* Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire.
M. Yourcenar

A metà settembre una triade di eventi ha fatto abbondantemente parlare i bolognesi: il cuore del centro città è stato chiuso al traffico per un week end, ha aperto il bianchissimo Apple Store e la storica libreria Zanichelli (ora Feltrinelli) di Piazza Galvani ha annunciato che molto probabilmente chiuderà.
I T-Days hanno colpito l’opinione pubblica e anche il pubblico trasporto – raggiungere il centro non a piedi specialmente il sabato sera è diventata un’impresa non da poco – ma hanno sgombrato le strade, riempito i negozi e rallegrato gli occhi:  la zona della T (via Rizzoli, via Indipendenza e via Ugo Bassi) invasa dai pedoni come un Mar Rosso di passeggini, biciclette e colori di ogni genere è stato un panorama mozzafiato.
All’Apple Store c’è stato il conto alla rovescia per l’apertura, entrando a turni, e c’è chi racconta di una notte mitologica passata con il sacco a pelo davanti alle porte ancora inviolate.
La possibile chiusura dell’ex locale Zanichelli, tutt’oggi chiamato “la libreria di Carducci”, dove il poeta passava pomeriggi di studio e lettura, si è poi profilata come un controcanto tra l’esplosione dei T-Days e l’entusiasmo tutto touch dell’Apple Store.
I T-Days sembrano ad alcuni la soluzione ad ogni male, ad altri l’ennesima opera di un’ amministrazione pubblica alla ricerca di nuovi baluardi, e ora che sono stati riprogrammati per il week end del 3 e 4 dicembre, in concomitanza con l’inizio del Motor Show e con Natale alle porte, hanno già ricominciato a far parlare di sé.
L’Apple Store ad alcuni è sembrato enorme, ma dopo qualche ingresso risulta già familiare, ad altri sembra eccessivo, ma dopo pochi giorni che si è incastrato al 16 di via Rizzoli è già diventato un’ app di sfizio e corredo urbano. Che Zanichelli chiuda spaventa indubbiamente quella buona metà di pubblico sensibile all’«inverno dello spirito» che Marguerite Yourcenar vedeva arrivare, ma c’è anche chi non viene neanche sfiorato dalla notizia, perché molte cose possono mancare a Bologna ma non di certo catene di librerie elevate a megastore.
Quello che potrebbe valorizzare questa tripletta di eventi, è provare a considerarli come fossero una sorta di metonimia, e andare a vedere cosa c’è davvero dietro l’evento in sè.
I T Days sono primariamente una festa per Bologna, una scommessa, un esperimento dove incubare nuove possibilità, un cambiamento di schema, un nuovo modo di pensare.
La tecnologia Apple è la tecnologia che piace, che fa divertire, che fa creare e che sì è vero, simboleggia anche il “di più” quando si continua a dire che “c’è crisi”.
La chiusura di Zanichelli è la fine di un’epoca, quella in cui Carducci si sedeva a leggere tra i banchi di legno affacciati su Piazza Galvani, un’epoca che è sicuramente già finita ma che non va dimenticata, né la cui fine va data per scontata.
Non possiamo far davvero festa in un centro storico se eliminiamo le vere tracce di storia che l’hanno reso tale, questo è certo. E l’apertura di una nuova attività commerciale – che per altro può elevare Bologna ad un fervore più internazionale – non è necessariamente l’alter ego cattivo della situazione.
Dobbiamo però continuare a riempire i granai pubblici, dobbiamo fare necessariamente scorte per l’inverno dello spirito che rischia sempre di arrivare, dobbiamo essere coscienti della differenza di concetto che c’è tra una libreria storica e un Apple Store.
Proprio per questo dovremmo comprendere che i granai di oggi vanno riempiti sia di carta che di tecnologia, ma svuotati del fanatismo che forse troppo spesso ruota attorno alla valenza commerciale di entrambi, mettendo in secondo piano la loro sostanziale importanza culturale e creativa.

Approfondimenti:
www.tdays.bo.it/