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Ci sono luoghi che affascinano perché sembrano radicalmente diversi e altri che incantano perché, già la prima volta, risultano familiari, quasi un luogo natio. Conoscere è spesso, platonicamente, riconoscere, è l’emergere di qualcosa magari ignorato sino a quell’attimo ma accolto come proprio. Per vedere un luogo occorre rivederlo. Il viaggio più affascinante è un ritorno, un’odissea, e i luoghi del percorso consueto, i microcosmi quotidiani attraversati da tanti anni, sono una sfida ulissiaca. “Perché cavalcate per queste terre?” chiede nella famosa ballata di Rilke l’alfiere al marchese che procede al suo fianco. “Per ritornare” risponde l’altro.
(Claudio Magris)
Leggendo l’articolo del Prof. Valerio Castronovo apparso recentemente sulle pagine de “Il Sole 24 Ore” ci si imbatte in un titolo così sintetico eppure così significativo come “Al turismo non basta il marketing”.
La caduta libera di una fonte di ricchezza che contribuisce per oltre il 10% alla formazione del nostro Pil deve necessariamente allarmare le “buone menti” di un Paese maltrattato. Il recente libro del duo Stella-Rizzo, ha messo nero su bianco il nuovo vandalismo che, come una malattia autoimmune, distrugge i beni paesaggistici e culturali italiani. Siamo lontani oggi in Italia da una vera cultura dell’accoglienza che invece sta prendendo piede nel mondo con esempi eclatanti di buona gestione e di buona amministrazione. Forse anche lo stesso termine turismo oggi non rispecchia più le moderne esigenze. Paradossalmente sembra più adeguato quello di Viaggio in Italia di poetica memoria dove il viaggiatore era colui che sognava il nostro Paese e ci restava molti giorni alla ricerca del bello del gusto e del buon vivere. Con buona grazia dell’economia italiana.
Castronovo afferma che “ridottasi sensibilmente dopo la Grande crisi del 1929, l’affluenza e la permanenza in Italia di turisti stranieri registrarono successivamente, soprattutto negli anni Sessanta, in coincidenza con le Olimpiadi di Roma e in seguito alla vasta risonanza del film di Federico Fellini “La dolce vita”, un andamento crescente e così pure aumentarono gli introiti che ne traevano alberghi, aziende commerciali e servizi pubblici. Inoltre, in quello stesso periodo, cominciò a diffondersi il turismo nostrano: alle scampagnate domenicali “fuori porta” e a qualche gita nei dintorni di casa vennero sostituendosi le vacanze al mare e in montagna durante le ferie estive. E da allora in poi di allungarono i giorni di presenza nei luoghi di villeggiatura; e s’infoltirono pure le visite nelle principali città d’arte”.
La filosofia del viaggio e del turismo aveva convinto il Legislatore a creare un apposito ministero del Turismo e dello Spettacolo, per la promozione della conoscenza e l’immagine del nostro Paese all’estero, per quanto riguardava sia le sue bellezze paesaggistiche che il suo prezioso patrimonio artistico e culturale.
Ma il punto centrale dell’analisi storica di Castronovo insiste proprio sulla nostra scarsa capacità di Valorizzare (e qui il termine è davvero indicativo)”perché si era diffusa la convinzione in molti operatori del settore che, data la rinomanza di tante nostre località di mare e delle nostre numerose città d’arte, si potesse continuare a vivere di una simile rendita di posizione, senza
doversi dare da fare per migliorare l’offerta quanto a prezzi e a strutture ricettive. Sia perché è venuta man mano a mancare un’adeguata politica promozionale all’estero e di collaborazione con agenzie specializzate, da parte delle competenti autorità. Tant’è che, alla fine, il ministero del Turismo e dello Spettacolo venne soppresso dal referendum popolare dell’aprile 1993″.
Oggi nell’epoca di un nuovo Enit, di Promuovi Italia, di Patrimonio Italia, si sente l’esigenza di rimettere in moto la circolazione delle buone pratiche tornando ad essere la “Ferrari” che ogni parte del mondo ci invidia. Qualcosa di Italiano. L’Italia è il Paese delle creazioni d’arte e delle invenzioni, il Paese degli artisti e dei coniatori d’idee e di parole: eppure, accostare i concetti economici e quindi di mercato, ai valori inestimabili del patrimonio paesaggistico, artistico, culturale e di risorsa umana di un Paese, mal riesce in una realtà così “particolare” come quella che ci appartiene.
E questa breve analisi potrebbe risultare da una sorta di “sentimento del contrario” che si ricava dalla visione attraverso un “cannocchiale” rovesciato che, forse, ci rende la misura di un sistemico ritardo in fatto di “attrattività” territoriale, di raggiungimento delle eccellenze.
Pur essendo industrializzato, il nostro Paese si sta avviando verso una deriva della capacità attrattiva degli investimenti interni ed esterni, una deriva della sua capacità competitiva che richiede interventi rapidi di risoluzione verso il sostegno e il rilancio delle politiche economiche e di mercato.
E’ dunque necessaria una apertura del territorio a tutti gli attori agenti nel sistema con la individuazione di una “missione” comune. L’Italia, forte del suo straordinario patrimonio artistico, della sua ricchezza paesaggistica e culturale, ha l’obbligo verso se stessa di recuperare questa condizione di forte svantaggio nei riguardi dell’attrattività e della competitività . E questo impegno, questo “impiego” di tempo e di energie, possono essere la chiave etico- politica caduta nel “tombino” del tempo perduto dietro a politiche desuete e non efficaci che hanno, se non arrestato,
quanto meno rallentato l’economia del nostro Paese, lasciandolo in coda sulla strada d’Europa e sulla realtà internazionale.
In Italia di cattiva gestione delle risorse ne è stata fatta tanta: rimbocchiamoci le maniche e senza eccessive illusioni, coltiviamo con umiltà, intelligenza e progettualità il nostro desiderio di valorizzazione.