Venerdì 24 febbraio al MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI Secolo di Roma, l’Associazione Civita presenta il suo nono Rapporto, dal titolo CITYMORPHOSIS Politiche culturali per città che cambiano, alla presenza di Gianni Letta e Bernabò Bocca, rispettivamente Presidente Onorario e Vice Presidente dell’Associazione Civita.
Curato da Marco Cammelli, Professore di Diritto amministrativo presso l’Università di Bologna e Presidente della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, e Pietro A. Valentino, Docente di Economia Urbana presso l’Università di Roma “La Sapienza” ed edito da Giunti Editore, il volume prende in esame il rapporto tra città e Cultura, un tema strategico per la definizione di politiche innovative per uscire dalla crisi del mondo Occidentale. Nel corso della stessa giornata ci sarò anche un confronto tra i Sindaci Gianni Alemanno, Vincenzo De Luca, Matteo Renzi.

Nel vivo ricordo di Gianfranco Imperatori, il banchiere prestato alla cultura e anima di Civita, si affronterà il tema delle grandi trasformazioni seguite all’affermarsi della globalizzazione e dell’economia della conoscenza che richiede un necessario ripensamento nel modo di concepire e guidare le città, reali centri propulsori e diffusori dello sviluppo regionale e nazionale.
Una definizione delle politiche culturali, appare oggi quanto mai centrale nelle linee di governo più innovative che un’amministrazione, sia a livello centrale che comunale, voglia mettere in atto: è questo quanto sostenuto dal Rapporto Civita – realizzato grazie al contributo di AXA Art e Fondazione di Venezia – che, attraverso il contributo di esperti e al confronto con analoghe realtà europee, raccoglie alcune riflessioni strategiche per comprendere le principali condizioni e dinamiche da porre alla base di politiche culturali di successo, capaci di produrre effetti concreti in termini di benessere, integrazione e crescita per il tessuto sociale ed economico locale.

La ricerca condotta dal Centro Studi “G. Imperatori” dell’Associazione Civita è partita da quattro possibili macro-aree di sviluppo per le politiche culturali urbane: la valorizzazione integrata del patrimonio culturale, le mostre, i festival e il sistema dell’arte contemporanea, aree che rappresentano l’elemento centrale dell’industria culturale e, di conseguenza, dell’industria creativa, che si interseca fortemente con i settori direttamente produttivi.
La Città produce Cultura, e la Cultura diviene, così, un elemento-chiave, per lo sviluppo della città perché crea identità e rendite di posizione che la proteggono dalla competitività.
“Questa – come afferma il Vice Presidente Bocca – è la vera occasione per permettere alla Cultura di dimostrare, nel concreto il proprio potenziale. Basta pensare al turismo culturale che, nel nostro Paese, ha retto all’impatto della crisi economica mondiale meglio degli altri compatti produttivi grazie alle forme di integrazione con ambiti complementari delle politiche urbane da un lato e, dall’altro, grazie all’offerta di iniziative a livello locale nonché alla straordinaria grandezza del nostro patrimonio artistico-culturale”.

Infatti, se fino a diversi anni fa l’Italia occupava una posizione leader assoluta nel turismo culturale, negli ultimi tempi si stanno perdendo notevoli posizioni e punti PIL in maniera precipitosa e preoccupante. La competitività sul mercato di destinazioni più originali con un marketing territoriale moderno ed efficace, ha evidenziato una rilevante mancanza di managerialità nella gestione dei territori, malgrado le nostre universali ricchezze.

A livello europeo, città come Londra, Parigi ed in particolare Berlino – nuovo punto di riferimento dell’industria culturale europea – rappresentano, in termini di attività politiche, risultati raggiunti, infrastrutture ecc., un traguardo difficilmente raggiungibile nell’immediato.

Per accorciare tali distanze, le nostre città dovranno mettere in atto politiche culturali efficaci che tengano conto di alcuni elementi suggeriti dal Rapporto:

– Definire sistemi di governance e relativi strumenti attuativi fortemente connessi con l’eredità politica delle città e del loro territorio. Grazie ad un adeguato piano strategico-culturale, le città (come nel caso di Bilbao, Barcellona e Lione) sono in grado di creare sinergie ed elementi di complementarietà indispensabili per il loro sviluppo.
– Pensare alle politiche culturali come parte integrante di una strategia complessiva in grado di creare reti urbane materiali e immateriali grazie ad una forte coesione interna, frutto di un lavoro congiunto tra Società e Istituzioni, pronte ad abbracciare la stessa sfida.
– Garantire una corretta definizione del rapporto Stato-Città in un’ottica di cooperazione, anche a livello territoriale.
– Migliorare il rapporto pubblico-privato, attraverso una semplificazione delle procedure amministrative e fiscali, e l’opportunità di ritorni in termini di immagine e visibilità per le imprese che intendono investire in Cultura.

Basti pensare al Sindaco di Montpellier, Hèlen Mandroux,  che ha valorizzato dei piccoli tesori culturali urbani,  generando turismo e posti di lavoro, diventando il volano dell’economia del territorio. Lì la crisi economica non ha fatto ridurre gli investimenti, anzi, gli amministratori li hanno aumentati di parecchio. Il museo, che otto anni fa era chiuso, dal 2007 ha quadruplicato gli spazi, ha aggiunto un auditorium, una libreria, laboratori didattici. Risultato: una media di visitatori di oltre 750 mila l’anno. Per ogni euro investito c’è stato un ritorno di 19 euro nell’economia regionale
L’Italia ha 45 siti considerati dall’Unesco patrimonio universale dell’umanità, realtà che devono diventare fruibili per tutti e la cui tutela e valorizzazione dovrebbe passare soprattutto attraverso le istituzioni. Non è solo un problema di risorse ma di capacita’ ; il che dimostra come il tema vero sia in realtà la poco manageriale gestione delle risorse a disposizione. Occorre dunque un neo mecenatismo. E un nuovo Rinascimento delle Politiche culturali.
Ecco perché si concorda con Carandini quando afferma “non è venuto il momento di studiare il contributo dei privati alla gestione del patrimonio pubblico immobile al fine utilizzarlo per conservarlo e comunicarlo?”
Cultura, dunque, bene comune e motore di sviluppo. Anche in tempi di crisi. Soprattutto in tempi di crisi.