Come viviamo, dove, perché e con chi. Questi sono solo alcuni degli aspetti trattati nell’impressionante mostra estiva del Louisiana, Museo di Arte Moderna di Copenhagen. Ultima della serie Frontiers of Architecture, la mostra “LIVING” indaga sui concetti di “casa” e i nuovi modi di vivere, attraverso le lenti interpretative dell’architettura, della società e della cultura del mondo contemporaneo. Perché  “vivere è lasciare tracce”, come diceva Walter Benjamin.
“LIVING”  è la più grande mostra di architettura del Lousiana per il 2011 (occupa oltre la metà della superficie del museo), e in un certo senso, mette in scena noi tutti, perché qui sono rappresentati i nuovi stili del vivere e dell’abitare quotidiano. Come viviamo oggi? E come sarà vivere in futuro? Living offre uno sguardo approfondito su “case stories” attuali, in cui lo sviluppo sociale crea nuove forme di dimora, ma offre anche approcci visionari all’architettura, che si riferiscono a concetti universali di individuo, di rete e benessere sociale. 

In un ampio sguardo attraverso una lente antropologica, Living presenta un crossover tra  progetti architettonici e installazioni d’arte. La mostra prende in esame una sezione trasversale di un vasto campo in cui un estratto, una immagine compressa del mondo in un dato istante, appare in un modello caleidoscopico. Film, video, fotografia, disegni, modelli e installazioni visualizzano questa diversità, che è inoltre commentata in modo approfondito nelle interviste con artisti e architetti. Le grandi installazioni sparse fanno parte dei temi della mostra, ognuno dei quali è completato da una ‘case story’.

Il substrato antropologico della mostra si esprime attraverso proposte di come le relazioni umane oltre i confini geografici e nazionali possano generare interessi collettivi alternativi. Tre le aree tematiche, che scandiscono le esposizioni: “The Dream”, “Cell/Network” e “Homeland”. In maniera semplificativa si può dire che la prima riguarda i “sogni” sull’abitare e le loro connotazioni sociali. La seconda, attraverso il concetto della cella – rete, analizza le interazioni tra individuo e società, i modi in cui l’individuo è collegato attraverso nodi, connessioni alle altre persone e come i modi di abitare e vivere riflettono l’individuo stesso e la complessità dei diversi contesti sociali. Questo tema include studi di Behaviorology, la scienza dei comportamenti umani, nel senso che analizza i modi in cui gli architetti cercano di  tradurre il comportamento umano nella loro progettualità. Infine, la  terza area riguarda la dualità tra House e Home, cioè tra architettura e ciò che l’abitante fa di essa.

Alle tre aree tematiche sono collegati tre “casi studio”, nei quali i singoli curatori hanno raccolto materiali di approfondimento sui singoli fenomeni. Per la seconda, Nikolaus Hirsch e Michael Mueller hanno presentato nel loro caso studio la “Cybermohalla Hub”: un gruppo di progettisti ed attivisti indiani organizzatisi tramite internet che, mediante testi e registrazioni audio e video, cerca di sviluppare una sorta di archivio digitale della vita indiana di tutti i giorni.

Interessanti sono, inoltre, le parti in cui l’esposizione documenta la vita reale e abbandona i luoghi comuni delle discussioni architettoniche. Come ad esempio nei film documentario sul “Cage Homes” di Hong Kong: letteralmente le “case gabbia”, ciascuna con quattro metri quadri di superficie in pianta, costruite ed impilate in edifici residenziali e uffici preesistenti, nei quali vivono le centomila persone più povere della metropoli economica del sud della Cina.

Ispirare, sorprendere e stimolare. Questa grande mostra estiva del Lousiana è piena di intuizioni sui molteplici modi in cui viviamo nel mondo di oggi.