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Nel luogo in cui tutto è cominciato, la società dell’energia made in Italy lancia oggi una nuova sfida e stavolta lo fa nel campo della tecnologia informatica, contrapponendosi al colosso statunitense Google. Proprio nella pianura padana, infatti, all’indomani del dopoguerra, il commissario liquidatore dell’Agip, Enrico Mattei, ha portato alla nascita dell’ENI, Ente nazionale Idrocarburi, simbolo del nostro paese nel mondo intero. Superata la fase degli scandali di Tangentopoli nel 1992, quando venne avviata parte della privatizzazione aziendale, l’Eni dell’era Scaroni si confronta ancora una volta con gli Stati Uniti, esattamente come fece il suo padre fondatore che si oppose con fermezza alla liquidazione dell’Agip, per l’acquisto della quale venne fatta un’offerta da oltreoceano di 250 milioni di lire.
La nuova sfida si chiama “Eni Green Data Center”, un centro informatico che raccoglierà al suo interno tutti i sistemi di elaborazione del colosso energetico del cane a sei zampe, dati che al momento sono dispersi per l’Italia. La prima pietra del cantiere è stata posata il 3 ottobre 2011 a Ferrera Erbognone, sito strategico non solo perché si trova a pochi passi da una centrale Eni green power, che dovrebbe garantire il fabbisogno energetico del centro, ma anche perché ad un centinaio di chilometri da qui Mattei scoprì il giacimento di metano che permise all’Agip di essere rivalutata e di attrarre investimenti governativi, che ne resero possibile la crescita strutturale in tutto il mondo.
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«Of course, the easiest way to save money is to waste less energy». Con queste parole il presidente Obama ha chiesto al Congresso, riunito in seduta plenaria il 24 gennaio scorso per ascoltare il suo discorso sullo stato dell’Unione, di mettersi al lavoro su una legge che aiuti le imprese americane a rendersi più competitive sul mercato, creando quindi nuovi posti di lavoro.
«Energia» sarà probabilmente una delle parole chiave nel dibattito culturale e politico dei prossimi decenni, una parola che agita temi complessi, attorno ai quali è quanto mai difficile orientarsi. Il riscaldamento globale e le problematiche connesse all’estrazione e all’uso dei combustibili fossili ci costringono a una riconsiderazione globale dei nostri consumi e del nostro stile di vita, e sempre maggiore appare la necessità, diffusa ormai anche in strati sempre più ampi dell’opinione pubblica, di ricorrere alle energie rinnovabili; ma queste, mettono in guardia alcuni esperti, richiederebbero investimenti iniziali molto elevati, difficili da sostenere in questa fase di crisi economica.
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Intervista a Lucia Nardi, responsabile Iniziative culturali di Eni
Quando è nato l’Archivio Storico Eni e quali sono state le tappe salienti della sua storia?
L’idea di creare un Archivio Storico Eni nasce alla fine degli anni ’80, quando si sentì la necessità di raccogliere interviste, documenti originali e quanto in azienda potesse contribuire alla ricostruzione dell’operato Enrico Mattei e dei suoi più stretti collaboratori. Dopo solo 10 anni, alla fine degli anni ’90, il materiale raccolto nelle sedi di Roma e Milano era talmente imponente che lo spazio ricavato all’Eur risultò inadeguato per un Archivio Storico degno di questo nome. Si pensò, allora, di utilizzare un capannone che l’azienda aveva a Pomezia. Dopo esser stato ristrutturato rispettando i requisiti propri di un’architettura archivistica, la struttura ha accolto, tra il 2002 e 2003, tutto il materiale raccolto.
Sono ora conservati nell’Archivio Storico Eni cinque chilometri di documentazione storica censita o inventariata e mezzo chilometro di documentazione in attesa di essere ancora analizzata, 400.000 immagini e circa 5.000 pezzi di audiovisivi su vari formati. Nella sua forma attuale, l’archivio è stato inaugurato nel 2006 per il centenario di Enrico Mattei ed è fruibile al pubblico.
Che tipo di iniziative promuove l’Archivio Eni?
L’Archivio ha la funzione di fare da ‘ufficio stampa del passato’, di raccontare Eni attraverso la sua documentazione, illustrando la storia dell’azienda, senza demandarla all’interpretazione degli storici. E’ nello stile di Eni spiegare il nuovo guardando al passato. Tutte le azioni che Eni compie nel presente non nascono dal nulla, ma sono frutto della cultura d’impresa plasmata da Enrico Mattei. Le iniziative dell’Archivio Storico sono anche improntate alla comunicazione interna, attraverso la valorizzazione della cultura Eni e dei suoi valori, oltre che alla promozione della conoscenza dell’azienda all’esterno, come l’importante mostra organizzata per i 150 anni dell’Unità d’Italia, promossa dall’Archivio Centrale dello Stato. L’esposizione illustrerà la storia industriale del Paese dal dopoguerra agli anni ’70. Eni sarà presente con documenti, immagini, foto, racconti e con tutto quel che l’azienda ha rappresentato nella storia italiana. Abbiamo inoltre curato, per le pubblicazioni ufficiali che quest’anno saranno rivolte agli ultimi 150 anni di storia italiana, la parte che riguarda l’evoluzione della politica energetica nazionale dalla seconda metà degli anni ‘50 a oggi.
Quali attività si svolgono nell’Archivio Eni?
Le notevoli dimensioni del materiale raccolto rendono l’ordinamento dei materiali una delle principali attività dell’Archivio Storico. Il lavoro di archiviazione è affidato a un team, che include due giovani che hanno una formazione archivistica: una proveniente dalla scuola speciale per archivisti di Roma, l’altra con una laurea in beni culturali a indirizzo archivistico.
Se nel 2003, quindi, si era cercato di portare all’interno delle competenze scientifiche, nel tempo questa volontà si è rafforzata, portandoci a dialogare anche con la direzione per gli archivi del Ministero dei Beni Culturali, con l’Archivio Centrale dello Stato e con altri archivi.
Qual è la percezione dell’Archivio Storico Eni sul territorio e come risponde la popolazione alle iniziative da voi organizzate?
Tenderei ad allargare il concetto di “territorio”. Quello di Eni è un archivio centralizzato che raccoglie tutte le attività di Eni. I ricercatori che si rivolgono all’Archivio Storico per reperire documenti originali provengono da università di ogni parte del mondo, e ogni anno ne vengono ospitati circa cento. Per quel che riguarda più propriamente il nostro territorio, ci siamo aperti da quest’anno a visite per le scolaresche. Abbiamo cominciato la sperimentazione negli anni passati con un’apertura per la Scuola Speciale di Archivistica di Roma, così da consentire ai ragazzi di toccare con mano documenti, filmati e foto, permettendo loro di passare dalla teoria alla pratica. Il progetto si chiama “Riflesso della Storia” e ci ha consentito di ospitare dei ragazzi universitari per fare esercitazioni pratiche su documenti un po’ atipici, propri di un archivio industriale come il nostro.
Quali chiavi di lettura l’Archivio Storico Eni vuole fornire al visitatore?
Le chiavi di lettura sono di vari livelli. L’approccio storico-archivistico ha un taglio molto scientifico, per cui abbiamo appena adottato un sistema di informatizzazione dell’archivio, che non vuol dire semplicemente digitalizzare i documenti, ma consentire la loro consultazione informatica, scegliendo un programma che è quello utilizzato per l’archivio storico della Camera, un sistema scientificamente di buon livello. Seguiamo inoltre i ricercatori in tutta la fase di analisi, garantendo un alto livello scientifico.
Sul fronte scolastico cerchiamo di far capire come nasce la ricerca storica e come sia possibile da un documento passare all’informazione, fornendo così una lettura didattica della storia.
Da un punto di vista interno, vorrei infine ricordare la mostra itinerante, tuttora in corso, “Il Cane a sei zampe” sul logo Eni, in cui abbiamo fatto un’operazione di comunicazione rivolta non solo all’esterno, ma anche al nostro personale interno, per rafforzare la cultura Eni e i valori che da sempre animano l’azienda.