Dopo i recenti avvenimenti che hanno fatto balzare alla cronaca il danneggiamento di alcuni beni culturali del Paese (da ultimo quello della Fontana del Moro a Piazza Navona a Roma), il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha colto l’attimo per predisporre un disegno di legge per il conferimento al Governo della delega atta a riformare la disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale.
La Costituzione italiana già all’art.9 sancisce la cultura come valore fondamentale da promuovere e sviluppare ma insufficienti sono state le misure prese fino ad oggi per contrastare il vandalismo contro le opere d’arte, le cui conseguenze possono spesso determinare la perdita del bene in questione.
È per questo motivo che, come già auspicato in maniera bipartisan, il ministro Galan, di concerto con il ministro della giustizia Nitto Palma, ha deciso di presentare, il 22 settembre scorso, la nuova normativa che inasprisce le pene già previste dal decreto legislativo n. 42 del 2004, introducendo per giunta nuove figure di reato.
Si tratta del delitto di furto di bene culturale, per il quale è prevista la reclusione da 1 a 6 anni e un’ammenda da 5mila a 10mila euro e dei delitti di danneggiamento, deturpamento o imbrattamento dei beni culturali o paesaggistici per i quali è prevista la stessa pena di cui sopra.
Viene inoltre introdotto il reato di possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli, aggravato nel caso in cui si venga colti in flagranza nell’uso di tali apparecchiature su aree sottoposte a vincolo archeologico e prevedendo per l’illecito la reclusione fino ad un massimo di due anni.
Particolarmente colpite saranno poi le esportazioni illegali di materiale sottoposto a vincolo e le violazioni in ambito archeologico.
Oltre agli usuali organismi di tutela, che si occupano di proteggere i beni compresi negli artt. 10 e 11 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, si aggiungerà quindi il Governo ad affiancare le attività delle già competenti Regioni (con le commissioni regionali per i beni e le attività culturali anche per quelle a Statuto Speciale), Direzioni regionali del Mibac, Soprintendenze di settore, Soprintendenze a gestione autonoma e Forze dell’ordine. Partendo dall’assunto che il deturpamento di un bene culturale non lede solo il territorio di competenza, bensì l’intera popolazione mondiale, il ddl fa dei beni culturali una vera e propria “questione di Stato”, gettando le basi per quella che potrebbe in futuro divenire una vera e propria misura normativa a livello europeo.
Su scala europea, infatti, la tutela dei beni culturali appare esclusivamente nell’art. 167 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), unico articolo che si occupa della materia.
Si è quindi ben lontani dal prevedere una tutela dei beni culturali a livello europeo in quanto la sola azione che l’Europa unita intende perseguire per il patrimonio culturale è quella di “incoraggiare la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, integrare e appoggiare l’azione di questi ultimi”. L’UE affianca dunque gli stati membri nella lotta contro i vandali dell’arte, sostenendo e promuovendo il patrimonio ma non prevedendo azioni attive in campo legislativo, per le quali si rimanda agli ordinamenti statali.
Almeno su base nazionale, però, qualcosa in Italia sembra essersi sbloccato: ma davvero è giunta l’ora di cantar vittoria?
L’iter legislativo è infatti ancora lungo, visto che il ddl dovrà essere integrato con i decreti legislativi di attuazione, presentato ed eventualmente, approvato da Camera e Senato.
Calcolando inoltre che nel 2013 finirà la legislatura, riusciranno i nostri eroi nell’ardua impresa di sgominare i vandali del nostro patrimonio?