In tempi segnati da crolli fisici, ai danni dei grandi reperti della storia antica, e morali verso quei doveri che ogni società dovrebbe assumersi nei confronti della propria memoria e della propria identità, in tempi che volgono alla composizione di Manifesti della cultura per la rinascita, la conservazione e la diffusione del patrimonio culturale nel nostro Paese, vi sono iniziative culturali che sembrano non curarsi di tanta incuria verso il nostro patrimonio archeologico e culturale.
Che sia già iniziata la rivoluzione copernicana nell’economia della cultura si saprà a breve, misurando dati oggettivi di audience e statistiche relative alla “consumazione” dell’arte e alla possibilità di investire in cultura. 
Lo sapevano bene i popoli antichi che fondavano i loro commerci sulle produzioni artigianali, sulla raffinatezza dei manufatti che altro non sono che i prodotti della loro arte, il frutto della loro saggezza e del loro estro, l’essenza della loro cultura. La cultura ha sin dall’antichità solcato i mari della Terra attraverso commerci marittimi, scambi e libri contabil; la stessa scrittura nasce da un’esigenza di mercato.
Conquista ed assimilazione oggi interessano la mostra degli “Etruschi in Europa” che l’Associazione Historia, il cui presidente, Alessandro Maria Barelli, ha ideato ed organizzato in un viaggio itinerante che partito dal Belgio è da poco approdato in Svezia nel Medelhavs Museet di Stoccolma e che continuerà poi a Madrid e a Parigi portando nei Musei più prestigiosi d’Europa la civiltà etrusca, “chiave di volta” di una grande civiltà mediterranea che ha raccolto influenze orientali e settentrionali del vecchio continente e del mondo, dando luogo ad una cultura originalissima che ha segnato la storia dei popoli e della civiltà italica, nel segno di società per certi versi egualitarie e ricche di sapienza architettonica, di prestigio economico e di culto.

Questa esperienza di trasbordo di un’intera esposizione in 3D delle necropoli etrusche, visitabili in una parte di mondo impensabile per gli Etruschi antichi, attraverso appositi occhiali é una mostra sapientemente organizzata e dotata di una massiccia divulgazione mediatica, troppo spesso assente per le tematiche d’arte e archeologia, è l’esempio tangibile di come la cultura possa divenire volano per l’economia di un Paese. Non è stato trascurato il progetto da ben quattro sovraintendenze per i Beni Archeologici : Toscana, Umbria, Emilia ed Etruria Meridionale, da due Regioni: Umbria e Toscana, dalla città di Tarquinia Unesco e da ventidue Musei italiani che hanno aderito all’iniziativa e sono “approdati” a Stoccolma per portare la storia, la tradizione gastronomica Dop, l’idioma e la cultura italiana, creando una sorta di “turismo da esportazione”, un turismo che va e potenzialmente ritorna, un circolo virtuoso che è già un gene di cultura che si trapianta lasciando un segno.
E non serve avere per governante un archeologo, come nel caso del re Gustavo Adolfo VI di Svezia, che ha donato la sua raccolta di cento reperti al Museo  Nazionale del Mediterraneo di Stoccolma come segno di grande civiltà verso un bene comune che è la storia e in ricordo dei suoi personali scavi etruschi nella città di Viterbo tra il 1960 e il 1970, ma è anche il gesto di una tradizione che deve collocarsi nella conservazione della memoria comune per preservare l’identità di tutti, dell’intera umanità.
La cultura segna “cardo e decumano”, solchi fondanti di una “zona franca”, nucleo propulsivo di un innovativo percorso e una nuova sintesi conoscitiva che si basa su un Rinascimento ed insieme un Illuminismo nei confronti dell’arte e della tecnica per lo sviluppo e l’occupazione. Lasciamo che su questi assi si sviluppino le mappe di una grande evoluzione culturale che sappia legare il passato al presente del mondo e al futuro dell’umanità, utilizzando le nuove tecnologie e le nuove risorse per rendere fruibile il passato e costruire le basi del futuro.

L’articolo è stato redatto in collaborazione con Marianna Scibetta