Per risollevare le sorti di una nazione ormai al limite delle proprie possibilità e allontanare lo spettro di una crisi economica peggiore di quella attuale, preconizzata dai ripetuti crolli delle Borse e dai continui appelli della Banca Centrale Europea, la soluzione proposta doveva essere incisiva e austera ma al contempo equa e razionale. Il Decreto Legge n.138 “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, reso noto il 13 agosto 2011 per far fronte alla “straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica al fine di garantire la stabilità” dell’Italia, si presenta, invece, come un insieme di disposizioni che sembrano non soddisfare nessuno: né alcuni esponenti del governo, né le opposizioni, né tanto meno le parti sociali.
Il Dl 138/2011 – ribattezzato “manovra di ferragosto” e volto a recuperare 45,5 miliardi di euro, di cui 20 miliardi nel 2012 e 25,5 miliardi nel 2013 – si compone di 20 articoli e numerosi commi che continuano a suscitare polemiche e ad alimentare proteste in tutta Italia.
Tra i provvedimenti più discussi rientra l’articolo 16, che prevede che “a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore di tale decreto, nei Comuni con popolazione pari o inferiore a 1.000 abitanti, il Sindaco è il solo organo di governo e sono soppressi la Giunta ed il Consiglio comunale”. Tutte le funzioni amministrative saranno esercitate obbligatoriamente in forma associata con altri comuni contermini con popolazione pari o inferiore a 1.000 abitanti mediante la costituzione, nell’ambito del territorio di una provincia, dell’unione municipale. Decretando di fatto la cancellazione dei piccoli comuni – nel caso in cui la manovra riuscisse a passare indenne al vaglio delle Camere -, l’articolo in questione ha dato vita ad una serie di manifestazioni spontanee che hanno visto in questi giorni la partecipazione attiva di molti sindaci, i quali in segno di protesta hanno simbolicamente consegnato le chiavi dei propri municipi alle rispettive Prefetture. Una disposizione che non ha lasciato indifferente neanche l’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani, che ha espresso il proprio dissenso nei confronti della manovra attraverso la pubblicazione di una lettera inviata a tutti i sindaci d’Italia, in cui il presidente dell’Associazione, Osvaldo Napoli, mette in evidenza le incongruenze e i punti deboli dell’articolo 16, invitando tutti i sindaci e gli amministratori comunali ad essere presenti a Milano lunedì 29 agosto per chiedere al governo la soppressione di tale articolo. Presentato come un provvedimento in grado di ridurre i costi relativi alla spesa pubblica, l’accorpamento dei piccoli comuni produrrebbe al contrario un impatto minimo sulle finanze dello Stato, in quanto le indennità percepite dai consiglieri e dagli assessori dei Comuni con meno di 1.000 abitanti sono alquanto irrisorie, pari rispettivamente a 17 euro lordi a seduta per i consiglieri comunali e ad un massimo di 130 euro lordi al mese per gli assessori, senza contare che molto spesso tali compensi non sono neppure percepiti ma lasciati a disposizione delle casse comunali. Un coro a più voci a cui fa eco anche una nota del presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), Federico Oliva, che esprime le proprie perplessità “rispetto al taglio sulla carta di 30 Province e 1.500 Comuni, al quale non è seguita alcuna proposta di riorganizzazione efficiente e aderente alle realtà territoriali”, rendendo nota la disponibilità dell’INU ad affiancare il governo per contribuire all’elaborazione di quei correttivi che paiono essere indispensabili per garantire il giusto connubio tra tutela del territorio e delle identità locali e un minor spreco del denaro pubblico.
Un altro provvedimento che ha avuto una notevole risonanza per le conseguenze negative che la sua effettiva attuazione potrebbe comportare, riguarda più da vicino i comparti del turismo e della cultura. Secondo quanto previsto dal comma 24 dell’articolo 1 del Dl 138/2011 “a decorrere dall’anno 2012 […] sono stabilite annualmente le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non conseguente ad accordi con la Santa Sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni in modo tale che, sulla base della più diffusa prassi europea, le stesse cadano il venerdì precedente ovvero il lunedì seguente la prima domenica immediatamente successiva ovvero coincidano con tale domenica”. Una norma che potrebbe tradursi in una drastica riduzione dei flussi turistici legati alle festività laiche del 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno. Secondo una stima pubblicata sul Sole24Ore l’industria del turismo rischierebbe di perdere dai 4,2 ai 4,9 miliardi di euro nel 2012, dovendo rinunciare ad un flusso di circa 9 milioni di persone. Una prospettiva di certo non rosea che ha portato Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, a definire “la manovra del governo un colpo basso” e Renzo Iorio, presidente di Federturismo Confidustria, a ritenere “i provvedimenti annunciati di corto respiro, che considerano il turismo come se fosse qualcosa di quasi superfluo”.
Una manovra economica che non lascia indenne neppure il Ministero per i Beni e le attività culturali che rischia di perdere per strada alcuni pezzi importanti come l’Accademia della Crusca, l’Accademia dei Lincei, la Scuola Archeologica di Atene e gli Istituti Storici Italiani, in quanto in base al comma 31 dell’articolo 1 del Dl 138/2011 “gli enti pubblici non economici inclusi nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2011, n.196, con una dotazione organica inferiore alle settanta unità […] sono soppressi al novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto”. Una minaccia a cui il ministro Galan ha immediatamente risposto con un comunicato ufficiale in cui la norma in questione viene apostrofata come “del tutto inutile, illogica e grossolana”. Galan ha aggiunto che tale norma “va immediatamente cancellata ed a questo proposito firmerà lui stesso un emendamento soppressivo del comma 31, se non avrà certezza di un chiaro intervento in questa direzione”.
Mai l’estate è stata tanto calda come in questa seconda metà di agosto, tra le temperature da record registrate in questi ultimi giorni e il bollore degli animi scatenato dalla manovra economica bis. Con un Decreto legge che stenta ad approdare ad una versione definitiva ed uno scenario economico a dir poco disastroso, le previsioni per l’autunno non promettono niente di buono.