A tre anni dal terremoto che ha colpito l’Aquila abbiamo deciso di fare due chiacchiere con una giovane curatrice aquilana, Martina Sconci, per cercare di capire quale è in questo momento lo stato della cultura in una città che è stata terribilmente colpita e lacerata nella sua totalità, ma che tuttavia cerca di reagire anche attraverso la ricostruzione di nuovi spazi di aggregazione come può essere un museo.

Martina tu sei una giovane curatrice che ha deciso di tornare all’Aquila per ricostruire la città e ridare vita ad un tessuto culturale scomparso dopo il sisma del 6 aprile 2009 …ma quali sono state le tue esperienze professionali prima di ri-approdare all’Aquila?
Più che ricostruire, diciamo che cerco di dare il mio modesto contributo per cercare di rendere più vivibile questa città e soprattutto per far in modo che non muoia definitivamente. Mi sono laureata in Beni Culturali e Ambientali all’Aquila con Ester Coen e poi ho deciso di fuggire a Roma perché non mi sentivo più bene nella mia città, la consideravo una città senza futuro. Mi sono iscritta alla Sapienza e nel 2008 ho preso la Laurea Specialistica in Storia dell’Arte Contemporanea.
Ho cominciato a lavorare nella capitale sia come ufficio stampa che come curatrice di mostre all’interno di varie gallerie d’arte e nel 2010, dopo aver lavorato come Fine Arts Assistant Research all’Accademia Britannica BSR, sempre a Roma e a Londra nella Charlie Smith Gallery dovevo decidere cosa fare: rimanere a Londra, tornare a Roma o scegliere di fare qualcosa per L’Aquila. Non me la sentivo di abbandonare la mia città. Mi sentivo vicina a tutto quello che stava accadendo dopo il terremoto, soprattutto vedendo i giovani aquilani come me che protestavano per tutto quello che accadeva, sentivo di voler partecipare perché ero, e sono tutt’ora sono convinta che, per ricostruire la città, c’è bisogno di noi giovani.
Quindi sono ripartita dal MU.SP.A.C.

Ecco …cos’è il Muspac?
MU.SP.A.C. sta per Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea. E’ nato nel 1993 all’Aquila come organo strumentale dell’Associazione Culturale “Quarto di Santa Giusta” a sua volta nata nel 1984. “Sperimentale” perché attraversa vari territori culturali sviluppando quindi un’idea allargata di arte. Principalmente il MU.SP.A.C. si occupa di arte contemporanea, ma spesso, anche in collaborazione con altre associazioni culturali, vengono organizzate conferenze, presentazioni di libri, spettacoli teatrali, concerti di musica e proiezioni di film e video d’arte. C’è anche una biblioteca.

Quando avete riaperto gli spazi del museo e come?
Il 6 novembre 2011 finalmente abbiamo inaugurato una nuova sede in Piazza D’Arti con la mostra dal titolo “Le scosse dell’arte. Per riabitare e guarire”, realizzata con le opere che molti artisti di fama internazionale hanno donato per la ricostituzione della collezione permanente del museo. E’ il primo e l’unico museo ad avere riaperto dopo il terremoto. Molte opere della collezione che stavano in via Paganica, con il terremoto sono andate distrutte, altre sono scomparse ed è stato molto difficile tutelare quelle rimaste nella sede storica.
Da subito abbiamo cercato aiuti per un magazzino dove tutelarle ma, non avendo neanche più la casa, non sapevamo dove metterle e quindi molte si sono danneggiate. Comunque, grazie alle donazioni di Terna S.p.a., del Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara e della Fondazione Carispaq e grazie al grande sostegno degli artisti siamo riusciti a costruire questo nuovo spazio, ma stiamo aspettando un contributo per l’arte contemporanea dalla Regione Abruzzo proprio per concludere i lavori perché la struttura c’è ma molti lavori devono ancora essere completati.

La cultura, a tre anni dal sisma, che ruolo ha a L’Aquila?
Fondamentale, soprattutto in questo momento. E’ dalla cultura che si riparte, per qualsiasi cosa. Senza la cultura, senza l’arte, non si può ricostruire una città. Il problema più grave che c’è all’Aquila in questo momento è la mancanza di spazi di aggregazione. Ci sono le case, ma non bastano.
Heidegger diceva che per abitare non basta avere un tetto sulla testa: abitare vuol dire vivere in un luogo ed identificarsi con il proprio territorio, sentirsi parte di una comunità, incontrarsi in una piazza. Non a caso il MU.SP.A.C., insieme ad altre 18 Associazioni anch’esse impegnate nella cultura e nel sociale, hanno deciso di creare una nuova piazza: Piazza d’Arti, un posto che sta diventando sempre più importante per la città proprio perché si occupa di cultura a tutti livelli.

Quindi il nuovo Muspac e la stessa Piazza D’arti non rappresentano solo il luogo da cui tu hai trovato lo stimolo per ripartire e per esprimere la tua professionalità, ma un luogo in cui tutti gli aquilani dovrebbero ritrovare quello spirito aggregativo che solitamente è insito in una comunità e che c’era prima del terremoto…
Certo. Io ormai vivo a Piazza d’Arti. E’ lì che lavoro ed è lì che incontro le persone. D’altronde non ci sono molte alternative. Vivere all’Aquila non è facile, per nessuno. Se voglio fare una passeggiata, dove vado? Al Centro Commerciale? Piazza d’Arti è importante per la città ma questo non vuol dire che deve sostituire il centro. E’ un momento di passaggio spero. Quando e se sarà ricostruito un centro storico, Piazza d’Arti potrebbe diventare la piazza della periferia!

Quali sono stati i progetti più rilevanti realizzati dal Muspac da quel 6 aprile e quali sono i tuoi progetti futuri?
La mostra inaugurale è stata molto importante per noi e ce ne sarà anche una seconda con altre donazioni che, per motivi di spazio, non abbiamo potuto esporre nella prima. Ora stiamo lavorando all’interno di vari progetti. Uno di questi si chiama “Percorsi Migranti”, promosso dal Coordinamento Ricostruire Insieme, che prevede la realizzazione di mostre d’arte contemporanea di artisti stranieri per favorire lo scambio interculturale. Abbiamo iniziato con l’artista Alì Assaf che ha partecipato nel Padiglione Iraq all’ultima Biennale di Venezia. Il secondo appuntamento sarà invece il 12 aprile con “Videozoom: Bangladesh”: una rassegna di videoarte del Bangladesh, in collaborazione anche con Sala 1 Centro Internazionale d’Arte Contemporanea. A maggio ci sarà invece una mostra del duo di Sulmona Monticelli e Pagone e quest’estate, in collaborazione con altre Associazioni e coinvolgendo gli studenti, realizzeremo dei workshop con artisti contemporanei all’interno del centro storico per riprendere un dialogo e un confronto con la città.

Il Muspac si occupa anche di laboratori didattici per bambini. Quanto è importante in questo momento giocare con loro attraverso l’arte?
E’ molto importante. Al contrario di noi adulti, i bambini hanno la mente libera da qualsiasi costrizione e quindi hanno una creatività maggiore e una grande libertà di espressione. Creando un contatto reale e partecipato con il museo, i giovani possono imparare ed esprimersi, per sviluppare la propria formazione personale, estetica e culturale. E’ per tale motivo che il museo deve essere inteso come “luogo di esplorazione e scoperta” e non solo come “luogo di visita”. Grazie all’aiuto della Prof.ssa Rosanna Pichelli – docente della Facoltà di Scienze della Formazione all’Università degli Studi dell’Aquila – e agli studenti del suo corso, il principale obiettivo dei nostri laboratori didattici è prima di tutto quello di sviluppare le capacità di osservazione di ogni singolo ragazzo, insegnandogli a riflettere sulle proprie emozioni, a porsi domande e a cogliere i messaggi dell’artista e le sottigliezze del codice visivo, per decifrarne i significati. Con le opere dei ragazzi abbiamo anche realizzato una mostra, dal titolo “Creativity”, con lo scopo di documentare l’esperienza e allo stesso tempo di gratificare i ragazzi.