progettoculturaLa relazione fra pubblico e privato nella gestione e nella valorizzazione della cultura ha sempre costituito un tema caldo, un nodo da sciogliere, in un Paese che come il nostro è nato guardando ai beni culturali da una prospettiva centralista e che per molti versi ancora stenta a mutare la sua prospettiva. Imprese culturali e creative, start up, organizzazioni di terzo settore operanti a diverso livello nell’ambito- dalla conservazione alla valorizzazione, dalla formazione alla progettazione – da sempre si scontrano con la difficoltà di ricavarsi un ruolo legittimo al fianco del potere pubblico, dovendo confrontarsi al tempo stesso con il mercato e la sua domanda. Colpito duramente dalla tempesta economica e finanziaria che dal 2007 si è abbattuta sull’orizzonte internazionale, questo tessuto imprenditoriale, fatto di persone, idee e progettualità, è la frangia del settore culturale e creativo che si mette maggiormente in gioco, accettando in prima persona la sfida di fare cultura in un Paese centralista e burocratizzato come l’Italia e confrontandosi continuamente col mercato e con la redditività degli investimenti intrapresi.

Chi decide di fare cultura si assume il compito di immaginare il futuro, di sperimentare idee, progetti, prodotti e servizi ad alto valore aggiunto e si prefigge l’obiettivo di dare vita a modelli di attività e produzione sostenibili, capaci di generare output che incontrino i desideri della domanda e sappiano stimolarli, restando competitivi sul mercato. Non è forse a tutti quei soggetti che decidono di assumere un approccio imprenditoriale nei confronti delle attività culturali e creative che dovrebbe andare il sostegno pubblico e comunitario in una congiuntura difficile come quella attuale? Come suggerisce lo stesso Libro Verde della Comunità Europea, è la nascita di nuove imprese, soprattutto nei settori di riferimento, a rappresentare uno dei mezzi più efficienti per lo sviluppo del sistema economico e sempre cultura e creatività costituiscono due leve strategiche per la riconversione dei territori, colpiti dalla crisi dell’industria e della manifattura.

Di sostegno si è effettivamente parlato, ma forse nella confusione del momento si è perso di vista l’obiettivo di fondo, ovvero l’introduzione di misure che supportino lo sviluppo di un comparto, laddove per comparto si vogliono intendere le realtà imprenditoriali e di terzo settore che concorrono in prima persona a dare vita alle attività, al fianco del pubblico, assumendosi il rischio.

Mi riferisco alla proposta, avanzata in relazione al ciclo di programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, di costituire un Fondo per la Progettualità Culturale concepito, in ultima istanza, per il finanziamento degli Studi di Fattibilità Esecutivi: naturali e possibile committenze dalla Pubblica Amministrazione alle grandi società di consulenza, come Federculture, la Fondazione Fitzcarraldo, Struttura e la stessa Monti&Taft, per fare solo alcuni nomi. Tale misura dovrebbe concorrere in modo forte alla riqualificazione della progettualità portata avanti dalla Pubblica Amministrazione, facilitando la concertazione interistituzionale e stimolando al tempo stesso la partecipazione del privato alle iniziative realizzate, beneficiarie di una maggiore “certificazione di sicurezza” dal punto di vista della resa economica e finanziaria.

Ponendosi l’obiettivo della crescita sistemica del settore culturale, forse l’istituzione di una misura forte come quella del Fondo di Garanzia diventa legittima, forse, se pensata in relazione alle Micro e Piccole Medie Imprese, alle start up e alle organizzazioni di terzo settore che a diverso titolo provano a concorrere sul mercato,sull’onda della crisi e della burocrazia. Incentivi per l’imprenditoria giovanile, agevolazioni per le nuove assunzioni, benefici fiscali, sussidi per la ricerca e l’internazionalizzazione dei prodotti e dei servizi sono solo alcuni delle misure che potrebbero rientrare nella sfera d’azione di un fondo pensato appositamente per il sostegno delle imprese e delle organizzazioni culturali italiane, in un’ottica di reale apertura al privato, profit e non profit.

 

Foto di Ian Lyam Design