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È possibile far apprezzare ai bambini (e anche ai grandi) Mozart, Schubert, Rossini, la musica classica e il teatro? L’autore Ennio Speranza e il regista Stefano Cioffi hanno pensato ad uno spettacolo i cui protagonisti saranno proprio la musica, il flauto, la magia e i bambini. Te lo suono io il flauto si terrà l’1 dicembre all’Auditorium Parco della Musica di Roma. La storia di uno degli strumenti più dolci, affascinanti e democratici, il flauto, sarà accompagnata dalla musica dal vivo di duecento flautisti.
La voce narrante di questa suggestiva esibizione sarà quella di Valerio Aprea, giovane e brillante attore di teatro, cinema, televisione, che ha recitato in ruoli drammatici, profondi, leggeri e comici, con artisti e registi d’eccezione. Per l’occasione gli abbiamo chiesto cosa ne pensa della musica, del teatro, dei bambini e dei sogni.
Sei la voce di Te lo suono io il flauto, in un reading fantastico sulla storia di questo strumento. Come si mescoleranno, in questo caso, il tuo talento comico, la performance teatrale, la musica e la necessità di coinvolgere i bambini e catturare la loro attenzione?
In realtà non abbiamo ancora stabilito definitivamente ciò che accadrà sul palco nei minimi dettagli. So per il momento che presterò la voce ad un excursus sul flauto e la sua storia, e questo in alternanza con la musica ma anche mescolato ad essa, il tutto cercando anche un modo di interagire con i giovani spettatori, che immagino saranno affascinati dall’insieme di parole e suoni.
Sarà quindi uno spettacolo non tanto di comicità, ma di evocazione e, spero, forte suggestione.
Te lo suono io il flauto è uno spettacolo per tutti, ma con un occhio di riguardo particolare per i bambini. Hai lavorato altre volte a stretto contatto con i più piccoli? Com’è collaborare con loro e recitare per loro?
No, veramente non ho mai recitato davanti a loro. Al limite mi è capitato, in un paio di occasioni, di recitare insieme a loro e, come sempre in questi casi, di rimanere impressionato dalla naturale capacità di recitare molto meglio di me.
Il flauto è uno strumento particolare, democratico, che, per motivi scolastici, un po’ tutti abbiamo avuto l’opportunità di suonare. Partecipando a questo spettacolo ti sei appassionato anche tu allo strumento? E in generale che ruolo ha la musica nella tua vita?
A dire il vero mi sono appassionato allo strumento molto prima di questo spettacolo, più o meno all’età di 9 anni, quando, come tutti credo, lo studiavo a scuola nell’ora di musica (ma è esattamente, tra l’altro, quello che dirò nello spettacolo). Quanto alla musica in generale, bè, ha un ruolo direi congenito forse perché appartenendo ad una famiglia di musicisti classici ne ho conservato l’inclinazione, pur non avendo proseguito studi musicali, comunque approcciati da adolescente. Credo che se non avessi fatto l’attore, avrei fatto il musicista.
Pensi che alcune forme artistiche, considerate di solito elitarie, come la musica classica e il teatro in generale, dovrebbero essere comunicate in modi diversi ai pubblici giovani? Come potrebbero essere attratti nuovi spettatori e ascoltatori?
Temo di sì. Quando fui portato con la scuola al cinema o a teatro a vedere qualcosa, che per fortuna non ricordo più, diciamo ecco che non fu esattamente una folgorazione. E infatti non lo ricordo più. Mentre dovrebbe essere il contrario. È una questione enorme e di difficilissima risoluzione. Diciamo che si dovrebbe essere bravi a selezionare accuratamente ciò che si vuole proporre a dei giovanissimi, pensando davvero che possano essere gli unici colpi a disposizione per andare a segno nella loro sensibilità, nella loro immaginazione e capacità di ricezione. Sprecati quei colpi, si avrà probabilmente una forma di rigetto. Inutile dire che il discorso vale esattamente anche per il pubblico adulto.
In Te lo suono io il flauto si parla anche tanto di magia, di storie, di sogni. E tu da bambino eri un sognatore? Cosa pensavi che saresti diventato “da grande”? E cosa consigli ai sognatori di oggi che vorrebbero intraprendere una carriera come la tua?
Diciamo subito che non rientro nella categoria di quelli che sin da piccoli sognavano di fare l’attore ecc. Non ho mai saputo cosa volessi fare, e anche quando ho iniziato a studiare recitazione ci sono voluti anni e anni perché mi decidessi ad ammettere di fare l’attore. Quello che posso suggerire a questi ‘sognatori’ è di capire più in fretta possibile se hanno davvero le qualità per essere quello che vorrebbero essere e poi di quale tipo siano queste qualità. Perché si può poi essere attori o attrici in vari modi. Tutto sta ad individuare qual è quello più congeniale a se stessi.
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