Ancora una volta si respira un’aria magica per le vie del centro storico cagliaritano, in un’atmosfera di cosmopolita festa, che ormai si ripete dal 2003. Basta soltanto osservare strade, piazze, locali e botteghe artigiane illuminate e gremite di persone assorte e dai volti intensi.
Dal 15 al 18 settembre il capoluogo sardo è tornato ad ospitare il Marina Cafè Noir, festival di musica, arti visive, letterature applicate e saperi, cinema e teatro, firmato dall’associazione culturale Chourmo. Primo nel suo genere nel panorama culturale isolano, questo appuntamento propone temi culturali di grande attualità e interesse e contemporaneamente opera per la riqualificazione degli spazi di una città dal grande potenziale attraverso la diffusione della cultura.
Il tema guida di questa nona edizione è stato alquanto indefinito ed ardito: ‘le strade’. Queste sono intese come metafore della vita e parti fondamentali di mappe e mondi reali o fantastici in cui l’uomo vuole costruire la sua esistenza e trovare una sua collocazione. Oltre 20 ospiti d’eccezione e dalle diverse specializzazioni artistiche e non, tra i quali lo scultore Pinuccio Sciola e il musicista Paolo Fresu, ma anche gli scrittori Michela Murgia e Marcello Fois e l’economista e filosofo francese Serge Latouche tra gli altri, hanno affrontato e si sono confrontati su molteplici problematiche, creando una concreta occasione di incontro e di scambio per tutte le persone che, attraverso il linguaggio artistico, da passivi spettatori diventano partecipanti attivi, veri ‘attivisti culturali’, così come li definisce Giacomo Casti – antropologo e scrittore tra i promotori dell’evento, intervistato da L’Unione Sarda – di nuove idee che fanno parte della ricchezza comune.
Coinvolgendo gli abitanti che, nonostante i tagli e la crisi, possono usufruire gratuitamente di questa esclusiva opportunità, e soprattutto i commercianti, nel tentativo di rilanciare un territorio, attraverso svariati progetti e mostre, il festival vuole portare l’attenzione sulle contraddizioni della nostra società e dei nostri territori, che animano quindi l’Italia intera come paese ed il resto del mondo ormai trasformatosi in villaggio globale: il lavoro e le comunità minoritarie, i movimenti dei migranti nel Mediterraneo, indagati da Giacomo Sferlazzo, l’idea di una nuova economia della decrescita fondata sulla solidarietà, proposta da Serge Latouche nell’incontro ‘Economia – scommessa e provocazione per una felice decrescita’, senza dimenticare le testimonianze passate e presenti della guerra, come la Sarayevo di Uliano Lucas.   
La circolazione e la condivisione di idee e di storie per la creazione di nuove prospettive, nuove rotte di pensiero per l’individuo e la comunità: in questo senso, il tentativo di spaziare e di aprirsi ad argomenti di universale e attuale complessità, non vuole però far perdere lo stretto e fondamentale legame del festival con la città ed il suo territorio di riferimento, assumendo allo stesso tempo la speciale e quasi contraddittoria veste di una festa di quartiere e di un laboratorio di creatività dal sapore internazionale. Attraverso la commistione di linguaggi artistici e letterari ed il coinvolgimento degli abitanti del quartiere, con anziani e dei bambini in prima fila, tramite progetti per la conservazione dell’identità e delle memoria storica della città, e coinvolgendo nell’allestimento e nell’organizzazione del festival i commercianti e gli artigiani del quartiere, si crea dunque un processo di riqualificazione degli spazi urbani ed il rilancio delle attività e delle associazioni che offrono punti di riferimento e molteplici opportunità per una positiva vita sociale cittadina e per la promozione culturale ed economica dell’intera città. 
La fondamentale partecipazione ed integrazione del territorio locale con la comunità cosmopolita, inoltre, crea i presupposti per la fondamentale costruzione di un’identità collettiva che parte dal locale e che aspira al globale.