Il nuovo spazio Sottobosco di Mestre ha una storia molto particolare, dove protagoniste sono la riconversione del tessuto urbano, la partecipazione collettiva e la tenacia. Potete descrivere le tappe salienti di questo progetto?
Se ripensiamo adesso al percorso che ci ha portato fin qui non possiamo che essere soddisfatti. Dopo diversi pomeriggi passati a fotografare case sfitte e saracinesche abbassate sulla strada, dopo le varie conversazioni con i proprietari delle case vicine a quelle che avevamo individuato, ci siamo imbattuti in questo appartamento al primo piano di un palazzo storico di via Piave. Il cerchio si è chiuso proprio quando, appoggiando la mano sul ferro freddo ed arruginito della porta sbarrata da ormai 5 anni, abbiamo capito che sì, si poteva fare. A questo punto ci siamo messi alla ricerca dei proprietari ai quali abbiamo proposto un comodato d’uso gratuito in cambio dei lavori di ristrutturazione, una proposta più che vantaggiosa viste le condizioni in cui la casa si trovava.
C’erano sicuramente dei miti da sfatare e le difficoltà riguardavano più che altro il fatto che non avevamo mai lavorato ad un progetto simile, nè potevano servirci da riferimento altre esperienze come le occupazioni o i progetti di autocostruzione, sebbene è da lì che arrivi l’ispirazione. La piattaforma di crowdfunding ‘Produzioni dal Basso’ ci ha permesso di chiedere formalmente ai nostri sostenitori di fare una donazione per finanziare il progetto; questi fondi insieme ad un significativo contributo da parte di Sottobosco, anche in termini di forza lavoro gratuita, hanno consentito di portare a compimento i lavori. Per il resto non abbiamo incontrato grossi ostacoli, o forse non ce ne siamo curati credendo fermamente in quello che stavamo realizzando.
Inizialmente ci siamo scontrati con la paura e la diffidenza di chi, spaventato dalla campagna negativa fatta al quartiere, temeva che condividere l’ingresso e il passaggio con una sedicente associazione culturale significasse perdere il controllo e vedere invaso il proprio condominio. Attualmente sembra che molti siano convinti che la nostra presenza porterà sicuramente dei vantaggi in termini di qualità della vita, e noi faremo di tutto per spendere la nostra progettualità e il nostro lavoro per migliorare gli spazi che viviamo. Oggi con i nostri vicini abbiamo un rapporto di cordialità: per l’inaugurazione ci hanno mandano fiori a nome di tutto il condominio,  noi li aiutiamo nelle cose pratiche e cerchiamo di essere presenti nelle situazioni critiche.

Chi sono i principali artefici del Sottobosco Project Space e chi i donatori-tipo che hanno contribuito alla sua realizzazione?
La ristrutturazione dello spazio è stata totalmente compiuta da Sottobosco, ogni membro del collettivo (composto da Nicola, artista, Pasquale, antropologo, Tiziano, visual designer, Fausto, artista, ed Eugenia, curatrice) ha messo a disposizione le proprie conoscenze tecniche e il proprio tempo permettendo all’organizzazione di lavorare in autonomia e risparmiare notevolmente sulle spese necessarie al restauro. Dalla ritinteggiatura delle mura al ripristino dell’impianto elettrico, dalla posa del parquet all’allestimento degli interni dell’appartamento, il collettivo si è dedicato a tutto ciò che ha riguardato la messa a nuovo degli ambienti.
Dall’altra parte il sostegno dei nostri donatori è stato ugualmente fondamentale: le nostre riserve di denaro stavano per terminare ed è stato allora che abbiamo deciso di iniziare la nostra prima raccolta fondi attraverso “Produzioni dal Basso”, una piattaforma di crowdfunding grazie alla quale è possibile richiedere dei finanziamenti attraverso una sottoscrizione popolare. I donatori-tipo che hanno contribuito sono stati allora per lo più persone del settore: giovani artisti e curatori, sostenitori fin da sempre del progetto, e naturalmente ci sono stati anche gli amici e i parenti che hanno fatto la loro parte.

In che modo è stato individuato l’edificio che ora ospita Sottobosco? Di quali ambienti si compone lo spazio? Quali le attività cui sono adibiti?
Sottobosco ha iniziato nel mese di dicembre 2010 una mappatura degli spazi abbandonati o poco appetibili dal punto di vista immobiliare e commerciale nel quartiere Piave di Mestre, individuandone alcuni con le giuste caratteristiche strutturali e di accessibilità. Conoscevamo lo spazio che abbiamo scelto perché si trovava nello stesso edificio in cui abita uno dei membri del collettivo e sapendo fosse in disuso abbiamo chiesto a un intermediario del palazzo di mostrarcelo. Abbiamo allora riscontrato che si prestava alle attività che avremmo dovuto svolgere e abbiamo deciso di iniziare la trattativa con i proprietari dell’immobile per un comodato d’uso di 2 anni che siamo riusciti ad ottenere.
L’appartamento si trova al primo piano di un edificio anni ‘20 ed è composto da una grande sala dove è stato installato l’archivio artisti e dove si svolgeranno la maggior parte delle attività a carattere pubblico, come gli ShowDesk, le Sottobosco Poetry Lectures e i workshop con gli artisti; c’è poi un punto di distribuzione di free press e una bacheca per la segnalazione degli eventi; gli altri due ambienti infine, ospitano un laboratorio officina per artisti che necessitano di un luogo dove poter lavorare con materiali e strumentazioni tecniche, e lo studio di progettazione di Sottobosco.
La sala principale è stata pensata anche come risorsa condivisibile con le altre realtà o per i cittadini che magari potranno averne bisogno per assemblee condominiali, cineforum, laboratori didattici, screening video…, per cui sono ben accette proposte da poter sviluppare al suo interno affinché lo spazio venga riattivato e restituito alla collettività.

Quali sono i principali progetti che intendete sviluppare nel vostro spazio? A chi vi rivolgerete e quale linguaggio adotterete?
Vorremmo che lo spazio fosse vissuto e venisse attivato da chi ha delle proposte, venisse percepito come catalizzatore per il quartiere e laboratorio per la progettazione culturale. Noi, dall’altra parte, proporremo degli incontri come ShowDesk durante i quali verranno dei giovani artisti a presentare pubblicamente la propria ricerca, o le Sottobosco Poetry Lectures, alle quali vengono invitate diverse personalità impegnate, con un approccio aperto e multidisciplinare, nella produzione di pratiche culturali.
Per i prossimi mesi inoltre, abbiamo in programma “Reporting via Piave”, un laboratorio partecipato di inchiesta fotografica finanziato dalla Comunità Europea, che riflette sulla possibilità di ibridare i metodi di progettazione sociale, in particolare l’approccio auto-narrativo Photo v.o.i.c.e. (voicing our individual and collective experience) con le pratiche artistiche contemporanee. Il progetto, introducendo una riflessione sul rapporto tra partecipazione pubblica e produzione visiva, accompagna i partecipanti lungo il complesso iter di produzione e organizzazione di una mostra fotografica che rifletta sulla stratificazione identitaria e sulle nuove forme di cittadinanza, concentrandosi sull’area del quartiere Piave.
Sono solo alcuni esempi di formati a cui ci dedicheremo, ma già da questi emerge come ogni volta, in base al progetto, ci rivolgiamo a differenti tipologie di pubblico, facciamo una comunicazione adeguata e cerchiamo di individuare chi potrebbero essere i possibili fruitori dell’evento. Più in generale possiamo poi dire che ci rivolgiamo a chiunque sia interessato a condividere conoscenze, progetti e capacità con lo scopo di sviluppare un approccio creativo e interdisciplinare alla progettazione culturale.

Il quartiere Piave di Mestre, in cui ha sede Sottobosco, è stato da voi definito “come un laboratorio aperto per la complessità sociale e culturale che ospita e che per il suo assetto urbanistico restituisce in modo chiaro le risultanti economiche e sociali dei processi urbani contemporanei”. Come spiegate tale affermazione? Da chi è abitato il quartiere? Come si presenta urbanisticamente?
Il quartiere di via Piave è una delle prime zone intorno alla quale si è sviluppata la città di Mestre. La presenza dello scalo ferroviario, utilizzato in passato per la movimentazione delle merci e oggi ad uso civile, ha molto influito sul carattere urbano del quartiere. La presenza degli alloggi edificati per il personale ferroviario, accanto a più recenti edificazioni private, rivela il carattere discontinuo delle funzioni assegnate al quartiere. La via Piave attraversa il centro cittadino collegando la stazione a quella che è diventata per elezione la zona dei negozi e delle residenze di fascia medio-alta. Le recenti trasformazioni del tessuto urbano seguono quelli che sono i cambiamenti cui tutte le città contemporanee sono esposte.
Oggi si discute molto su quello che sembrerebbe essere il principale problema percepito dai proprietari degli immobili, secondo molti costituito dalla svalutazione del valore commerciale delle abitazioni. In realtà la zona, a tutti gli effetti considerata da sempre il centro storico della città, è diventata potenzialmente accessibile a fasce di popolazione a basso e medio reddito: lavoratori del settore metallurgico, cantieristica navale, giovani coppie e, da alcuni anni, studenti universitari. Il fatto che oggi i costi relativamente accessibili delle abitazioni, sia in affitto che in vendita, costituiscano un fattore di attrazione per lavoratori provenienti da tutto il mondo, ha acceso la polemica intorno al tema della sicurezza.
Intorno a questo tema hanno lavorato per anni le retoriche securitarie e stigmatizzanti promosse dai media che hanno enfatizzato alcuni episodi di piccola criminalità, prostituzione e spaccio, che tuttavia permangono. La realtà, sotto gli occhi di tutti, è quella di un quartiere in cui convivono vecchi residenti, nuovi cittadini, lavoratori discontinui e fasce di popolazione spesso emarginate, che ruotano intorno alla stazione ferroviaria, luogo di servizio e punto di ritrovo per chi non ha riferimenti in città. Nulla di nuovo dunque, solo il prodotto delle dinamiche economiche e sociali contemporanee.
Da questa consapevolezza e dalla volontà di includere piuttosto che emarginare, si potrebbe avviare un processo di rigenerazione del tessuto urbano, peraltro avviato da anni dall’amministrazione locale, che guardi all’introduzione di nuovi servizi per la cittadinanza, alla sovrapposizione delle funzioni legate ai luoghi, alle piazze ed alle aree verdi, che pure non mancano. In questo senso noi ci proponiamo come uno dei diversi attori di questo processo, con la consapevolezza del ruolo che la produzione e l’offerta di cultura giocano entro le dinamiche di trasformazione e cambiamento.   

Come realtà nuova e emergente, siete alla ricerca di collaborazioni? Che tipo di sinergie prediligete?
Sottobosco è un progetto che affonda le sue radici nella condivisione di capacità e competenze. Siamo sempre alla ricerca di collaborazioni perché crediamo nel potenziale intrinseco della sinergia. I traguardi ottenuti finora sono il risultato di sforzi collettivi ed è importante sottolineare che il nostro intento è sempre stato di attivare dei processi capaci di raggiungere gli obiettivi attraverso la collaborazione spontanea e gratuita dei partecipanti, aldilà di qualsiasi autoreferenzialità.
L’idea è quella di aprirci alle istituzioni, ai professionisti, agli studenti, ai cittadini, a chiunque abbia voglia di interagire con il collettivo e con i progetti attivati. Rifiutiamo piuttosto le collaborazioni che mirano ad una strumentalizzazione delle risorse, che non sono in linea con il pensiero e i valori  alla base dei progetti che promuoviamo.

Quali sono gli obiettivi che vi ponete e che aspettative nutrite?
Tra gli obiettivi che ci poniamo c’è sicuramente quello di aumentare l’impegno e la dedizione nelle attività culturali, cosa che spesso viene compromessa dalla mancanza di fondi e finanziamenti.
Per quanto riguarda la produzione culturale, Sottobosco intende elaborare formati e servizi alternativi a quelli istituzionali, che abbiamo ricadute sul territorio e attivino nuove dinamiche di formazione e informazione, che rispondano alle esigenze di chi si sta formando nel campo delle arti  e che, per la loro innovazione, possano porsi come frammenti di un discorso più articolato intorno alla progettazione culturale.
Le prospettive che offre Sottobosco oggi possono essere riassunte in poche parole dense di significato: condividere (mettere in rete e in circolo idee, competenze e pensiero); dare spazio (promuovere e sostenere le ricerche dei più giovani); inter-agire (generare dinamiche di apprendimento, formazione, informazione, scambio e confronto).
Ci aspettiamo grande partecipazione da parte di tutti, interessati del settore e non. Ci sentiamo scintilla di un fuoco che ha bisogno d’essere alimentato dalla partecipazione attiva di chi vede in noi la possibilità di cambiamento, che possa segnare in qualche modo l’inizio di un nuovo cammino sperimentale nell’arte e nella cultura.

Informazioni:
Sottobosco
Via Buccari, 1 Venezia
home@sottobosco.net
http://www.sottobosco.net/