Il 15 febbraio si è spento il sogno delle Olimpiadi a Roma. In questa data, infatti, dovevano essere concretizzate le domande di partecipazione al Comitato Internazionale, ma l’Italia non ha mai formalizzato la candidatura. Perché se da una parte Comune di Roma e Regione Lazio si sono prodigate a favore della realizzazione del grande evento che avrebbe concentrato sulla Capitale non solo l’attenzione internazionale ma anche una pioggia di finanziamenti per la costruzione di infrastrutture ed impianti sportivi, dall’altra il Governo dei tecnici sin dal suo insediamento si è pronunciato a sfavore dell’iniziativa manifestando le sue perplessità. Già prima dell’incontro con il primo ministro inglese David Cameron, che ha messo in guardia dal rischio di non rispettare il contenimento dei costi, il premier italiano Mario Monti i suoi conti li aveva iniziati a fare e non c’è voluto molto tempo per capire che questi non sarebbero mai tornati.

In sostanza, con un elevato debito pubblico, l’Italia non avrebbe mai potuto coprire le spese totali che il grande evento avrebbe comportato. A maggior ragione se teniamo presente che gli importi preventivati in realtà poi non vengono mai rispettati. Secondo la relazione economica di Marco Fortis, membro del comitato promotore istituito ad hoc per l’occasione dal Coni e dal Comune di Roma l’intero volume di spesa messo in bilancio era di 8.2 miliardi di euro: una parte di questo introito, 3.5 miliardi sarebbero derivati dai proventi del Cio ( Comitato Olimpico Internazionale) e dai diritti degli sponsor internazionali e locali, tv, lotterie. I restanti 4,7 miliardi sarebbero stati garantiti dallo Stato, il che equivale a spesa pubblica. E questo tenuto conto solo della valutazione di spesa che difficilmente sarebbe stata rispettata. A fronte di una sfiducia nella puntualità e precisione italiana, il governo tecnico ha deciso di infrangere un sogno troppo costoso che ad oggi non possiamo permetterci.

 

Eppure anche senza concretizzarsi materialmente, le Olimpiadi sono già risultate un “costo”. Il budget stimato per la comunicazione – e quindi soldi da anticipare- era fissato sui 42 milioni di euro e doveva essere finanziato con soldi pubblici, nello specifico dal Comune di Roma, Provincia e Regione Lazio.
Se questo pericolo sembra scampato in realtà dei soldi effettivi almeno la regione Lazio li ha già sborsati. Si tratta dei fondi che servono a mantenere in piedi la Commissione speciale per i Giochi Olimpici 2020, istituita nel febbraio 2011: l’organismo presieduto dal pidiellino Romolo Del Balzo annovera al suo interno il vice presidente Francesco Carducci (UDC), Mario Brozzi (lista Polverini), Alessandro Vicari (lista Polverini), Angelo Bonelli (Verdi), Mario Mei (Api) e l’assistenza di una macchina blu e di un ufficio di segreteria. Dal giorno del suo insediamento si è riunito solo tre volte, tuttavia il costo medio all’anno è di 200 mila euro (gli oneri standard delle commissioni). Ad un mese dall’uscita ufficiale di Roma dalla corsa per le Olimpiadi questo organismo è ancora attivo: essendo stato designato attraverso una legge regionale infatti per essere destituito deve seguire esattamente lo stesso iter, come ha sostenuto il presidente del Consiglio regionale della regione, Mario Abruzzese. Tuttavia la discussione di questa legge regionale non è ancora stata messa all’ordine del giorno, come ci conferma Rocco Berardo, consigliere regionale dei Radicali, che sta seguendo la faccenda. E, infatti, all’interno del sito della regione Lazio la commissione risulta ancora esistente e, nonostante le dichiarate dimissioni del presidente e del vice presidente, nel sito i loro nomi figurano ancora.

 

Un altro sito ancora attivo è quello della rosa di imprenditori e politici che costituiscono quello che viene rinominato il Comitato Promotore per le Olimpiadi 2020. Scorrendo l’elenco dei diciassette componenti troviamo non solo quello del presidente onorario Gianni Letta e il presidente operativo Mario Pescante (ex segretario generale del Coni), ma ad occupare quella che viene definita una carica onoraria figurano come direttore generale Ernesto Albanese (amministratore delegato di Atahotels) e il sindaco di Roma Gianni Alemanno insieme con il presidente del Coni Gianni Petrucci in qualità di vicepresidenti; e ancora Luigi Abete, Luca Cordelo di Montezemolo, Azzurra Caltagirone, Diego della Valle, Marco Fortis (presidente del Comitato compatibilità e programmazione economica), John Elkan, Giovanni Malagò (già presidente per l’organizzazione dei mondiali di nuoto del 2009), Emma Marcegaglia, Cesare Geronzi.

 

Per tre anni il finanziamento previsto per i lavori del Comitato promotore era fissato a tre milioni di euro. Di questi, al fine di coprire il primo anno di operatività, (il Comitato è stato istituito nel luglio 2011) i componenti hanno ricevuto finanziamenti per un milione di euro, 500 mila stanziati dal Coni e 500 mila del Campidoglio. In una nota presente sul sito del Coni risulta però che alla data del 12 aprile 2011 lo stanziamento totale sotto forma di beni, servizi, prestazioni, risorse umane da parte del Coni era fissato ad un milione di euro. Quanti di questi fossero cash non è specificato, né è pubblico il documento che attesta come questi soldi siano stati ripartiti. Da quanto dichiarato dall’ufficio stampa del Coni, questi fondi sono stati spesi per la presentazione della domanda al comitato internazionale, mentre una parte è servita a finanziare le retribuzioni delle uniche sei persone che all’interno del comitato venivano stipendiate (una tra queste è il direttore generale Ernesto Albanese) e le loro trasferte presso il comitato olimpico internazionale. Non da ultimo tra le spese c’è stata la preparazione del dossier da presentare al comitato internazionale, che a causa della prematura bocciatura non è mai arrivato a destinazione.

 

L’unico documento che è stato redatto in questi sette mesi è stata l’indagine di previsione economica presentata lo scorso febbraio dalla commissione Fortis, volta a presentare gli investimenti preventivati e l’impatto economico dei Giochi sul Pil nazionale. La commissione, composta da Pierpaolo Benigno, Giulio Napolitano, Fabio Pammolli, Giuseppe Pisauro e Lanfranco Senn, con il coordinamento di Franco Carraro, e presieduta da Marco Fortis, membro a sua volta del Comitato promotore, si è occupata della redazione del documento a titolo gratuito. La realizzazione vera e propria è stata portata avanti, infatti, dalla società di consulenza finanziaria Prometeia e il compenso di questa redazione è stato pagato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che aveva fortemente richiesto la relazione. Dopo lo stop definitivo di Monti, in ogni caso, le uniche sei persone stipendiate sono state licenziate. Tuttavia a distanza di un mese dalla bocciatura della candidatura di Roma alle Olimpiadi il sito del comitato è ancora attivo. Per quanto attiene le procedure amministrative per lo scioglimento la società è stata messa in liquidazione.

 

Non sono ancora chiare, invece, le modalità con cui sono stati spesi i fondi messi a disposizione da parte del Campidoglio e, nonostante la redazione di Tafter abbia più volte cercato di mettersi in contatto con il Dipartimento dello sport,   stiamo aspettando una risposta. L’unica informazione certa è che il Comune ha attinto personale per il comitato dalla società RpR (Risorse per Roma).
Queste dunque erano le premesse per la gloria olimpica ancor prima che il progetto vedesse la luce, venissero avviate le procedure per la campagna di comunicazione e finanziati gli appalti. Ad un mese dalla bocciatura c’è da chiedersi forse quanto ci costerà ancora il sogno olimpico ormai infranto.