Nel nostro Paese, il rapporto tra sistema bancario ed imprese del settore cinematografico è stato tradizionalmente caratterizzato da una forte diffidenza dovuta alla atipicità di un mercato per sua stessa natura prototipale e con elevato tasso di rischio, complice un ciclo di sfruttamento del prodotto temporalmente molto ampio e per nulla scontato sul fronte del recupero degli investimenti effettuati.
Il cinema, ogni volta che si è occupato del mondo della finanza, lo ha fatto quasi sempre dandone un’immagine negativa, con titoli – solo per citarne alcuni – come Wall Street, (1987) e  Wall Street: il denaro non dorme mai (2010) di Oliver Stone, o  il nostro recente Il gioiellino (2011) di Andrea Molaioli, ispirato al crack Parmalat.
Negli ultimi anni, per citare un altro titolo, qualcosa è cambiato: grazie all’introduzione di una moderna normativa destinata a modificare in senso radicale la filosofia dell’intervento pubblico in questo settore, si registrano importanti segnali di avvicinamento tra questi due mondi. Ci riferiamo alle norme che consentono a chi investe nel settore incentivi fiscali sotto forma di credito di imposta o di detassazione degli utili (per la verità al momento funziona solo il primo meccanismo). Un comparto che genera su tutta la filiera un giro di affari di circa 2 miliardi di euro e investimenti su base annuale superiori ai 400 milioni all’anno.
L’elemento fortemente innovativo rispetto ad analoghi sistemi di incentivazione fiscale, presenti già da tempo nella maggior parte dei mercati europei, risiede nella possibilità di beneficiare di significativi sconti fiscali (40% dell’apporto fornito) anche da parte di soggetti esterni al comparto, in primis proprio le banche che hanno fiutato il business anche sotto il profilo del ritorno della propria immagine.
Da quando il meccanismo è divenuto pienamente operativo a seguito della procedura di notifica e successiva autorizzazione da parte dell’Unione europea (2009), istituti bancari ed enti finanziari non solo di spessore nazionale, hanno iniziato a dialogare con i produttori in cerca di risorse complementari per chiudere i propri pacchetti finanziari, siglando contratti di associazione in partecipazione legando il proprio brand a vari progetti, il più significativo dei quali per la complessità ed entità dell’operazione, è la coproduzione This Must be the Place di Paolo Sorrentino (in questi giorni nelle sale italiane) con Sean Pean che ha visto il coinvolgimento diretto di Intesa San Paolo, attraverso Mediocredito Italiano.
In 18 mesi, stando ai dati diffusi dalla Direzione Generale del Cinema del Mibac, 5 banche hanno deciso di utilizzare il tax credit esterno, investendo in 17 film (su un totale di 200 progetti) per un totale di circa 10 milioni di euro di apporti. Sinora l’approccio degli istituti creditizi è stato cauto ma si ritiene che una volta reso permanente e strutturale il meccanismo (con opportuni correttivi a partire dall’innalzamento del plafond oggi fermo ad un massimale di 2,5 milioni di euro) il rapporto di fiducia con le imprese sia destinato a rafforzarsi. Ciò anche in considerazione di un progressivo rafforzamento del mercato (nel primo semestre 2011 la quota di mercato nazionale ha superato il 40%) e di una maggiore capitalizzazione delle imprese associate ad un definitivo “smarcamento” dalle logiche puramente assistenzialistiche che hanno caratterizzato il  settore fino alla metà degli anni 2000.

Il segno tangibile di questo graduale processo di avvicinamento è giunto in occasione del convegno “Banche e cinema 2011? del 9 settembre scorso, promosso da ANICA e ABI in occasione della 68 edizione della Mostra di Venezia, al quale erano presenti Bnl, Popolare di Vicenza, Mediocredito Italiano, Unipol, Unicredit. In questa sede, infatti, il Ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani ha lanciato l’idea di un tavolo nazionale per l’industria cinematografica e dell’audiovisivo, fondato sulla collaborazione tra produttori, autori e aperto a tutti gli interlocutori anche finanziari affinché si possano costruire delle eccellenze nel settore ed esportarle all’estero.
L’apertura del tavolo dimostra come l’attenzione nei confronti di questo settore non sia più confinata nell’ambito delle politiche messe in atto dalla Direzione Generale Cinema che opera, come noto, sulla base della cosiddetta eccezione culturale ovvero finanziando con soldi pubblici opere e progetti destinati prioritariamente alla sale e in possesso di  requisiti di natura culturale.
Tra gli stessi operatori del settore, infatti, vi è la convinzione che il comparto abbia bisogno oggi di politiche di sostegno alle imprese con logiche di intervento di tipo industriale al pari degli altri settori economici. Ciò spiega il coinvolgimento sempre più attivo del Ministero guidato da Romani, dove non a caso è stato appena attivato uno sportello dedicato al cinema e dove opera un Fondo centrale di Garanzia i cui requisiti di accesso saranno ben presto estesi anche alle imprese cinematografiche in modo da godere di forme agevolate di accesso al credito per portare avanti i propri progetti.
Una politica che potremmo definire del “doppio binario” (culturale e industriale) che dovrebbe, nel medio e lungo periodo, infondere al sistema creditizio e finanziario una ulteriore iniezione di fiducia nella direzione di una maggiore sostenibilità del sistema cinema nel suo complesso.
E’ opinione condivisa dagli operatori del settore che occorra, con il contributo di tutti i soggetti associativi ed istituzionali, fare un salto di qualità per passare dalla fase della crescita (difficilmente la quota di mercato nazionale potrà crescere ulteriormente) a quella del consolidamento e della “professionalizzazione” delle imprese così da accrescere il peso delle imprese in termini di capitalizzazione, favorendo in ultima analisi, la costituzione di reti di impresa.
In questo graduale processo di “accreditamento”, un ruolo strategico è svolto da ANICA che negli ultimi anni ha riacquistato una forte centralità dentro e fuori il sistema cinema, dimostrandosi interlocutore serio ed affidabile capace di mettere in moto azioni promozionali efficaci e permanenti (come testimonia la Convenzione quadro siglata con la Biennale grazie alla quale si sono moltiplicati incontri professionali di alto livello tra cui il citato convegno sulle banche), favorendo la consapevolezza dei forti ritorni economici che il settore può generare, dalle maggiori entrate per le casse dello Stato, all’indotto socio-occupazionale sui territori, fino alla promozione della nostra immagine all’estero.

Bruno Zambardino è Direttore didattico Asfor Cinema e analista senior dell’Istituto di Economia dei Media della Fondazione Rosselli