L’uomo è assuefatto al bombardamento dei brand del lusso e del consumo, e ossessionato dal progresso tecnologico. Con atteggiamento superbo resta incurante delle conseguenze potenzialmente catastrofiche della sua ambizione, lasciandosi cullare dallo sfarzo delle ricchezze conquistate per autocompiacimento.
Arriverà un momento in cui la fantascienza diventerà storia e si dovranno fare i conti con una realtà da noi stessi plasmata in malo modo? Qualcuno prova già ad immaginarlo, e più che una catastrofe improvvisa prevede una lenta trasformazione della natura verso una sorta di ibrido tecnologico. Anche le griffes non risponderanno più all’esigenza di perfezione estetica, ma si prenderanno gioco dell’ingenuità umana trasformandosi in immagini anti-pubblicitarie.
Tutto ciò si può già vedere nei lavori dello street artist francese Ludo.
Trent’anni, originario di Parigi, si avvicina alla street art nel 2006, quando inizia ad invadere le strade del mondo con i suoi interventi, riappropiandosi di quegli spazi pubblici omologati da una comunicazione globalizzata e mortificante.
Quest’anno arriva in Italia e, oltre ai suoi interventi lungo le vie e le piazze della capitale (Vaticano, San Lorenzo, Casilina, San Giovanni), i suoi lavori sono visitabili attualmente alla galleria Wunderkammern di Roma (Nature’s Revenge, fino al 18 febbraio).
Cogliamo l’occasione per fargli qualche domanda.

Perchè l’idea di una campagna anti-pubblicitaria – Co Branding – e come hai selezionato i marchi pubblicitari “da colpire”?
Effettivamente non si tratta propriamente di una campagna contro qualche marchio, ma piuttosto un voler utilizzare gli stessi codici e le stesse ubicazioni. La mia polemica è rivolta verso quelle immagini talmente estetiche ed estetizzanti che arrivano ad essere comprensibili solo da un certo tipo di persone. In fin dei conti, solamente una minoranza è realmente attenta a queste particolari immagini; perché no? Tuttavia il nostro spazio pubblico viene invaso continuamente da queste visuali a volte violente, aggressive, a volte al limite del porno, senza darci alcuna scelta.
Riguardo le etichette italiane, niente di personale; ho preso i primi 100 brand italiani da internet e ho improvvisato una mia interpretazione.

C’è un collegamento tra l’iconografia dei tuoi Co-Branding e i marchi originali? Per esempio, la pistola con il marchio Fiat e il pugnale con l’Alessi?
Fondamentalmente no, perché lo scopo di questa serie collocata nelle pensiline degli autobus, è di estremizzare, utilizzando immagini che non hanno più nulla a che vedere con ciò che vende il marchio. Viceversa, è solo successivamente che si creano le relazioni: effettivamente il collegamento tra Alessi e il coltello è immediato. Le pistole e Fiat, si può immaginare… si vende lo stile di vita o il prodotto reale?

Come hai scelto i luoghi dei tuoi interventi romani?
Obiettivi diversi. In primo luogo trovare location adatte ai miei interventi come il Vaticano per “Idam et Eve”. Poi l’idea di spaziare al massimo tra i vari quartieri di Roma. E perché no, qualche scorcio da cartolina, magari con il Colosseo come sfondo…

Come mai il verde domina in tutti i tuoi lavori? Ha una funzione simbolica?
Ho iniziato utilizzando solo il bianco e nero, che poi è evoluto verso il colore verde. Nessun motivo particolare per questa scelta; mi piace giocare con questo colore piuttosto appariscente.
Ma mi sto rendendo conto man a mano che si tratta di un colore difficile, che nelle arti è spesso simbolo di sfortuna… cosa che non mi dispiace affatto, direi piuttosto il contrario. Il verde gocciolante sul muro mi ricorda il verde “melma” dei fantasmi di Ghostbuster.
Mi piace avere il “mio verde personale”, come il blu di Yves Klein, risultato di un miscuglio di differenti tonalità di verdi esistenti.

Con Nature’s Revenge immagini una ipotetica vendetta della natura contro l’uomo e la sua ossessione per il progresso tecnologico. Quindi secondo te, la street art può fungere da monito alla popolazione, come le grandi tele dei secoli passati?
Per me la street art è interessante solo se trasmette un messaggio o una critica. Il mio obiettivo non è quello di trasmettere la “buona parola”, ma semplicemente parlare di questioni che mi riguardano.
La natura che interpreto è la base del mio lavoro: è incredibile come l’uomo non abbia mai veramente pensato a contenerla, e questa si è trasformata nell’elemento che in una frazione di secondo può causare migliaia di morti.

Dal tuo punto di vista, a che livello è la steet art italiana rispetto al panorama internazionale? C’è molta differenza tra la scena italiana e quella francese?
Penso che non ci sia molta differenza tra i due paesi, sono molto vicini. Ma credo onestamente di non essere nemmeno la persona giusta alla quale chiedere cosa accade nei paesi accanto.

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