La mostra BODY WORLDS – Il vero mondo del corpo umano ha ormai girato il mondo, collezionando numeri da record ma anche molte polemiche
La mostra consente di osservare 200 organi e sezioni e 20 corpi interi plastinati e ha collezionato fino ad ora 33 milioni di visitatori girando in più di 60 città al mondo.
Il debutto è stato a Tokyo nel 1995, allargandosi poi ad altre città del Giappone. Lo sbarco in Europa è avvenuto in Germania nel 1997, andando ad interessare quindi anche l’Austria, il Belgio e la Gran Bretagna negli anni successivi.
La mostra è giunta fino in America, passando per Los Angeles nel 2004 e, dopo attento esame etico, ha avuto la possibilità di giungere anche ad altre città statunitensi, tra le ultime vi sono Chicago e St. Louis.
Attualmente Body Worlds è visitabile, oltre che a Roma, anche in altre città europee come Basilea o Colonia. La prossima tappa mondiale è, invece, a Porto Rico.
Un ultimo ordine di grandezza decisamente interessante, ma forse soprattutto inquietante, è la lista di attesa di circa 13 mila persone che non aspettano di vedere la mostra ma bensì di diventare donatori ed essere quindi un giorno “protagonisti” direttamente dell’esposizione.

Le tante polemiche legate alla mostra nascono dal suo essere, sostanzialmente, un’esposizione di cadaveri.
L’artista è Gunther von Hagens, anatomopatologo tedesco inventore della «plastinazione», una tecnica con cui si sostituiscono ai liquidi corporei dei polimeri di silicone, che, praticamente, finiscono per «plastificare» il corpo umano.
È evidente come sia una mostra di impatto, riservata agli addetti ai lavori ma anche ai curiosi, purchè siano di ampie vedute o di stomaco forte; è successo, infatti, che qualcuno sia stato colto da un forte disagio alla vista di tali opere.

Le critiche più semplici si sono mosse sulla crudezza di quanto esposto ma la maggior parte ruotano intorno ad accuse di violazione della dignità umana, di “commercio di cadaveri” o di “disturbo della quiete dei defunti”.
La mostra è stata definita in vari modi, quali: una “necrofilia da baraccone”, una “Disneyland da obitorio”, una “ridicolizzazione in salsa hollywoodiana del dramma della morte” fino alla definizione di Gianluca Nicoletti: “l’Ikea del post mortem”.

Quello di cui viene accusato il Dr. Morte (così è stato ribattezzato l’anatomopatologo) è di mettere in scena qualcosa di raccapricciante, profanando dei cadaveri e senza alcuno scopo artistico.
Non si pretende certo in questa sede di discutere nel merito di ciò che può essere definito “artistico” ma, dopo aver riportato il fatto in sé, così come le accuse mosse da molte persone in tutti i Paesi, si vuole proporre anche qualche spunto di risposta ai punti principali.

Il primo spunto è relativo alla “materia prima” utilizzata: questa infatti deriva dai tanti donatori in tutto il mondo che hanno disposto che i loro corpi, al decesso, fossero utilizzati in queste esposizioni. I corpi sono stati tutti donati all’Institute for Plastination per i più svariati motivi ma sempre volontariamente. Così come nessuno è mai stato costretto ad entrare a vedere la mostra o le foto reperibili su internet, da cui poi, eventualmente, può essere rimasto scioccato.

Riguardo la mancanza di scopo di tale mostra, esistono in realtà vari punti a favore dell’evento, quali la maggiore attenzione alla propria salute e la consapevolezza del proprio corpo, così come la sensibilizzazione verso la donazione degli organi e del sangue, che molti visitatori affermano esser loro derivate proprio da questa esperienza.
In effetti trovarsi di fronte, magari, ad un fegato affetto da cirrosi o ad un polmone nero ricoperto da catrame di un fumatore, sicuramente qualche reazione nell’interlocutore la suscita, magari portandolo anche ad un ripensamento sul proprio di stile di vita e sui rischi ad esso connessi.

E’ quindi una mostra che ha fatto tanto discutere e sulla quale, probabilmente, un consenso (o un dissenso) unanime non si raccoglierà mai, ma proprio questa, alla fine, è una delle migliori forme di pubblicità che si possa avere e che garantisce largo seguito e vasta risonanza all’evento, al di là del fatto se si tratti o meno di arte.