La storia è piena di ri-conversioni: c’è quella di S. Paolo lungo la via di Damasco e c’è quella della Coca Cola, da rimedio contro il mal di testa a bevanda rinfrescante nota in tutto il mondo. Quali sono le condizioni che rendono possibile o necessario il rinnovamento? 
Sicuramente si tratta di una concomitanza di fattori “interni”, come il genio umano, la volontà di spingersi oltre e migliorare le proprie condizioni di vita, e fattori esterni, come l’economia, la disponibilità di materie prime, la società e l’emergere di nuove e più urgenti esigenze.  Uno dei paradigmi di sviluppo della città del XXI secolo è, secondo gli esperti, la via della sostenibilità, dell’eco-compatibilità, con un occhio sempre più attento al risparmio energetico e all’impatto zero sull’ambiente.
Questo ha portato a delle riconversioni, anche di notevoli dimensioni: ne abbiamo un esempio pionieristico a Kalkar (Germania) dove una centrale nucleare, grazie alla geniale trovata di un imprenditore olandese, è stata trasformata alla fine del secolo scorso in Wunderland, parco giochi per bambini che è  visitato da migliaia di turisti l’anno, creando un notevole indotto economico sul territorio.

Ora è la volta di Torino, dove a partire da marzo le vecchie cabine telefoniche verranno riconvertite in gate elettronici. Si tratta di piattaforme tecnologiche multifunzione, coperte da pannelli fotovoltaici e dotati di schermi con i quali i torinesi potranno collegarsi ad internet, leggere giornali in formato digitale, mandare mail; tutto ciò facendo rifornimento elettrico al proprio mezzo di locomozione, auto, moto, bici che sia, purché abbiano le batterie. L’idea è venuta ad un’impresa del territorio, la Ubi Connected, subito supportata nell’iniziativa da Telecom, che non più tardi di agosto aveva dato il via allo sradicamento delle vecchie cabine con un ritmo di 30 mila all’anno. Sembra che invece rendano ancora: si parla di un guadagno di circa 10 mila euro in monetine per una cabina collocata in una grande città.
L’intento del progetto è quello di fornire un servizio capillare per il nascente sistema di mobilità elettrica, incoraggiando una riconversione eco del car and bike sharing con interventi a costi contenuti su strutture esistenti e con un recupero veloce degli investimenti grazie alla vendita di spazi pubblicitari, che andranno “In onda” sugli schermi. Si creerà così una rete high-tech, un sistema nervoso intelligente, attraversato da un flusso continuo di informazioni, energia e persone. Inoltre grazie ad un sistema di telecamere di videosorveglianza, le cabine del futuro garantiranno la sicurezza degli utenti e contribuiranno al controllo del territorio.

Tutto questo si inserisce in una ben più ambiziosa visione del capoluogo piemontese, che intende ridurre entro il 2020 le emissioni di CO2 del 40% rispetto al 1991, per una quantità annua pari a 1,5 milioni di tonnellate. La città, con un Piano di Azione per l’energia sostenibile presentato a Bruxelles nel dicembre 2011, ha iniziato la lunga trasformazione per diventare una delle smart cities europee, seguendo l’esempio, in Italia, di Genova, che da anni lavora su progetti di questo tipo con partner del calibro di Marsiglia e Amburgo e che si è aggiudicata tutti e tre i primi bandi europei per città intelligenti portandosi a casa un totale di 6 milioni di euro, lasciando Torino a bocca asciutta. Ma niente paura: per finanziare il futuro eco della città sono entrati da fondi comunitari circa 9 milioni di euro per la distribuzione urbana di merci su auto elettriche e per imprese start-up nell’ambito della green economy. È stato stimato che i risultati economici del Piano permetteranno a Torino un risparmio di ben 800 milioni annui. Questa è la via giusta da percorrere: in un periodo di crisi nera come questo, l’Europa sta cercando di affacciarsi ad un futuro più green, con soluzioni ecosostenibili, che limitino lo spreco di risorse e che contemporaneamente creino ricchezza attraverso il risparmio. Insomma la tattica di prendere due piccioni con una fava funziona ancora.