Intervista doppia a Stefano Raimondi e Paola Tognon di the Blank

The blank è il segno tipografico per dire spazio bianco da riempire: uno spazio di potenzialità. Chi siete? Come vi volete riempire o raccontare e come siete organizzati?
Abbiamo pensato a questo nome immaginando una pagina bianca, vissuta senza patire il “blocco dello scrittore” cioè il disagio di non sapere cosa fare, ma pensando piuttosto alle  potenzialità di uno spazio da riempire. Uno spazio bianco come la tela, come  un  muro da impegnare, da scrivere, da far proprio, una pagina dove tutti possano lasciare la propria traccia e idea. Non è importante come farlo, ma che tutti gli appassionati possano esprimersi in questa opportunità.
Siamo partiti dall’osservazione di uno strano fermento culturale a Bergamo, proprio a fronte della crisi economica e istituzionale in corso: negli ultimi due anni sono nate diverse gallerie di arte contemporanea sul territorio bergamasco, chiamando artisti a lavorare. Abbiamo ragionato insieme a loro, alle istituzioni cittadine, ai musei come la Gamec, l’Accademia Carrara, Spazio ALT di Alzano lombardo (unica realtà extra-cittadina, ma di respiro internazionale), il Museo Bernareggi, l’opera della Basilica di Santa Maria Maggiore trovandoci tutti animati dallo stesso desiderio di diffondere la pratica e l’intensità delle arti visive, con passione e determinazione.
Dalle tre persone che si sono inizialmente attivate, Paola Tognon, Stefano Raimondi, Elisabetta Brignoli, siamo arrivati a nove persone che collaborano con continuità e a un network di 27 soci, tutti enti ed istituzioni culturali.
L’associazione però rimane fluida ed in espansione: esiste un gruppo di volontari che si avvicina a noi, partecipando in base alle loro vocazioni e competenze. Diversi stagisti stanno crescendo con noi acquisendo competenze organizzative, professionali, curatoriali,comunicative.
Poi ci sono i “complici”, le realtà private, come piccole e medie imprese locali, che vogliono “fare”con noi, che ci aiutano con supporto logistico, tecnico ed economico.
Noi operativi ci suddividiamo i compiti nella gestione degli eventi in programma, ognuno per i suoi ambiti di competenza. Ci riuniamo ciclicamente, ruotando sulle varie sedi dei soci. Non abbiamo una sede, e non pensiamo di ricercarla. Ci piace essere sempre in movimento nella nostra rete.

Quali sono i vostri principali obiettivi?
Non ci siamo posti limiti fin dall’inizio perché amiamo la prassi della sperimentazione e vogliamo sollecitare la partecipazione spontanea, collettiva e creativa, anche nell’indicazione degli obiettivi da raggiungere o da migliorare. Siamo solo tutti appassionati d’arte. Cerchiamo però di lavorare con professionalità e competenza, erogando anche servizi di qualità ai nostri associati, a fianco della promozione di eventi con un chiaro piano comunicativo, con un’inclinazione all’educazione all’arte, per avvicinare il pubblico al mondo della contemporaneità e alla cultura delle arti visive. Vogliamo costruire percorsi di mediazione, per favorire la comprensione dell’arte contemporanea che talvolta crea disagio nella sua ricezione, attraverso la testimonianza diretta degli attori dell’arte, artisti, curatori, operatori. L’idea è che questi mondi si mescolino in condizioni informali, leggeri e divertenti.
L’idea è anche quella di stimolare e sviluppare in modo coordinato le tante energie creative che si trovano sul nostro territorio, favorendo i migliori canali di visibilità e riconoscimento. E ovviamente valorizzare in città e le sue eccellenze.

Perchè un  progetto per Bergamo? Come siete riusciti a unire tante realtà così eterogenee? Quali argomenti avete messo in campo e quali le mancanze e le potenzialità ravvisate?
Bergamo è una città media della provincia italiana, un campione di riferimento del nostro tessuto sociale con i suoi circa 120.000 abitanti,  all’interno della proverbiale operosità lombarda. Ma ha una vocazione culturale che si esprime da secoli nella sua storia: fin dal Settecento, con l’importante lascito di Giacomo Carrara che ha fondato il nucleo della Pinacoteca omonima, Bergamo si è sempre distinta per la generosità dei suoi cittadini, il suo fermento, come crocevia di incontro per tante personalità intellettuali.
Oggi è anche la città dove transitano quasi 4 milioni di turisti stranieri, grazie allo sviluppo dell’aeroporto di Orio al Serio e delle compagnie low cost.
Un’opportunità per farci conoscere nel mondo, “l’essere è nel mondo” come dice Heidegger.
Se vogliamo valorizzare davvero il territorio, dobbiamo pensare a una nuova politica culturale e maggiori investimenti. I nostri progetti devono servire o appassionare, o incuriosire il maggior numero di persone possibile, dentro al territorio innanzitutto, agli artisti, al pubblico, non solo per scopi formativi ma anche ludici, di socialità: dobbiamo fare sistema. Pertanto siamo partiti osservando quanto c’è intra-moenia, per svilupparlo al meglio delle nostre capacità, senza porci ambiziosi e superficiali obiettivi di crescita, ma fortificandoci. È un’iniziativa spontanea, senza connotazioni di parti: siamo liberi cittadini appassionati, che vogliono contribuire a sensibilizzare un territorio sulle sue eccellenze e risorse, sulla sua vocazione internazionale.
Gli argomenti principali che hanno convinto i nostri interlocutori sono soprattutto la voglia di diffondere cultura in modo professionale, offrendo servizi concreti ai soci e al pubblico. Spesso si eccede in idealismi, mentre noi siamo partiti con concretezza. Per fare un esempio, offriamo ai soci servizi di ufficio stampa, graphic design, comunicazione, segreteria organizzativa, fotografia…tutto quanto possa valorizzare i loro eventi. Abbiamo anche cercato di armonizzare le varie anime (pubblico, privato), spiegando che siamo un’associazione senza scopo di lucro, che tuttavia amplifica opportunità di visibilità per tante realtà diverse.
La nostra voce corale ha richiamato l’attenzione di tante istituzioni che altrimenti non avrebbero ascoltato singolarmente la molteplicità degli attori coinvolti. Anche a livello istituzionale, il fare sistema ci ha gratificato nell’essere stati accolti.

Come comunicate il vostro operato?
Uno dei vantaggi nel lavorare su un territorio come quello bergamasco è che possiamo contare su una rete capillare, del passaparola, del contatto diretto vis-a vis, che genera relazioni “calde”. Le persone ci conoscono per prossimità, ma anche perché siamo attori del mondo dell’arte a vario titolo. Questo ci ha permesso di godere di spontanee prestazioni di aiuto e di supporto, di amicizia, che diversamente si riscontrano in altri contesti.
Lavoriamo molto nella promozione degli appuntamenti culturali dei nostri soci. Infatti abbiamo lanciato un portale di riferimento per tutto quanto succeda intra-moenia, non solo postando comunicati o segnalando news, ma dando indicazioni logistiche e link utili dove approfondire informazioni in italiano e inglese. Abbiamo una mailing list di oltre 15.000 contatti, che sta continuando a crescere. Poi abbiamo collaborato con l’Eco di Bergamo che ci ha permesso di distribuire come allegato quasi 11.000 copie della nostra “Bergamo Modern and Contemporary Art Map”, mappa di eventi nelle giornate di Artdate, favorendoci pertanto nella distribuzione sul territorio.

Contenuti trasversali: cultura moderna e contemporanea. Come le fate dialogare? Perchè è importante essere trasversali?
Come abbiamo detto, Bergamo ha una vocazione culturale molto viva e ricca. Sicuramente per l’arte contemporanea, da circa 20 anni la Gamec è la maggiore realtà propulsiva, che negli anni ha favorito la circolazione di molti artisti e realtà internazionali nella nostra città. Nel tempo, sono nate gallerie nuove che hanno trovato in Bergamo un territorio “vergine” ma insieme solido dove operare e investire, ma non solo: realtà secolari come il Museo Diocesano e l’Opera della Misericordia si sono aperte alla contemporaneità: del resto, come dice De Dominicis, “l’arte è sempre stata contemporanea alla sua epoca storica”.
Dunque il dialogo trasversale fra le epoche storico-artistiche, favorisce l’avvicinamento del pubblico, che attraverso la classicità dei Grandi Maestri, può arrivare all’arte dell’oggi.
Come nell’iniziativa dell’Opera della Basilica di Santa Maria Maggiore, dove abbiamo  programmato il ciclo di tre mostre “Ogni cosa a suo tempo” che il 16 luglio ha inaugurato la mostra di Riccardo Beretta/Daniel Knorr: un artista italiano e un artista straniero, in dialogo con gli antichi spazi dei Matronei. Un progetto a latere di The Blank, ma sempre collegato.

I complici di un progetto culturale sono le aziende. Come li avete coinvolti e come li vorrete coinvolgere in futuro?
La nostra sincera passione ha avvicinato tante piccole realtà, interessate a dare il loro contributo, spesso tecnico (si pensi al pranzo con gli artisti ospitato in un ristorante di nostri “complici”). Si tratta a volte di piccole aziende, che attraverso i loro titolari illuminati, e forse anche divertiti dalla freschezza di idee che portiamo, si sono messi a nostra disposizione. Dopodiché ci sono anche realtà più grandi che ci hanno supportato nelle nostre spese di gestione, credendo con forza e generosità ai nostri progetti. Noi ci proponiamo andando in prima persona, spiegando il progetto, parlando dei soci, ma chiedendo partecipazione attiva, dialogando e costruendo insieme un percorso su lungo periodo, per costruire prospettiva. Offriamo anche in questo caso una serie di servizi concreti per i nostri complici, come visibilità, e eventi dedicati. Ma soprattutto anche per loro è facile capire che non si tratta di proposte con scopo di lucro ma di proposte che nascono su idee e passioni con l’obiettivo di condividere ed espandere una passione che può essere anche un motore per un territorio. L’arte come motore di crescita e di sviluppo sociale.

Quali progetti promuovete?
Lavoriamo principalmente su due giornate per l’arte contemporanea aperte alla città, chiamate ArtDate. La prima si è inaugurata il 9 ottobre 2010, in coincidenza della Giornata del Contemporaneo organizzata dagli amici di AMACI, dove tutti i soci hanno aperto gratuitamente le loro porte; la seconda si è tenuta il 14 maggio. A fianco dei programmi dei soci, ci siamo attivati con molti eventi collaterali, con l’intento di incontrare il pubblico, uscendo dai luoghi riconosciuti per la fruizione dell’arte. Dunque a fianco dei Musei e delle Gallerie private, si sono aperti studi di artisti, case dei collezionisti, organizzati i pranzi con gli artisti, performance e momenti di dialogo e di confronto. La formula è quella dell’itineranza sul territorio, aiutata dalla nostra mappa per il contemporaneo che ha guidato il pubblico. Il riscontro è stato incredibile per entrambe le giornate: GAMeC ha registrato la massima presenza giornaliera mai vista; le case dei collezionisti sono rimaste aperte due ore oltre quanto stabilito; il pranzo con gli artisti, da una base di 90 persone, ne ha viste arrivare più di 160 e la performance di Christian Frosi e Diego Perrone è stata seguita con molto coinvolgimento.

Un bilancio sul vostro primo anno di vita e un’anticipazione dei prossimi progetti…
Siamo contenti, per quanto stupiti da quanto riscontro abbiamo ottenuto in così poco tempo. Il fatto di essere alle “prime armi”, non ci ha fatto riflettere in dettaglio sui numeri che abbiamo ottenuto. Abbiamo avuto ottime coperture stampa, con una prima pagina sul giornale cittadino l’Eco di Bergamo e diverse segnalazioni su Repubblica e Il Sole24ore.
Un ottimo riscontro è anche quello di Istituzioni e realtà che hanno creduto in noi, come la rete dei “complici” , per esempio La Fondazione Comunità di Bergamo, la Fondazione della banca Popolare di Bergamo. Siamo riusciti in poco tempo e con molto lavoro a guadagnarci una credibilità, che attira l’attenzione verso di noi e la volontà di lavorare con noi.
Il progetto più importante al quale stiamo lavorando ora è l’apertura di una residenza d’artista nel quartiere multi-culturale di Bergamo, via Quarenghi. Lo spazio è già individuato ed è molto bello. L’idea è invitare un artista straniero che possa dialogare, operare e realizzare un progetto in relazione alla città, e che non si “limiti” dunque a un percorso di mera ricerca personale con produzione di un’opera. La residenza dunque, deve servire agli artisti quanto alla comunità.
Stiamo anche immaginando un “gemellaggio” con altre due residenze straniere per favorire la mobilità degli artisti ma anche delle città. Il tutto sempre con l’ottica della condivisione con il nostro territorio.

Approfondimenti:
www.theblank.it

Foto: Courtesy of Maria Zanchi