Che il nostro patrimonio storico, artistico ed archeologico sia ancora in buona parte poco conosciuto e fruito non è opinione diffusa, ma dato di fatto: pensando ai soli siti culturali statali, nel 2010, più della metà dei visitatori si è concentrata in soli 30 dei 424 luoghi della cultura visitabili. Che l’ampiezza e la diffusione sul territorio di questo enorme patrimonio rendano la sua gestione complicata è affermazione facilmente comprensibile. Che oltre a quello che abbiamo davanti ai nostri occhi (contenitori – musei, palazzi storici, aree archeologiche – e contenuti – tele, sculture, tavole, reperti, etc) ci sia un altro tesoro “sommerso” e non ben definito può apparire un’asserzione bizzarra. E invece così è, e questo patrimonio oltre ad essere di valore incommensurabile è effettivamente “incommensurato”: non sappiamo effettivamente quanto e quale sia.
Diciamo che sappiamo dove si trova: per semplificare, nei “back-office” di musei ed aree archeologiche, i depositi.

Ecco qui i “beni culturali invisibili”: le testimonianze storiche, culturali, sociali, tecnico-scientifiche e di costume che, allo stato attuale, non godono della giusta visibilità e fruizione.

Il primo problema è di conoscenza: non esiste una banca dati, una sorta di inventario generale, neanche per i beni di proprietà statale. La catalogazione, procedura necessaria alla conoscenza, è materia concorrente fra Stato e Regioni, con il conseguente coinvolgimento di più soggetti e aumento della complessità dei processi.
Il risultato è che buona parte degli oggetti presenti nei depositi non sono ancora catalogati.

Necessaria è una differenziazione tra i depositi di beni storico-artistici e quelli di beni archeologici, per la natura stessa degli oggetti presenti, le loro specificità e le modalità di acquisizione. I depositi archeologici – causa il continuo accrescimento dei reperti e la condizione di emergenza in cui normalmente gli archeologi operano – versano in condizioni critiche: stracolmi di reperti, spesso accatastati in cassette e neanche inventariati, con scarse opportunità non solo di essere fruiti dal pubblico generico, ma anche dai ricercatori.

Dall’altra parte, ci sono i depositi dei beni storico-artistici, che registrano un livello di catalogazione più avanzato e costituiscono i “polmoni” dei musei: per fare un esempio, pensiamo alla mostra “Strangers. Tra Informale e Pop dalle collezioni Gam” che occupa attualmente gli spazi torinesi e riporta nelle sale opere della collezione museale normalmente non esposte. Solo che questo succede ancora troppo poco spesso e per poche opere: i tassi di rotazione delle collezioni permanenti sono bassi, i prestiti limitati e, ancora una volta, manca una conoscenza complessiva e accessibile a tutti.

La creazione di valore attraverso il patrimonio è finalità imprescindibile dell’istituzione museale: è un valore culturale, didattico, scientifico e può trasformarsi anche in un valore economico. Si pensi per quest’ultimo, ad esempio, ad una forma di “rimborso” per i prestiti, come la copertura dei costi di restauro – pratica già attuata – o un fee vero e proprio per i depositi a lungo termine, soprattutto per istituzioni che culturali ed aperte al pubblico non sono (vedi uffici di rappresentanza, ambasciate, etc.) e che attualmente fanno sfoggio di varie opere del nostro patrimonio. Tutte queste strade dovrebbero essere perlustrate con la convinzione dell’enorme valore che i beni culturali hanno e, d’altra parte, con una sorta di senso di responsabilità verso la comunità (semplici fruitori e comunità scientifica) che, in modalità differenti, deve goderne. Un tema di politica culturale che il nostro Paese deve affrontare: identificando le diverse azioni che possono essere attuate e che si possono sviluppare, a seconda del valore delle opere in questione, su una dimensione culturale e scientifica, promozionale e relazionale oppure economica, il patrimonio culturale “sommerso” ha nuove vie per riemergere.

Approfondimenti:
Su questo tema, Nina Però, Maurizio Carmignani e Filippo Cavazzoni, hanno dedicato lo studio “Un patrimonio invisibile e inaccessibile. Idee per dare valore ai depositi dei musei statali”, pubblicato con l’Istituto Bruno Leoni.

Per approfondire l’argomento, segnaliamo che è previsto un incontro a Milano, presso lo IULM in cui si discuterà proprio del patrimonio culturale invisibile e inaccessibile