La salute, secondo la definizione dell’OMS, non è la semplice assenza di malattie, ma uno stato di benessere fisico, psichico e sociale. Essa è considerata il diritto base sul quale si innestano tutti gli altri diritti fondamentali, per questo gli Stati non si limitano a gestire il sistema sanitario, ma attuano dei programmi di prevenzione.
La ricerca OCSE mira a fotografare la situazione sanitaria in 31 paesi europei di cui 27 membri dell’Unione Europea, 3 paesi EFTA (Islanda, Norvegia e Svizzera) e la Turchia.
L’immagine che ci rimanda vede un mosaico di  performance diverse rispetto agli indicatori considerati, che si stagliano sullo sfondo di un generale miglioramento delle condizioni di salute della popolazione. L’aspettativa di vita alla nascita è aumentata di 6 anni rispetto al 1980, attestandosi a 78 anni, mentre l’aspettativa di vita attiva alla nascita, ossia quel periodo nel quale una persona può gestire autonomamente la propria routine quotidiana senza impedimenti legati a problemi di salute, è di 61,3 anni per le donne e di 60,1 anni per gli uomini.
I principali fattori di rischio per la salute sono: il fumo e l’alcol. Diversi paesi europei hanno visto ridurre i consumi di questi beni a seguito dell’adozione di campagne di sensibilizzazione, dell’applicazione di una tassazione maggiorata o di una restrizione nelle vendite.
I più virtuosi sono gli Svedesi e gli Islandesi, i più restii ad abbandonare la sigaretta sono i Greci.
Il consumo di alcol ha perso molto del suo appeal, addirittura in quei paesi che sono rinomati produttori di vino come l’Italia, la Francia e la Spagna, mentre l’Irlanda, Il Regno Unito e il Nord Europa ne subiscono ancora  il fascino. 
Una vera epidemia sanitaria è l’obesità che affligge il 15,5% della popolazione adulta dell’Unione Europea. Il dato è preoccupante perché l’obesità, oltre ad aprire la strada a gravi malattie croniche come le patologie cardio-circolatorie, il diabete, l’ipertensione, è il fattore che impatta di più sui costi dei sistemi sanitari.
È facile capire perché la spesa sanitaria sia cresciuta in tutti i paesi europei, spesso ben più della crescita economica stessa. Nel 2008 in media l’8,3% del Pil ha coperto i costi sanitari.
In alcune aree sanitarie il finanziamento pubblico cede il passo a quello privato che è determinante, principalmente nell’Europa Centrale e Orientale, nel sostenere i costi dei servizi ambulatoriali e l’acquisto di articoli medici, in primis i farmaci.
Le assicurazioni private sulla salute poi coprono mediamente il 3-4% della spesa sanitaria totale.
Gli Stati sostengono mediamente l’82% dei costi sanitari, un peso soffocante. Una soluzione sarà la sanità elettronica ossia la dematerializzazione dei processi grazie all’utilizzo dell’ICT: le nuove tecnologie permetteranno un nuovo modo di erogare i servizi, migliorandone l’accessibilità, l’efficienza e l’efficacia, abbattendone simultaneamente i costi.

Giusy Andreano è Ricercatrice della Fondazione Rosselli