Nelle prossime settimane il numero dei siti britannici appartenenti alla World Heritage List dell’UNESCO potrebbe subire una preoccupante riduzione a causa del probabile declassamento della Torre di Londra dallo status di patrimonio mondiale dell’umanità, titolo che detiene dal 1988. Le ragioni della  retrocessione vanno ricercate nel dannoso impatto che le nuove costruzioni architettoniche, dallo Shard di Renzo Piano al Doon Street Tower, producono sull’integrità visiva di quartieri storici come London Bridge e Lambeth. L’ambizioso progetto del “maestro della leggerezza” sembra in questa occasione non trovare possibilità di dialogo con la realtà storica del luogo e finisce per comprometterne il valore universale. Lo Shard rappresenta l’ultimo esito della ricerca tecnologica ed architettonica di Renzo Piano, per il quale progettare è ancora una della più grandi avventure possibili, sospesa tra coraggio della modernità e prudenza della tradizione. Tuttavia la mirabile struttura cristallina di vetro e acciaio, con i suoi 66 piani e 310 metri di altezza, non convince i funzionari dell’UNESCO che ne dichiarano l’influenza negativa sullo skyline londinese. La sua costruzione terminerà nel 2012, anno in cui lo stesso complesso di Westminster Palace potrebbe trovarsi nell’orbita del declassamento a causa del grattacielo di 43 piani previsto nell’area sud-ovest della città. In attesa del verdetto finale degli ispettori UNESCO rispetto allo status della Torre di Londra, è interessante analizzare le circostanze che in passato hanno determinato il declassamento definitivo della città di Dresda e della riserva dell’orice d’Arabia nel deserto dell’Oman.

Il caso di Dresda, la “Firenze dell’Elba”  rappresenta un precedente storico per gli eventi che oggi pongono Londra al centro del dibattito culturale poiché la ragione chiave della retrocessione fu un intervento architettonico che stravolse l’identità del luogo. Infatti tra il 2004 e il 2006 Dresda e valle dell’Elba furono inserite nella World Heritage List come parti integranti della stessa area geografica, urbana e rurale. Tuttavia nel 2009, il comitato dell’ONU fu costretto a cancellarle a causa della costruzione di un moderno ponte di quattro corsie che attraversava il fiume a pochi chilometri dal centro storico, trasformandone inevitabilmente l’originalità. Circostanze differenti spiegano il declassamento della riserva naturale e faunistica d’orice d’Arabia che, per scelta del governo Oman, subì la progressiva riduzione degli spazi e delle specie. Dal 1982 al 2007 gli esemplari diminuirono del 90%, parallela fu la revoca del loro status privilegiato. Attualmente sulla stessa linea si colloca la proposta dello IUCN d’inserire la biosfera Rio Platano in Honduras e la foresta tropicale di Sumatra in Indonesia nella World Heritage List in Danger. Alla lista, che oggi comprende 35 iscritti, potrebbero aggiungersi ben presto nuovi candidati come Mont Saint Michel in Francia, che rischia di essere deturpata dall’istallazione di vasti impianti eolici; ed i siti archeologici di Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli, minacciati dalla proposta di apertura di una vicina discarica. In attesa di nuovi sviluppi, è essenziale sottolineare che ogni tipo di relazione che coinvolge individuo ed ambiente non debba prescindere della salvaguardia del patrimonio preesistente.