Dada Masilo, coreografa e interprete sudafricana, con Swan Lake, in programma al teatro Argentina di Roma fino al 10 novembre, ci ricorda un assunto universale, mai scontato: l’arte, la musica, la danza non hanno età, sesso o razza, ma sono patrimonio dell’umanità. Lo spettacolo è un’ora di contaminazioni culturali, musicali, coreutiche, artistiche, etniche, sessuali che ti fa dimenticare la nazione di appartenenza, il colore della pelle e ti fa sentire abitante del pianeta con la sua danza dionisiaca, gioiosa e seduttiva, che ricorda “La danse” di Henri Matisse del 1910.

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Ma lo spettacolo è dirompente soprattutto per i suoi contenuti. Partendo dai temi di fondo del Lago dei cigni, quali l’amore e l’iniziazione sessuale, Dada Masilo non sdogana solo il tutù ma anche, con delicata sensibilità ed ironia, il tema dell’omosessualità e omofobia: il principe Siegfried non sposerà la prescelta dalla famiglia perché è innamorato di un uomo, il Cigno Nero. Il finale rimane drammatico: è impossibile dimenticare che in Sudafrica l’AIDS è ancora una emergenza.
Il melange di una coreografa, che padroneggia linguaggi contemporanei e internazionali, ha superato il rischioso confronto con uno dei capolavori della danza classica.

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Un altro messaggio di uguaglianza scorre nella scelta dei costumi identici per i 14 danzatori a piedi nudi della Dance Factory di Johannesburg: un tutù bianco per uomini e donne o, come nel finale, veli neri fino alle caviglie e busti nudi. La danza classica, dei bianchi occidentali, è spiegata e illustrata in scena con ironia: i fianchi bloccati, i movimenti ondulatori come le alghe di un lago, quelli controllati con i muscoli in tensione etc. I corpi flessuosi dei danzatori, belli nella loro diversità, vibrano animati dal profondo e ancestrale bisogno di danzare. Dalle posizioni canoniche della danza classica all’improvviso emerge la potenza energica della danza afro, quella tradizionale Zulu sudafricana, e i fianchi e le anche ondeggiano in modo ritmico.
Lo stesso balletto romantico di Tchaikovsky presenta questi contrasti, contrapponendo le danze di corte a quelle dei contadini, e Dada Masilo riesce ad attualizzarne i contenuti con una riuscita operazione di integrazione culturale, coreografica e musicale.
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