Circa il 4% dell’intera ricchezza nazionale si deve al settore moda che, secondo i dati della Camera Nazionale, anche nel primo semestre 2011, ha continuato ad incidere in maniera positiva sull’economia del Belpaese.
Il Made in Italy tiene duro nonostante la crisi quindi, confermando il fatto che l’industria del lusso, legata soprattutto all’abbigliamento e al fashion style, non conosce periodi di magra.
A circa due settimane dell’inizio della Settimana della Moda a Milano, che si terrà dal 21 al 27 settembre 2011, si stima che l’indotto economico che l’evento genererà si attesterà tra i 150 e i 200 milioni di euro, tanto quanto lo scorso anno dunque, con una ricaduta sul territorio rafforzata dalle spese per trasporti, ristoranti e ospitalità.
Dopo le polemiche sollevate dall’Anpi per fermare le sfilate nella Loggia dei Mercanti, luogo di memoria e devozione per i caduti della Resistenza milanese, le passerelle, che si terranno  dal lato della cattedrale rivolto verso i grandi magazzini La Rinascente, vedranno alternarsi oltre 70 case di moda che quest’anno renderanno omaggio al 150°anniversario dell’Unità d’Italia.
Ad anticipare l’attesa kermesse è stato quest’anno Milano Unica, il Salone italiano del Tessile, apertosi il 13 settembre sempre nel capoluogo e appuntamento imperdibile per i professionisti del settore uniti nell’intento di espandere la prestigiosa fama del capoluogo lombardo anche Oltreoceano.
 “L’andamento dell’economia internazionale e le decisioni politiche italiane ed europee non ci danno certezze, ma continuiamo a guardare avanti con fiducia nelle nostre capacità.” – afferma Pier Luigi Loro Piana, imprenditore di rango e presidente della rassegna – “I primi segnali del 2011, con una crescita del tessile nel primo trimestre del 3,2%, sono positivi.”
Ma non sono solo gli ingenti guadagni economici a donare una boccata di ossigeno alla città meneghina. La moda, il fashion style e il turismo a scopo di shopping donano a Milano una natura glamour che si ripercuote, oltre che sui media nazionali, anche sulla stampa estera che incorona il capoluogo lombardo a capitale indiscussa del lusso, battuta solo da Parigi e seguita a ruota da New York.
Eppure, in termini economici, Milano ha lo stesso numero di imprese tessili di Prato e, rispetto alla concorrente toscana, risulta meno specializzata con solo il 2% del totale delle imprese nella provincia ed il 13% di quelle manifatturiere appartenente al settore.
Maison internazionali come Prada, Gucci e Ferragamo, e numerose griffe alla stregua di Fendi, Louis Vitton, Chanel, Dior e Céline, pur avendo altrove i loro centri direzionali, hanno scelto il distretto toscano per insediare laboratori di progettazione e produzione lasciando a Milano centri di rappresentanza attivi soprattutto in concomitanza della celebre fashion week.
Non è di certo la mancanza di centri di produzione però ad offuscare il titolo internazionale di “Capitale della Moda”, confermato, secondo l’Osservatorio sul Sistema Moda Italia, dalla presenza di numerose imprese manifatturiere, che supportano le numerose e importanti case di moda localizzate nell’area.
“Il sistema moda – si legge nel rapporto semestrale del SMI – infatti, non si focalizza solo sul prodotto finito ma è il frutto di ricerche che vanno dall’utilizzo di determinate fibre, allo sviluppo dei tessuti, alla ricerca del colore, della forma e dello stile, comprendendo inoltre un aggregato di operatori economici e organizzazioni strettamente interconnesse e correlate tra loro”, figure di cui Milano può vantare una varietà infinita.
Un’elaborazione fornita dalla Camera di Commercio di Milano attraverso il LabMiM su dati del registro imprese sul settore della moda, ha infatti rilevato come nel 2010 sia nata, nel territorio di Milano e provincia, un’impresa al giorno (342 in totale nell’arco dell’intero anno) con caratteristiche che lasciano ben sperare anche in termini sociali: una nuova ditta su cinque ha un titolare con meno trent’anni e oltre la metà è guidata da una donna.
“Sui dati positivi di questa prima parte dell’anno – ha affermato Michele Tronconi del Centro studi Sistema Moda Italia – gravano numerose incognite, a partire dal prezzo delle materie prime, all’andamento delle valute e del costo dell’energia, a cui si affiancano le difficoltà di accesso al credito e l’aumento dei controlli di diversi organi dello Stato, spesso in modo vessatorio, nei confronti delle imprese di tutte le dimensioni che hanno reagito alla crisi. Una situazione, questa, che anche a fronte del ristagno del mercato interno, pregiudica la crescita dei margini operativi”.
La soluzione? In base a quanto prospettato anche durante Milano Unica, un approdo sicuro per l’export nazionale sarebbe l’Oriente. L’export verso Hong Kong cresce infatti del 12%, quello verso la Cina del 32,4% a fronte di un import del 31,4% in tessuti. 
Dopo la notizia della parziale acquisizione (8%) da parte del magnate cinese Peter Woo della società tessile fiorentina Salvatore Ferragamo, non sorprenderebbe magari scoprire che tra qualche decennio, le tanto acclamate settimane della moda vengano trasferite dalle ormai troppo blasonate Milano, Londra e New York alle più esclusive Pechino, Rio de Janeiro, Bombay o Mosca per quelle che potrebbero divenire le BRICS fashion weeks