comeilvento“Come il vento” di Marco Simon Puccioni, presentato fuori concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, è ispirato alla vita straordinaria di Armida Miserere, la prima donna a dirigere un carcere. Valeria Golino la interpreta con sguardo vivo e intenso. Nel cast anche Filippo Timi, Francesco Scianna e Chiara Caselli.
Specializzata in criminologia, Armida diventa direttrice, dalla metà degli anni ottanta (nel momento peggiore della storia italiana, quello della lotta alla mafia e al terrorismo) di alcuni dei più importanti carceri italiani l’Ucciardone a Palermo, Lodi, San Vittore a Milano fino ad essere mandata, in prima linea, a Pianosa, nel supercarcere riaperto per sorvegliare i mafiosi. Nonostante riceva critiche e intimidazioni, non demorde e non cede di un passo. Una vita dedicata al lavoro, con un forte senso dello Stato, incorruttibile e soprannominata “fimmina bestia” dai detenuti dell’Ucciardone, “magra o sovrappeso, comunque tesa e nervosa. Armida è intelligente, ironica, amichevole e scherzosa, ma anche inflessibile, moralista, giustizialista”, così la descrive Valeria Golino. Armida cerca di conservare la sua sensibilità e fragilità mentre applica la legge portandosi dietro una tragedia personale. L’uccisione del compagno, l’educatore del carcere Umberto Mormile interpretato da Filippo Timi. Muore suicida a soli 46 anni. Il film uscirà nelle sale italiane il 28 novembre.

 

Come ti sei avvicinata a questo personaggio e cosa conoscevi della storia di Armida?
Non conoscevo Armida prima che Marco, il regista, me ne parlasse. L’ho scoperta attraverso il suo punto di vista. Armida è una persona così complessa e contradditoria e, per quanto possiamo raccontarla, ci saranno sempre delle zone d’ombra e dei lati del suo carattere che non conosceremo mai. E’ stata una delle prime direttrici di carcere di massima sicurezza. E’ una donna che ha avuto una vita tragica, molto determinata e severa con se stessa, appassionata del suo lavoro. Ho imparato chi fosse attraverso documenti, lettere e diari, fotografie e, poi, l’ho conosciuta personalmente a Sulmona, circa un anno prima che morisse. La Dott.ssa Miserere aveva organizzato, con altri collaboratori, un piccolo festival di cinema per i detenuti e io ero stata invitata con il regista Crialese per presentare “Respiro”. E’ stato molto commovente far vedere il film in quel luogo e lei mi ha salutata, accolta e accompagnata in quella visita e abbiamo fatto una foto insieme. Era molto cortese ma anche austera, dura. Quando, successivamente, ho rivisto quella foto, ciò che mi ha più stupita e commossa è il mio abbraccio sulle sue spalle. Un gesto di protezione verso di lei che è girata e mi guarda con una tale vulnerabilità.

 

La tua prova nel film dimostra un forte coinvolgimento. Ti sei sentita particolarmente ispirata?
E’ chiaro che un attore non può sentirsi sempre particolarmente ispirato e avere la possibilità di interpretare un grande personaggio così contraddittorio e complesso. La differenza è nel modo in cui il regista guarda il suo attore e la sua attrice, dove sta mentre tu fai quella cosa o non la fai, come ti monterà, che luce hai sul viso. L’interpretazione di un attore al cinema dipende da se stesso e moltissimo da tutti gli altri. Un bel ruolo e un regista che sa guardarti sono le occasioni, per noi interpreti, di sembrare più bravi e di fare onore ad un personaggio.

 

Perché all’inizio non volevi interpretare il personaggio di Armida?
Perché avrei dovuto penare e in qualche modo dare l’anima. Non era un ruolo in cui potevo passare e fare bella figura così, ma dovevo esserci. Quando mi è stato chiesto stavo preparando il mio primo film da regista, un’esperienza completamente nuova per me, difficile e misteriosa. Pensavo alla fatica e alla battaglia che avremmo dovuto affrontare per riuscire a girare una storia così difficile, in Italia, che non fosse solo puro intrattenimento, terminarla e distribuirla. Avevo paura di finire nel dimenticatoio. Poi però il desiderio del regista, quel desiderio su di te, mi ha messo voglia di farlo e quindi eccoci qua.

 

Cosa pensi della situazione delle carceri in Italia e quello che sta scatenando?
Vanno presi dei provvedimento al più presto. È chiaro che un paese civile, che ha rispetto di se stesso, non può non preoccuparsi del sistema carcerario che è un luogo e non un’astrazione ai margini della società. È la nostra vita non è qualcosa di lontano, è la nostra coscienza. Ne va della nostra dignità. È un argomento che ci riguarda troppo da vicino per non prendere dei provvedimenti. Bisogna muoversi per fare delle leggi giuste, non di marginalizzazione, ma di comprensione.

 

Costa stai facendo ora?
Ora sto girando un film con Gabriele Salvatores che si chiama “Il ragazzo invisibile” e mi sto molto divertendo. E’ un film fantasy, inedito in Italia, e poi ho fatto una piccola parte nell’ultimo film di Paolo Virzì che si chiama “Il capitale umano” e credo che inizierò a girare ad aprile “Il nome del figlio” di Francesca Archibugi.