Primo festival in Italia dedicato al rapporto tra danza contemporanea e architettura urbana, nel suo lungo cammino Danza Urbana ha saputo raccontare Bologna con le fascinazioni di numerosi spettacoli e le suggestioni degli eventi unici, creati per valorizzare e svelare i molteplici volti della città. In occasione dell’inaugurazione del festival, abbiamo avuto una piacevole chiacchierata con il direttore artistico, Massimo Carosi, che ha illustrato il progetto raccontandoci le modalità di interazione tra spazio-corpo e spazio-urbano.
Da dove nasce l’idea di un’iniziativa in cui la danza sia strettamente collegata al tessuto urbano e come mai si è sviluppata proprio nella città di Bologna?
Danza Urbana nasce 15 anni fa come iniziativa di un circolo universitario studentesco in un momento storico in cui era stata fondata a Bologna la prima cattedra di storia della danza. Il festival vuole essere una riflessione sul rapporto tra corpo e spazio urbano-pubblico,  oltre ad una forma di democratizzazione della cultura, portando la danza in mano alla gente.

Quindi c’è un desiderio di portare la danza “fuori” dai cosiddetti luoghi culturali per eccellenza, quali ad esempio i teatri,  e renderla più “popolare”, facendo diventare la città un centro di produzione e di fruizione culturale?
Certamente, Danza Urbana vuole uscire dalla scatola scenica che implica una frontalità nella visione e un rapporto già predeterminato tra danzatore e spettatore, per diventare un vero e proprio laboratorio per gli artisti, avvicinando il pubblico ai linguaggi contemporanei e risvegliando una riflessione sull’interazione tra corpo e spazio urbano.

Quali sono le peculiarità e gli elementi identificativi della danza urbana?
La Danza Urbana non è un genere ma un modo di proporre la danza e di generare una profonda riflessione sul nostro habitat.  Si compone di due elementi, la danza e lo spazio urbano e quindi si pone da un lato in relazione al pubblico, dall’altro al contesto in cui viene proposta. Elementi fondamentali sono: l’attenzione ai nuovi linguaggi, alle nuove realtà artistiche del territorio e a tutto ciò che è emergente.

Che rapporto esiste con le istituzioni cittadine e il terzo settore?
Il rapporto di partnership con le istituzioni cittadine è fondamentale per la realizzazione dell’iniziativa, così come pure il contribuito proveniente da sponsorizzazioni e autofinanziamenti che rendono possibile la gratuità degli spettacoli proposti. L’iniziativa inoltre è inserita nel circuito “Anticorpi”, un network di festival, rassegne e teatri della Regione Emilia Romagna che promuove la giovane danza d’autore con particolare attenzione alle realtà locali.

Il festival fa parte del network “Ciudades que danzan”, in che ottica si muove rispetto al contesto internazionale nel quale viene inserito?
Il network Ciudades que danzan conta 42 festival dislocati dal Sud America, all’Asia passando per l’Europa e promuove realtà artistiche del territorio attraverso differenti progettualità, nazionali e internazionali. In quest’ottica all’interno del festival Danza Urbana, viene anche ospitata Masdanza, la piattaforma internazionale per la promozione in Europa e nel Mondo degli autori vincitori dell’omonimo concorso coreografico. Tramite partnership e network riusciamo ad ospitare realtà emergenti molto importanti, dal momento che in qualità di operatori culturali non dobbiamo essere solo curatori, ma anche promotori, intervenendo in modo attivo all’interno del contesto per rafforzarlo, valorizzarlo e promuoverlo grazie a collaborazioni reciproche.

Quali obiettivi di sviluppo futuro si pone il festival?
Uno dei nostri propositi per le prossime edizioni è legato alla possibilità di riuscire a creare maggiori site-specific in prospettiva di un coinvolgimento complessivo dell’intera città, dal centro alla periferia, dalla casa privata alla piazza, senza gerarchia di luogo. Qualsiasi spazio può essere abitato dalla danza, quindi anche una parete di un palazzo può diventare luogo scenico. La danza diventa architettura in movimento e sovrascrive lo spazio urbano.