(Di)Vagando con Vera Fortunati, docente di storia dell’arte moderna all’Università di Bologna

Scopriamo un’altra protagonista del fenomeno bolognese delle donne artista, Elisabetta Sirani (1638 – 1665), ringraziamo Vera Fortunati per il privilegio che ci ha accordato nell’accompagnarci in questo affascinante viaggio.

Elisabetta è un’altra grande donna artista bolognese?
Nella straordinaria Vita che le dedica il canonico Malvasia nel 1678, dimostra una fortissima personalità, perché Malvasia ce la rappresenta come un angelo, un’eroina, una bellezza tutta femminea, ma nel contempo come un “pennello da masculo”, virile nel dipingere. Lo stesso Malvasia oscilla così tra il maschio e la femmina, secondo un motivo che in età moderna appartiene alla donna artista e diventa anche nei confronti di Elisabetta un fenomeno di grande curiosità.

Malvasia racconta dei potenti che giungono a Bologna da tutta Italia e da tutta Europa per osservare Elisabetta?
Malvasia ci descrive idealmente la giornata di questa giovanissima donna, che ci fa quasi terrore, vengono da tutta Italia e da tutta Europa a vederla veramente come un “monstrum”.  La casa di Elisabetta si trova vicino al convento del Corpus Domini, davanti agli occhi del committente deve realizzare all’istante lo schizzo del soggetto che questi vuole da lei, deve dimostrare di essere all’altezza e la sua è una vita in un certo senso tragica, un prodigio di natura che deve dare continuamente prova di sé

Tutto questo in nel periodo austero della Controriforma?
All’inizio della sua carriera, Elisabetta sente la necessità di camuffare questa sua pittura forte, in una Bologna che era la seconda città dello Stato pontificio, dove ufficialmente la Controriforma obbligava a canoni di vita molto rigorosi. Elisabetta si rappresenta come santa e certosina nel grande affresco, che nel 1658 lascia nella Chiesa di S. Girolamo della Certosa. Deve giustificare questa sua potenza, per cui tutto sommato si riallaccia a Caterina Vigri, come a dire la potenza che ho nella mano, anche se è una potenza maschile, mi viene direttamente da Dio, avete capito? In questo modo nessuno le può più dire niente.

Era figlia di un pittore molto noto, Giovanni Andrea Sirani?
Allievo di Guido Reni, aveva una bottega eccellente con una committenza anche molto importante. Elisabetta ha però un cammino di rottura con il padre, sceglie di seguire Guercino, perché proprio in quegli anni la pittura di Guido Reni veniva giudicata effeminata, parlo dell’ultimo Reni (quel Reni non finito che tanto piace a noi oggi, ma che allora veniva giudicato “affare di femmine”). Nasce quindi reniana, anche se da Reni prende presto le distanze per arrivare ad una pittura neoveneta, una pittura macchiata che assomiglia guarda caso alla pittura dei “discepoli dissidenti” di Reni come Simone Cantarini e Flaminio Torri.

Il padre però si ammala… e cosa succede?
Elisabetta ha una forza d’animo grandissima, ce lo dice Malvasia. Il padre si ammala precocemente di una forma di reumatismo alle mani e non può più condurre la bottega, quindi deve condurla Elisabetta, ma deve assistere anche il padre ammalato. Fonda nel contempo una Scuola, ha due sorelle ed altre ragazze da avviare alla Scuola, quindi è veramente un’artista donna che lavora tutto il giorno.

Possiamo dire che Elisabetta è un prodigio di natura, altro che Sarah Jessica Parker nel film “I Don’t Know She Does It!”? 
Certo, aggiungo che Elisabetta è anche una delle prime artiste consapevole che, una volta morte, questo loro fenomeno sarà cancellato. E’ successo poi così, quando sono in vita le donne artista sono qualcosa di anomalo e tutti corrono a vederle. Finché è in vita Elisabetta Sirani ha infatti un successo straordinario, però sa benissimo che quando morirà le opere saranno disperse o potranno essere attribuite ad altri, per esempio al padre. Allora Elisabetta data e firma quasi tutte le sue opere, in più le segnala descrivendole in maniera meticolosa in questo diario di lavoro della felsina pittrice, che Malvasia pubblica.
E’ davvero una delle artiste dell’Europa moderna che ha maggiormente consapevolezza del suo valore e anche di quello che può essere il destino finale delle sue opere, quindi in un certo senso fa una politica di se stessa molto lucida e molto acuta.

La morte è un presagio, Elisabetta muore giovanissima?
Elisabetta Sirani muore a ventisette anni, probabilmente per un ulcera perforante, ma in realtà si crea la leggenda che la governante l’avrebbe uccisa per gelosie più o meno amorose. Si tratta di una leggenda che è cresciuta per tutto l’‘800, ma non è vera.

E’ invece un’artista che, se fosse vissuta di più, sarebbe stata molto importante per la generazione successiva, quel “gran cangiamento” che viene subito dopo la sua morte nella pittura del ‘600 e lei sembra annunciare in certe opere, come la bellissima Madonna con il bambino conservata ai Musei civici di Pesaro.

Immagine:
Elisabetta Sirani, Porzia che si ferisce la coscia, Palazzo Fava (Palazzo delle Esposizioni), Bologna