Di fronte a un mondo che corre sempre di più verso il progresso e la tecnologia, l’unico modo per salvarsi è quello di tornare alla natura, conoscendone i suoi aspetti principali, e inseguendo l’innovazione sulla base dei principi di Madre Natura, un po’ come faceva Leonardo da Vinci molti secoli fa. È questo l’insegnamento che si può ricavare dalla nuova personale di Daniela Di Maro, giovane artista napoletana da sempre impegnata nei settori artistici delle installazioni interattive e della videoarte, la cui notorietà è stata enfatizzata dalla presenza di alcune sue opere all’interno dell’importante Videoart Yearbook, l’annuario della Videoarte italiana curato da uno dei massimi studiosi della disciplina, Renato Barilli.

La personale, organizzata negli spazi della galleria napoletana Dino Morra Arte Contemporanea e aperta fino al 12 Aprile, mostra già dal titolo, Cuprum, l’intenzione di lanciare un messaggio particolare, a metà tra il rispetto della natura e la ricerca del progresso tecnologico.

Il rame, infatti, è non solo l’elemento principale (presente in natura) dell’omonima installazione che apre la mostra, ma anche l’espressione più evidente di quel connubio tra natura e tecnica che arriva ad essere il motivo fondante della ricerca della giovane artista.
L’opera è costituita da cinque fogli sui quali è stata ricamata, con un sottile filo di rame e la tecnica dell’ordito, la figura di cinque piante, che hanno una particolarità: in natura sono estremamente velenose, talvolta anche solo al tatto, ma nell’omeopatia vengono utilizzate per curare alcune malattie. Pur essendo apparentemente innocue, quelle piante possono salvarci o rovinarci la vita, a seconda del loro utilizzo. Tuttavia, il cuore dell’opera è costituito dal rame: infatti, la sottile lamina utilizzata per disegnare le figure delle piante collega un pannello fotosensibile con delle resistenze, nella parte bassa del foglio, a un piccolo altoparlante nella parte superiore.
L’effetto della luce e della presenza/assenza in sala di spettatori, unito al lavoro puramente elettronico svolto dalle resistenze e al ruolo da conduttore termico del rame, fa sì che ognuno dei cinque altoparlanti produca un suono naturale diverso, dal frinire delle cicale ai grilli.
L’effetto di spaesamento
è completo e, a piena luce, sembra quasi di essere immersi in un folto bosco dalle mille insidie. L’interazione e la vicinanza degli spettatori all’opera contribuiscono ad arricchirne il senso, delicata, pregna di significati e realizzata grazie al prezioso contributo dei ragazzi del Laboratorio Creativo Geppetto di Milano.

La ricerca stilistica di Daniela Di Maro prosegue, poi, con altre due opere: Filo Conduttore, costituita da tre placchette di plastica trasparente, con il disegno “invisibile” di ragnatele, ottenute attraverso l’antica arte incisoria della puntasecca, appoggiate alla parete e illuminate dall’alto, in modo tale da proiettare, sulla parete, l’ombra delle stesse ragnatele e dando l’illusione che queste siano disegnate direttamente sul muro. L’opera che completa il percorso è data dal video Aracnometrica, in cui il gesto del tessere la tela da parte di un ragno viene rielaborato visivamente in chiave poetica, mettendo in risalto quanto quel lavoro sia condotto in modo certosino e preciso da un essere vivente così piccolo e, all’apparenza, insignificante. Il messaggio lanciato dall’artista verte proprio su quest’ultimo punto: spesso distruggiamo in un secondo un qualcosa che è stato creato con ore di fatica e che, per quel piccolo essere, costituisce tutta la sua esistenza, perché dalla tela il ragno trae il suo nutrimento.

La poetica messa in mostra all’interno della personale risulta essere estremamente sensibile nei confronti della natura e del mondo occidentale più spinto al progresso tecnologico, che spesso dimentica anche le basi più semplici delle regole naturali. Con le sue opere, Daniela Di Maro, che tornerà presto a Napoli per presentare la sua opera Anastatica sensibile (vincitrice della prima edizione del concorso “Un’Opera per il Castello”), intende evidenziare la ricerca di un equilibrio, nel mondo in cui viviamo, tra natura e progresso tecnologico, resa difficile dalla scarsa consapevolezza degli uomini occidentali dei rischi e delle potenzialità della natura.