La medaglia appuntata sul petto non basta a preservare i tesori nostrani. E’ impietoso, infatti,  il quadro che Legambiente ha presentato nel suo dossier “Unesco all’Italiana”: da nord a sud, sotto politiche di destra e sinistra, il nostro Paese rischia, secondo le ultime analisi, di uccidere un’abbondante fetta della sua memoria storica. Dei 45 siti riconosciuti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione la scienza e la cultura (UNESCO) patrimonio dell’Umanità, ben 23 sono soggetti a degrado, abbandono o alla longa manus cementificatrice delle ecomafie.
L’emergenza abusivismo è una piaga in continua espansione soprattutto nel Mezzogiorno, dove in Campania, nelle aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata gli edifici che non sono riusciti a beneficiare dei condoni sono soggetti ad ordinanze di demolizione mai attuate.
Basta percorrere poche decine di chilometri per rendersi conto che lo scempio continua lungo la Costiera Amalfitana e nel Parco Nazionale del Cilento, dove solo nell’area dei templi di Paestum si ergono centinaia di strutture illegali, in una zona definita di tutela integrale, non curanti delle ordinanze di abbattimento già emanate, ma sempre ben chiuse nei cassetti degli uffici comunali.
La Sicilia non resta indietro: ogni sito culturale e naturalistico “Patrimonio dell’Umanità” dell’isola risulta afflitto da situazioni critiche. Dall’abusivismo edilizio nella Valle dei Templi di Agrigento allo scempio di lottizzazioni di Vulcano e Lipari, quest’ultima obiettivo di un progetto per un nuovo megaporto, che oltre a deturpare il paesaggio devasterebbe la costa e il mare. Anche la ‘più grande e bella di tutte le città greche’, la Siracusa di Cicerone, sembrerebbe destinata a una nuova ondata di cemento per la costruzione di un secondo porto, adiacente al primo, dove dovrebbero nascere foresterie, pub e persino uno Yatching club.
Risalendo lo Stivale la situazione non migliora, in Toscana sembra eccellere Pisa, più per demeriti altrui che per capacità proprie: a seguito delle recenti polemiche sul degrado di piazza dei Miracoli si è finalmente dato avvio al restauro degli edifici pericolosi di fronte ai monumenti.
Non si risparmiano neanche Roma, assediata dal traffico, Napoli, soffocata dai rifiuti, Venezia erosa dalle acque e dalla pesca abusive.
A risentirne è l’immagine della nostra già malconcia Italia, con il rischio di inserzione nella lista dei siti in pericolo e, nella peggiore delle ipotesi, di vedere i nostri gioielli naturalistici, paesaggistici e artistici, espulsi dal patrimonio mondiale, a causa delle non più persistenti caratteristiche che ne avevano consentito l’iscrizione.
Perdere il prestigioso riconoscimento, significherebbe infliggere un colpo mortale all’immagine del sito e dell’intero Paese, con ricadute disastrose su più versanti, in primis quello turistico, che viceversa si voleva favorire e incrementare con la domanda di ammissione all’ambita lista.
In secondo luogo, seppure non immediatamente percepibile, l’aspetto sociale ne risente fors’anche in misura maggiore. I danni al paesaggio sono infatti un’offesa al pubblico interesse, calpestato in nome della colpevole inerzia dei politici e del profitto degli speculatori.
In ultimo, a prescindere dal riconoscimento o meno di patrimonio dell’Umanità, non si può non rilevare quanto gravi siano le conseguenze che il degrado dei siti nostrani arreca all’essenza stessa del Paese e della sua memoria storica e culturale. Il legame con il nostro passato, ciò che siamo ora, e ciò che tramanderemo alle generazioni future, si disperde senza la conservazione, la tutela e un giusta valorizzazione di ogni singola componente del nostro patrimonio artistico e paesaggistico.
Come già sapeva Marcel Proust, infatti: “la vera terra dei barbari non è quella che non ha mai conosciuto l’arte, ma quella che,disseminata di capolavori,non sa né apprezzarli né conservarli”.