E’ di 2 giorni fa la notizia dell’intenzione, da parte del ministro Corrado Passera, di chiudere Arcus spa, la società per azioni finanziata dal Ministero delle Infrastrutture e adibita alla salvaguardia dei beni culturali.
I motivi di tale soluzione risponderebbero a ragioni di risparmio e razionalizzazione, oltre che alla perdita di credibilità dell’azienda dopo le vicende legate anche al restauro di uno dei palazzi di Propaganda Fide.

Per vederci chiaro, abbiamo intervistato Ettore Pietrabissa, direttore generale di Arcus.

Dott. Pietrabissa, c’è chi parla di una chiusura, chi di una semplice riorganizzazione di Arcus spa. Cosa ne sarà dell’azienda e cosa le hanno comunicato ad oggi?
La prospettiva che si palesa in questo momento è quella di una messa in liquidazione dell’azienda, anche se per ora non ci è stata data alcuna comunicazione ufficiale. Considerando i ministri concluso il ciclo vitale dell’azienda, i 15 attuali dipendenti di Arcus dovrebbero essere quindi trasferiti e riassorbiti nei dicasteri di riferimento.

E tutti i progetti portati avanti da Arcus? Verranno abbandonati?
I progetti ovviamente dovranno essere portati a termine: nonostante la messa in liquidazione, la struttura operativa della società dovrebbe rimanere comunque attiva, con la differenza sostanziale che non ci saranno nuovi fondi in entrata ma si procederà fino all’esaurimento di quelli già stanziati.

Per quale motivo crede che il ministro abbia manifestato questa intenzione? Arcus è improvvisamente diventata un costo inutile?
Arcus non è diventata inutile, e non lo potrà mai essere in un paese come l’Italia. Quello che difficilmente mi spiego è l’ottica di razionalizzazione dei costi di cui si parla, poiché Arcus è una società che presenterà lunedì il suo bilancio 2011 e che, per l’anno in questione, ha prodotto un utile operativo di oltre 2 milioni e mezzo di euro.
I costi di gestione dell’azienda, come stipendi, affitti ecc.., vengono coperti attraverso le nostre commissioni professionali, non gravando sui fondi pubblici.
Gli utili, invece, vengono così suddivisi: una parte per il pagamento delle tasse, una parte ai dividendi al Tesoro, una parte al rafforzamento del capitale che, partito da un netto di 8 milioni di euro, ad oggi è diventato di oltre 16 milioni.
Quindi, non solo non abbiamo intaccato questo patrimonio aziendale, ma lo abbiamo accumulato anno per anno, addirittura raddoppiandolo. Il rimanente di questo utile, infine, viene reinvestito nella tutela dei beni culturali italiani. Possiamo tranquillamente affermare, dunque, che Arcus è una società che ha reinvestito “il 101%” dei fondi ricevuti e per questo motivo non dovrebbe rappresentare un costo da razionalizzare.

In realtà i problemi cominciano a partire da alcuni impieghi, a detta di molti “clientelari” che Arcus ha intrattenuto nel corso del tempo. Si fa riferimento in particolare alla ormai celebre vicenda della ristrutturazione del palazzo di Propaganda Fide, progetto servito più al ministro Lunardi per ottenere a prezzo scontato altri appartamenti che non alla popolazione italiana…
Sulla questione c’è un discorso molto complesso da portare avanti: inizialmente ci era stato contestato il fatto di aver finanziato un progetto già in corso, procedura assolutamente legittima visto che, secondo anche il parere rilasciato dall’Avvocatura Generale dello Stato, non è scritto da nessuna parte che Arcus non possa finanziare dei progetti già avviati.
Anzi, gran parte dei fondi stanziati in questi anni hanno seguito questa procedura visto che i progetti vengono richiesti a gennaio/febbraio ma poi i decreti di indirizzo arrivano oltre 10 mesi più tardi. Molte falsità sono quindi circolate sulla questione senza che mai nulla venisse rettificato. Ci sono cose che non vanno in Arcus, mi creda, non voglio sostenere la perfezione dell’azienda, ma la vicenda del restauro del palazzo di Propaganda Fide è stata resa un capro espiatorio insensato.

Scalpore ha suscitato il fatto che la dott.ssa Nannelli, direttrice dei lavori di quel progetto fosse affittuaria, assieme a suo marito Luciano Marchetti (ex direttore regionale beni culturali Lazio, ndr) di un appartamento di proprietà di Propaganda Fide…
Sono contento di questa domanda perché la dott.ssa Francesca Nannelli è stata “messa in croce” in maniera indecente da questa vicenda: innanzitutto lei non è mai stata direttrice dei lavori, tantomeno di quelli di Propaganda Fide. Per Arcus lei ha semplicemente seguito l’avanzamento dei lavori.
Tornando alla vicenda: Francesca Nannelli è laureata in storia dell’arte ed è una persona che ha lavorato per tanti anni alla Soprintendenza di Firenze. Diversi anni fa, suo marito Luciano Marchetti, ex direttore regionale dei beni culturali a Firenze, è stato trasferito a Roma con l’incarico di direttore regionale per i beni culturali della Regione Lazio.
Era il 2003, quindi molti anni prima della vicenda legata ad Arcus, quando suo marito, cercando un appartamento a Roma, trovò la casa in centro in cui abitano tutt’oggi, di proprietà appunto di Propaganda Fide e per cui pagano un affitto, verificabile, di mercato per 100 mq. Una cosa che non stupisce visto che Propaganda Fide possiede migliaia di appartamenti nei palazzi storici di Roma. Pensare ad un possibile coinvolgimento della Nannelli in questioni, a detta di alcuni, poco trasparenti con cardinali ed altre personalità ecclesiastiche solo perché affittuaria di un appartamento, mi sembra sinceramente eccessivo.

Sulla vicenda, però, molte trasmissioni televisive hanno testimoniato che vi sono stati dei ritardi, monitorati dal fatto che fino a all’anno scorso  il museo era inaccessibile…
Queste trasmissioni sono state ispirate da qualcuno con intenti “non proprio nobili”, diciamo, tanto che sono stati sottratti e contraffatti dei documenti dal mio ufficio. Come è stato dimostrato anche dalla magistratura, la data finale dei lavori era stata fissata al 31 ottobre del 2010. I servizi televisivi sono stati girati invece a marzo del 2010. Sono state tutte queste falsità, mi creda, a rovinare l’immagine di Arcus. Per la cronaca, a metà ottobre i lavori al palazzo sono stati conclusi e, ad inizio novembre 2010 il museo era già aperto al pubblico.

Anche se a questo punto la domanda le sembrerà ingenua, mi chiedo: come spiega quindi questo “accanimento”? Possibile che tutti ce l’abbiano con Arcus nonostante la sua integrità? Non le sembra un po’ strano?
Arcus riceve i programmi di intervento dai ministeri e può essere capitato che nei decreti di intervento siano cadute alcune cose non proprio “splendide”, diciamo. Il problema è che noi, in quella fase, non possiamo accorgercene.

Ma, essendo lei un membro dell’organismo di Vigilanza di Arcus, non dovrebbe intervenire qualora sussistano delle motivazioni non chiare alla base del progetto?
Se quando si procede con le istruttorie per i finanziamenti compaiono delle problematiche, noi le portiamo alla luce, tanto che non è affatto raro che emergano delle obiezioni sottoposte ai ministri.
Riguardo Propaganda Fide il punto vero è che, a prescindere dalle motivazioni alla base, il progetto è, e resta, uno degli investimenti più importanti che Arcus abbia mai portato avanti: si è trattato di contribuire ad aprire a Roma un nuovo museo a beneficio del turismo culturale, di aprire cioè al pubblico uno dei palazzi più importanti del barocco romano, in cui hanno lavorato contemporaneamente il Bernini e il Borromini.

Sono quindi degli interessi politici che stanno portando alla chiusura di Arcus?
Fondamentalmente la ragione politica di tutto ciò è che si è sedimentata nel vissuto di tutti la convinzione che Arcus sia stata lo strumento per maneggi politici non puliti: qualcosa di vero c’è, ma è molto più modesto di quello che si favoleggia.

Però, “qualcosa di vero c’è”…
Sicuramente ci sono nel nostro portafoglio degli interventi “discutibili”, forse frutto di qualche compromesso: le motivazioni per cui un intervento viene messo in un decreto d’indirizzo non è comunque una cosa che riguarda Arcus.
Le indagini di Perugia sull’ex ministro Lunardi e sul cardinal Sepe, infatti, non ci hanno minimamente sfiorato perché, ammesso e non concesso che, come compare sui media, il ministro abbia fatto un patto con Sepe per farsi scontare un acquisto in cambio di un intervento a carico di Arcus su Propaganda Fide, attiene ad un evento antecedente il decreto di cui noi non abbiamo cognizione. Io vedo un decreto che arriva dai ministri, registrato peraltro dalla Corte dei Conti che certifica la validità degli interventi, recepisco gli interventi e li eseguo, senza potermi chiedere quali motivazioni vi siano dietro…

Lei che cosa farà se dovessero veramente chiudere Arcus?
Resterò in azienda finché ci saranno progetti da gestire e poi, non lo so: ho cambiato tante volte mestiere in vita mia e non mi spaventerebbe cambiarne un altro…