Intervista all’ideatore e direttore artistico di Frontiere – la prima volta, Oscar Iarussi

A proposito di Frontiere – la prima volta, iniziativa che si svolgerà a Bari da mercoledì 21 settembre a sabato 1° ottobre, lei ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Frontiere non è un festival, è una ricerca”,  cosa intende con questa espressione? A cosa punta questo nuovo progetto pugliese?
Frontiere nasce e viene pensato come tragitto, più che progetto e questo proprio perché ha una natura ibrida: si propone, infatti, di contaminare linguaggi simbolici appartenenti ad ambiti affini, ma spesso conosciuti e fruiti separatamente. Non si tratta di un festival, poiché il sistema-festival impone degli standard e delle regole che tendono ad ingabbiarlo, al fine, ovviamente, della buona riuscita dell’evento. Frontiere, invece, vuole essere un tentativo, sul campo, di travalicare tali “limiti”, andando oltre il linguaggio della singola arte, sia essa fotografia, cinema, letteratura, per tentare contaminazioni e mescolanze. Una sorta di ibridazione del linguaggio, di cui si è  già spesso parlato e sperimentato, ma che qui a Bari si intende declinare in una maniera nuova e per la “prima volta”.

A tale proposito, quando lei parla di “declinazioni possibili della prima volta”, a cosa fa riferimento? Un debutto, l’inizio di un percorso, o cosa? E ancora, il concetto di frontiera suggerisce un “oltre”, un’alternativa: come si esprime nello sviluppo dei diversi appuntamenti?
La “prima volta” rappresenta un po’ il filo rosso che intreccia i diversi momenti della manifestazione. Esso è facilmente rintracciabile in tutto il programma a partire dall’inaugurazione dell’ex Palazzo delle Poste, luogo simbolico e carico di significato nel cuore della città e nella memoria storica dei baresi. A lungo chiuso ed inutilizzato, viene ora finalmente riaperto con una mostra “La prima volta di Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna e Olivo Barbieri”, che vede insieme, appunto per la prima volta, tre fotografi di provenienze e ricerche artistiche diverse. Il primo, che Italo Zanner ha definito “il fotografo più ragguardevole del dopoguerra”; il secondo, nato a Bagheria, che ha saputo raccontare per immagini le tradizioni e la cultura della Sicilia ed, infine, Barbieri, il cui sguardo è riuscito a catturare l’essenza delle città del mondo, restituendole in immagini. Accanto a questo evento, il 22 settembre, ci sarà il vernissage  della mostra – documentario IntegrAzione. Vent’anni dagli sbarchi albanesi sulle coste pugliesi, realizzata da Vittorio Arceri presso il Cineporto di Bari.
Inoltre Frontiere propone diverse rassegne sempre all’insegna della “prima volta” e dell’idea di “frontiera”. E’ il caso di “Maestri esordienti”, una retrospettiva dei debutti di grandi registi italiani e stranieri (Charlie Chaplin, Ermanno Olmi, Federico Fellini, Alain Resnais, Andrei Tarkovskij, François Truffaut, Marco Bellocchio, Terrence Malick, Pedro Almodovar e David Lynch) e di “Film di frontiera”, rassegna di pellicole che raccontano i diversi tipi di conflitti che si scatenano intorno alla cesura della frontiera.
Alle proiezioni si alterneranno le “Conversazioni di Frontiere”, confronti su tematiche di attualità (cinema, tecnologia, letteratura, scienza, legalità, lavoro, donne) con l’intervento di ospiti, quali, tra gli altri, l’antropologo-filosofo francese Marc Augè, la giornalista e scrittrice Yasemine Taskin,  il regista Mario Martone, lo scrittore e giornalista Marco Travaglio, l’economista e presidente della Fiera del Levante, Gianfranco Viesti, lo scrittore e direttore editoriale Fandango Libri, Mario Desiati, il magistrato e scrittore Giancarlo De Cataldo, l’attrice Geppi Cucciari.
Non manca lo spazio dedicato alle “Anteprime” cinematografiche, tra cui “The sunset limited” del regista Tommy Lee Jones, “Il villaggio di cartone”, opera ultima di Ermanno Olmi, “Ni Allah, ni maître” di Nadia Al Fani.
Nelle serate del 28, 29 e 30 settembre, il Teatro Petruzzelli ospita “Rosso di sera”, scenari sui quali si intrecciano e si confrontano diversi linguaggi artistici e simbolici: la lecture “La prima volta” del sociologo Franco Cassano, il video “Watercolour” dell’artista Francis Alÿs, che vede diversi artisti lavorare sull’idea di frontiera, la performance musicale de “I Virtuosi del Teatro alla Scala”, la proiezione de “La prima volta davanti all’obiettivo” del regista Sergio Rubini (una sorta di simulazione di un provino all’interno di un provino vero e proprio), la lecture “Rito e inizio” di Marc Augè focalizzata sul rito degli inizi.
Riportano ad una storia tutta barese e meridionale, ma non per questo di respiro meno “universale”, la proiezione de “La nave dolce” del regista Daniele Vicari, documentario che ripercorre la vicenda dell’arrivo nel porto di Bari della nave Vlora, l’8 agosto del 1991, col suo carico di quasi ventimila vite disperate in fuga dall’Albania, la lecture “Bari, città di frontiera, dello scrittore Gianrico Carofiglio, il reading “Storia lacerata nel corpo di una donna” di Adonis, interpretato dall’attrice Maya Sansa, la performance video-teatrale “Il terremoto delle donne” del gruppo di musica popolare aquilana Animammersa. Al mondo degli indiani d’America è dedicata l’ultima delle tre serate, con l’esecuzione di Emanuele Arciuli di due brani del repertorio “americano”, la lecture “Io, attore nativo americano” di Wes Studi, interprete “cherokeee” per eccellenza,  la performance musicale di John Trudell dedicata ai nativi americani e il “monologo sull’America” di Alessandro Baricco.
A questo punto ben si comprende, mi sembra, il messaggio che si vuole trasmettere: il senso della “frontiera”, intesa in primo luogo come emigrazione e la Puglia è una terra di frontiera, di passaggio, di partenza e insieme di approdo. Ma anche, in ambito artistico, frontiera intesa come tentativo di far sconfinare un’arte nell’altra, mescolando tecniche, linguaggi, interpreti e, di conseguenza, anche i diversi tipi di pubblico.

Frontiere si svolge tra il Multisala Galleria, il cinema ABC, storico cinema d’essai, il Teatro Petruzzelli e l’ex Palazzo delle Poste, luoghi significativi per la città. Cosa vi ha guidato in questa scelta?
La scelta è sempre legata al concept attorno a cui ruota Frontiere, e cioè “la prima volta”. Infatti l’ex Palazzo delle Poste, la cui riapertura è legata a questo evento, finora non era stato mai pensato come contenitore culturale; riveste quindi, per la prima volta, questo ruolo, per poi diventare una delle sedi dell’Università di Bari. Anche il Teatro Petruzzelli, riaperto nel 2009, dopo diciotto anni dall’incendio doloso che lo distrusse, oltre alle consuete rappresentazioni di prosa e lirica, si vuole proporre come palcoscenico dell’arte nel senso più ampio e  moderno del termine.

Tale iniziativa è frutto di sinergie di più enti ed istituzioni? Chi è coinvolto nel progetto?
Frontiere è una produzione dell’Apulia Film Commission, promossa e realizzata grazie alle risorse della Regione Puglia e dell’Unione Europea. E’ stata proficua e prestigiosa la collaborazione che si è poi venuta a creare con l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, la Fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari e il Comune di Bari sia in termini di ospitalità che di condivisione del progetto.

Come si pone Frontiere rispetto ad altre iniziative analoghe quali, ad esempio, il Bifest, Bari International Film & Tv Festival?
Si tratta di due interventi differenti, il Bifest così come Frontiere sono due iniziative entrambe realizzate dall’Apulia Film Commission; il secondo, quindi, non vuole essere un festival bis ma una rassegna di ricerca, un’occasione per sperimentare ipotesi di lavoro, progetti nuovi e per offrire una platea a talenti ed iniziative d’avanguardia.
Un ultimo tentativo di ibridazione è la scelta di chiudere l’intera manifestazione con l’evento Oltrefrontiere, un concerto che vede  l’indefinibile voce di Antony and the Johnsons, la star del songwriting e dell’arty-pop contemporanei, cantare sulle note dell’Orchestra Sinfonica del Teatro Petruzzelli. Inoltre il concerto avrà una replica il successivo 3 ottobre presso l’auditorium di Santa Cecilia, a cura di Musica per Roma, sempre con la formazione sinfonica del Petruzzelli.