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Vivevano nel Giappone feudale, erano noti per l’eccellente equilibrio tra azione e riflessione. Si addestravano continuamente per possedere saggezza (chi), valore (yu), benevolenza (jin) e, soprattutto, coraggio. I principi degli antichi samurai possono insegnare qualcosa ai manager di oggi?
Il Giappone, intorno all’anno 1000, era suddiviso in tanti piccoli stati rivali tra loro; i nobili cominciarono, così, a formarsi degli eserciti personali assumendo guerrieri valorosi e fedeli: i samurai. Questo nome deriva dal verbo giapponese saburau che significa servire o tenersi a lato. I samurai costituivano una casta colta, che, oltre all’allenamento fisico e alle arti marziali, praticava anche la meditazione zen e altre arti come la pittura, la calligrafia, ecc.
Seguivano un preciso codice d’onore, il bushido, i cui precetti principali possono essere sintetizzati così:
“Gi” la decisione giusta, la risolutezza, la corretta strada da percorrere;
“Rei” il comportamento di gentilezza e cortesia anche verso i propri nemici;
“Yu” l’abilità, sia tecnica sia umana, che si esprime nel coraggio;
“Meido” l’onore e la gloria sul campo di battaglia e nella vita;
“Jin” l’amore universale, la benevolenza verso tutte le persone;
“Makoto” la sincerità totale, in ogni occasione della vita;
“Chu” la devozione e la lealtà verso il proprio padrone e i propri compagni.
Questi principi possono risultare utili per i manager che si trovano a fronteggiare l’incertezza e la complessità dell’attuale contesto socio-economico?
Ne abbiamo parlato con Paolo Bianchi, formatore eclettico ed innovativo, “samurai” e praticante di antica scherma giapponese (kenjutsu), ideatore di un modello di formazione esperienziale per imprenditori, venditori e manager, nel quale utilizza la spada giapponese e le tecniche di addestramento degli antichi samurai.
Come possono le abilità di un samurai medievale avere qualche attinenza con le sfide che, noi tutti, ci troviamo ad affrontare nel mondo di oggi?
Quella dei samurai è una filosofia di vita che ancora oggi può insegnare molto al mondo aziendale. I samurai erano chiamati ad essere dei grandi condottieri nei tempi di guerra, dei veri leader e uomini di cultura nei tempi di pace.
Proprio per questa ragione, il samurai medievale veniva addestrato, sin da bambino, per affrontare, nel modo più adeguato, tutte le sfide. La sua preparazione all’attenzione per i dettagli ne faceva un grande stratega e il continuo allenamento lo rendeva sempre pronto a reagire nel modo più adatto.
La sostanza delle sfide che dobbiamo affrontare oggi non è molto diversa: servono sempre spirito combattivo, capacità di leadership, perseveranza, spirito di dedizione e di sacrificio, ottimizzazione delle risorse e delle persone, capacità comunicative ed essenzialità nel perseguimento dei risultati. Queste sono tutte doti che ogni samurai doveva avere e che doveva continuare a coltivare attraverso un assiduo allenamento psicologico e fisico: caratteristiche che oggi ogni buon dirigente, imprenditore o manager dovrebbe avere.
Per questo attraverso il Samurai Lab aiuto manager e imprenditori a valorizzare, mediante l’utilizzo delle tecniche di addestramento dei samurai e del loro stile di vita, le capacità di adattamento, superamento dei momenti di crisi e il perseguimento di obiettivi strategici.
Quali sono i principi generali dell’ “arte della spada”?
La spada era considerata l’anima del samurai: quando questi moriva, la sua spada veniva sempre destinata ad un altro samurai proprio per perpetuarne le gesta. Il “Bushido”, il “sacro” codice d’onore, descriveva lo stile di vita che ogni samurai doveva seguire, qualunque fosse il rango o il ruolo sociale
Una particolare attenzione veniva dedicata alla forgiatura della spada, che era realizzata con una serie di particolari di leghe di acciaio sovrapposte. Il fabbro era ed è (esistono ancora alcuni maestri forgiatori in attività) una figura “religiosa” la cui vita, spesso solitaria e di preghiera, si riversava nell’estrema cura e dedizione rivolta alla creazione di ogni singola spada, strumento unico e irripetibile come l’anima del samurai che l’avrebbe usata.
Il Kenjutsu, l’arte della spada, addestrava il samurai ad essere flessibile e deciso, attento e distaccato, ma, soprattutto, micidiale nel percepire quell’unico momento di debolezza dell’avversario che gli avrebbe permesso di individuare anche un solo punto scoperto nell’armatura di pelle cotta intrecciata a lamine di cuoio.
Per ottenere questa sensibilità e prontezza, la formazione era continua, per affinare soprattutto le capacità psicologiche del samurai, perché era fondamentale saper anticipare le mosse dell’avversario e prevenirle con un unico colpo fatale.
In quali altri campi eccelleva il samurai?
I samurai erano prima di tutto militari e governanti, appartenevano alla classe più nobile del Giappone e venivano definiti i diretti servitori dell’imperatore (samurai significa infatti “colui che serve”). Erano grandi condottieri e strateghi, ma questo non gli impediva di essere una casta colta e dedita alle arti nel senso più ampio e più nobile del termine. Pittura, poesia ma anche calligrafia erano ambiti usuali nei quali i samurai eccellevano, oltre, naturalmente, alle arti marziali. Dedicavano molto tempo alla meditazione, alla pratica zen (ma abbiamo anche esempi di famosi samurai cristiani) e alla cura del corpo attraverso la ricerca della bellezza interiore ed esteriore. I loro abiti erano sempre molto ben curati come il loro aspetto che, pur non rinunciando alla marzialità, era sempre elegante nei gesti e ritualizzato nelle forme.
Per rappresentare la vita del samurai, si ricorre spesso all’immagine del fiore di ciliegio: perfetto nella sua forma, è tanto delicato quanto resistente, ma basta un colpo di vento deciso per farlo cadere. Bellezza e caducità della vita si alternano e si intrecciano nell’esistenza del samurai, pronto a compiere il proprio dovere con eleganza e riservatezza e a cedere la vita per gli ideali più alti.
Come è possibile imparare ad essere “flessibili” e a cambiare tattica?
Un’altra immagine molto ricorrente nelle arti marziali, per illustrare le caratteristiche del samurai, è il bambù, una pianta che cresce lentamente in modo poco appariscente ma che, una volta giunta alla maturità, ha uno sviluppo continuo e illimitato. La sua struttura estremamente flessibile, che si piega alle correnti e al vento, permette al bambù, al contrario di altri alberi, di non spezzarsi a causa delle intemperie.
Proprio per questa ragione, il samurai si allenava quotidianamente per rendere flessibile il suo corpo e il suo spirito. Nella pratica quotidiana, imparava tutte le varianti del combattimento, diventato meccanico nel rispondere ai colpi, ed era pronto a cambiare strategia in ogni momento. La sua profonda spiritualità gli permetteva di combattere senza pregiudizi e di non provare sentimenti negativi nei confronti dell’avversario.
Anche i manager, oggi, possono sviluppare un atteggiamento mentale flessibile per individuare, di volta in volta, la tattica migliore per conseguire il risultato desiderato. Valutare le difficoltà del momento, ponderare le diverse alternative, concentrare le energie nella “mossa” più opportuna, sono i primi passi da compiere.
Come si può migliorare l’abilità a cogliere i cambiamenti piccoli o grandi?
Nei lunghi e continui allenamenti, spesso ripetitivi e apparentemente poco dinamici, al giovane praticante di spada giapponese, ora come allora, viene insegnato l’amore per i dettagli. È questo che rende forma la sostanza e permette di perseguire con tenacia anche grandi risultati. Servono pazienza e determinazione e grande controllo di sé, sapendo che ogni errore può essere fatale. Per questo l’arte della spada non era (e non è) per tutti. Bisogna metter in conto ore di duro allenamento nel quale vincere le proprie paure, imparare il senso della determinazione e, soprattutto, notare i piccoli cambiamenti che avvengono in ogni singola situazione. Bisogna imparare ad avere una grande attenzione a cogliere tutti i segni interiori ed esteriori, perché questo servirà a percepire le variazioni di intensità durante lo scontro.
Imprenditori e manager dovrebbero imparare a concentrare la propria attenzione, in modo consapevole ed intenzionale, momento per momento (“qui ed ora”) su ciò che stanno vivendo. Esistono numerosi esercizi, di respirazione e di meditazione, che favoriscono uno stato di mindfulness, ossia una consapevolezza e un “allineamento” dei propri pensieri, delle proprie percezioni e delle proprie azioni.
Come riconoscere il “momento giusto” per agire?
Per sconfiggere un avversario, è importante riuscire a conoscerlo a fondo. Bisogna scoprire i suoi punti di forza e di debolezza e, soprattutto, saperli confrontare con i propri. Il samurai aveva sempre un grande rispetto per i suoi avversari, rispetto raggiunto anche attraverso la cosiddetta “mente vuota”, uno stato mentale dove tutti quei fattori caratteriali che possono oscurare o modificare l’obiettività venivano allontanati. Superare la rabbia, frenare l’impulsività, aspettare con pazienza erano le virtù vincenti che andavano coltivate. Anticipare le mosse dell’avversario era quanto di più prezioso potesse realizzare il samurai, ma è anche una dote importante per i manager.
Per raggiungere questo risultato, si insegnava il “senso del tempo”: ogni azione, per essere perfezionata, richiede tempo: “mente, corpo e spirito” devono muoversi in sincrono per realizzarla. La nostra definizione di “tempismo” rende in modo molto approssimativo cosa significasse per un samurai prendere decisioni vitali in una frazione di secondo.
Il tempo scandiva la precisione dei gesti, orientando il samurai ad agire solo dove necessario e in modo misurato e determinato. La forza del samurai era insita nel saper aspettare per agire, facendolo con determinazione, freddezza e distacco.
I manager che riescono a leggere la realtà da più punti di vista, che imparano a mettersi “empaticamente” nei panni dei clienti, dei fornitori, degli stakeholders, ecc., riescono a cogliere più facilmente (anche grazie al mindfulness) il kairòs, il momento più opportuno per agire.
Un giovane manager cosa può apprendere da tutto ciò?
Il Giappone medievale non è poi così diverso dall’attuale mercato mondiale, dove gli assetti non sono chiari e i risultati spesso discutibili. Credo sia molto utile imparare dai samurai, per esempio, a concentrarsi e perseguire con dedizione obiettivi, saper rinunciare, a volte, a se stessi per anteporvi il gruppo o l’ideale possono sembrare valori fuori moda o poco centrati. Ma è l’azione che rende l’uomo degno di compierla e fa in modo che il risultato resti per sempre. Lo scopo del samurai era quello di rendere immortale ogni azione, rendere ogni gesto un simbolo di perfezione destinato a durare in eterno, anche nella morte stessa, vista come un passaggio obbligato al quale rendere onore senza paura.
Per questo onestà, giustizia, cortesia, coraggio eroico, onore, spirito di compassione, sincerità e lealtà possono sembrare ideali d’altri tempi, ma basta stringere tra le mani una Katana (spada lunga) o un wakizashi (spada media) di un samurai per percepire una forza, una grande energia pronta a scattare.
Forse è proprio ciò di cui abbiamo bisogno nelle nostre imprese: condividere come gli antichi samurai questi valori e cercare di realizzarli, con determinazione. Loro, per oltre 5 secoli, ci sono riusciti in modo eccellente. E noi?
Note: Questo articolo è pubblicato su Ticonzero