La diciassettesima edizione di MiArt ha aperto i battenti a Milano il 12 aprile con alcune sensibili innovazioni rispetto al passato: un unico padiglione ospita gli stand delle 92 gallerie internazionali invitate, per 501 artisti in mostra; una nuova veste grafica curata da Federico Pesce che richiama periodi storici rivistati; un direttore artistico molto istituzionale come Frank Bohem, curatore della collezione Deutsche Bank Italia; un unico percorso ad anello, invece che la scacchiera, che conduce il visitatore in una passeggiata fra l’arte storica e la contemporaneità.

Sembra una miscela esplosiva, se si considera il ritrovato contatto con molte delle istituzioni cittadine, a partire dal Comune di Milano, rappresentato in conferenza dall’Assessore alla Cultura Stefano Boeri, provvido di promesse, ma sempre di corsa per la prossima conferenza da presenziare; la Fondazione Cariplo, che nell’impegno congiunto con Intesa San Paolo, per la città di Milano, presenta stupendi cartoni di Achille Funi dalla sua collezione d’arte; Rotary Club che insieme a Brera rilancia il premio per la giovane arte under 35, con l’intenzione di premiare quest’anno opere pittoriche per da donare al venturo Museo di Arte Contemporanea di Milano (ancora da trovare dopo l’abbandono del progetto Libeskind) e, infine, i padroni di casa stessi, la Fondazione Fiera, che annuncia la prossima apertura (entro l’anno) di un museo storico dell’istituzione, arricchito anche da opere acquisite proprio in fiera.

IULM riconferma la partnership per il settimo anno e lancia le visite guidate condotte dai suoi studenti fra gli stand e le opere esposte, rivolte ad altrettanti giovani nella logica del peer to peer (apprendimento fra pari). Novità assoluta è l’istituzione del Premio “Lombardia Arte” voluto da Formigoni in persona e rivolto ad autori emergenti.

Le gallerie sono state suddivise fra Emergent, con particolare attenzione a nuove realtà straniere; Established, ovvero gallerie affermate insieme; infine la sezione Solo/Double dove vengono presentati progetti di retrospettiva di un solo autore (e da menzionare la ricostruzione storica del Padiglione che Mario Davico presentò nel 1962 alla Biennale di Venezia, per Galleria Bianconi a cura di Flaminio Gualdoni) o il dialogo fra due artisti.

Al culmine dei due corridoi, Giorgio Verzotti presenta la sua personale visione di quadreria, proponendo una selezione di artisti da circa 51 gallerie sulle 92 presenti, sotto il titolo Segni e (non) sogni, citazione da Osvaldo Licini: giovani artisti che guardano alla ricerca degli anni sessanta e si confrontano con espressioni creative odierne.

Il risultato è una carrellata storica di questo arco di tempo fra determinate ricerche concettuali intorno a pittura e scultura, ma anche una lettura della storia delle Gallerie, così come si sono espresse in questi decenni, con le loro scelte e promozioni di determinati artisti. Non c’è pretesa di risoluzione storica, ma stimolo allo studio più approfondito; non c’è allestimento museale e esibizionistico, ma accostamenti audaci.

Il programma in house è siglato dalla “premiata ditta” Milovan Farronato che lancia il MiArt parade: sua la responsabilità di aver coinvolto 7 donne terribili del mondo dell’arte (artiste, curatrici, performer, operatrici culturali) cosiddette “portatrici sane” di posizioni forti, di statement politici, di istanze polemiche e dure, ma di enormi visioni. Alle conversazioni si avvicendano vere e proprie performances.

Culmine della festa è stata  la Notte Bianca del 13 aprile, quando si sono aperte al pubblico,  fino alle 22.00, molte gallerie e istituzioni e centri culturali per continuare il tuffo nell’arte e design, aspettando la sbornia della settimana del Salone del Mobile.

Primavera scoppietante di eventi dedicati all’arte, come la riapertura dell’Hangar Bicocca, con una restrospettiva della coppia Gianikian/Ricci Lucchi e l’istallazione dell’opera Shadow Play di Hans-Peter Feldmann; l’inaugurazione a Palazzo Reale della mostra della collezione d’arte di ACACIA; Marina Abramovic’s method in corso al PAC.
Anche il Museo del Novecento da il suo contributo, sebbene non ancora incluso nella sinergia di realtà auspicata da Boeri. Ma ci sarà tempo. Come dichiara Pier Luigi Sacco, per IULM, la cultura riparte dai territori, dalle città che solo attraverso la messa in connessione di ogni attore del sistema della cultura, può rilanciare il proprio posizionamento in un’arena internazionale.

Donatella Volontè, curatrice per la sezione modernoin MiART, dichiara che l‘Italia è fonte di approvigionamento di artisti per tanti Paesi esteri che sono innamorati della nostra cultura: dati alla mano, lo dimostrano le ultime battute d’asta che danno Fontana e Burri alle stelle. Gagosian e Lisson Gallery si sono aperte sedi in Italia…ma perchè non siamo mai profeti in patria?
MiArt o non MiArt, questo rimane un dilemma.

Approfondimenti:
Per chi volesse scoprire i retroscena del Miart, Tafter ha inviato il critico d’arte Francesco Cascino all’evento, che ha documentato con fotografie e commenti l’appuntamento milanese. Seguici su Facebook