è il sud Italia, che incide per appena il 15,9% della produzione di ricchezza nazionale nel settore.
Partendo dalla classificazione delle attività economiche Ateco 2007, la ricerca distingue quattro tipologie di attività culturali sintetizzabili in: industrie creative (architettura, comunicazione, artigianato, design, agroalimentare e ristorazione di qualità), industrie culturali (cinema, televisione, editoria, industria musicale), patrimonio storico-artistico e architettonico (musei, siti archeologici), performing arts e arti visive (festival, attività artistiche in senso stretto)
Da questa classificazione si evince come siano l’industria culturale e quella creativa a fornire ossigeno ai dati occupazionali sopra citati: i comparti legati al patrimonio storico-artistico, alle performing arts e alle arti visive, infatti, dimostrano ancora la loro scarsa propensione all’organizzazione imprenditoriale, la cui ricchezza culturale rimane quantificabile solo in rapporto ad altri comparti, anche apparentemente distanti dalla cultura, ma che con essa dialogano per un interscambio di saperi.
Vi è dunque una indubbia difficoltà di valutazione per un settore i cui benefici sono solo in parte rappresentati dai dati del fatturato e a cui andrebbero aggiunti anche parametri sociologici che tengano conto di criteri come “qualità della vita”, “benessere diffuso” o “formazione di un’identità culturale nazionale”.