daveriocrisiAll’Auditorium della Gran Guardia di Verona sold out per Philippe Daverio, invitato dalla Camera di Commercio e dal Comitato Promozione Imprenditorialità Femminile mercoledì 20 novembre per raccontare “L’arte di Inventarsi. Riflessioni per nuove strade imprenditoriali”.

Parte da Einstein Daverio, ricordando la nota affermazione che sottolinea come non si possano risolvere i problemi attuali partendo dalla stessa prospettiva in cui sono stati creati e come l’utilizzo della parola crisi sia innanzitutto espressione di un mancato desiderio di superarla.

Affrontando i diversi argomenti proposti, mette più volte in luce la versatilità appartenente al mondo femminile, in un Paese che lo sta ancora scoprendo piuttosto a fatica; creatività, visione d’insieme, capacità di pensare all’altro sono l’anima del commercio e il volano per trovare nuove strategie, anche imprenditoriali. Sottolinea poi la sensibilità storica, quasi genetica, insita in un popolo, quello italiano, evidente nel sapere riconoscere più di ogni altro la bellezza e la qualità a partire dai propri stessi sensi fisici; la sua tradizionale arguzia e spontanea lungimiranza nell’intuire i cambiamenti del mercato e nel saperli cogliere, senza necessariamente doversi ingegnare nello strutturare prassi per analisi e ricerche di settore.

Tutte qualità apparentemente in sintonia con le tipiche nicchie produttive della penisola, nonché con il suo patrimonio storico, artistico, architettonico e culturale in genere, di per sé un “grande negozio” naturale. Affinché “entrino i clienti”, servirebbe però che fosse “ben pulito e presentabile”, mentre resta purtroppo spesso legato a normative superate e non riconsiderate alla luce delle esigenze contemporanee, oppure frutto di scelte che evitano la valorizzazione, se non il buon senso. Diventa preoccupante inoltre considerare come statisticamente solo il 10% degli italiani crei prodotto, un tasso molto basso rispetto ad altri Paesi europei e che rende insostenibile l’economia nazionale.

Sarebbe necessaria una nuova consapevolezza della ricchezza e della bellezza, le quali non necessariamente devono rappresentare due estremi divisi da un divario insormontabile, ma che anzi dovrebbero fungere sincronicamente da concetti ispiratori alla base di azioni responsabili. Ci vuole una disponibilità a fare comunicazione come non si è mai fatta prima, ad andare al di là anche degli strumenti di mercato utilizzati da realtà meno intuitive e molto più strategiche della nostra, perché non bastano più nemmeno quelli e perché le crisi servono ad andare oltre. Compreso l’andare oltre se stessi, partendo dall’identità, dal “Paese che siamo”.

Ma quando l’accento della riflessione si sposta per un momento sul “Paese culturale che siamo”, con un’offerta senza pari, e su come esso abbia tutti i presupposti per divenire il motore protagonista di un’economia produttiva e sostenibile, la risposta per tradurre le parole in fatti è molto difficile da dare.