Le web radio sono ormai una realtà esistente e consolidata nel panorama della rete mondiale ed il loro sviluppo, il loro utilizzo tende a crescere proporzionalmente con il passare degli anni. Del resto, il mondo del Web 2.0 sta sempre più assorbendo le forme di comunicazione e di intrattenimento così come le conoscevamo. Dal giornalismo all’editoria, dalla tv al cinema, ogni realtà tradizionale ha un suo corrispetivo in rete. La radio non fa eccezione.

Cerchiamo allora di delinare quale sia l’attuale situazione delle web radio in Italia, tentando di capire perché, nonostante gli evidenti punti a favore posseduti da internet, il mondo radiofonico via web stenti ancora a decollare. Precisiamo che il riferimento qui è alle radio nate proprio sul web, che non hanno un corrispetivo in FM e che dunque hanno vita possibile soltanto online.

I vantaggi di una web radio sono molteplici. Anzitutto, le radio che trasmettono in modulazione di frequenza (FM) devono fare i conti con problemi di “spazio”, come fossero frequenze televisive. L’etere non è infinito, mentre lo è la rete. Un’altra componente a favore è il corposo ridimensionamento dei costi di avvio e di mantenimento di una emittente radiofonica. Il web permette dei risparmi consistenti a partire dall’ubicazione della radio, che, ragionando per assurdo, potrebbe sorgere anche in una abitazione privata. Da escludere anche il costo di affitto della frequenza o l’acquisto della stessa. In sostanza, l’unico conto da saldare sarebbe quello di mantenimento del sito web e il diritto d’autore per i contenuti musicali.

Un ulteriore vantaggio riguarda la praticità d’uso della piattaforma: la web radio porta con se la mole di succose novità che il mondo di internet offre ogni giorno. Difficilmente avremo infatti una radio web che non segua un assiduo lavoro pubblicitario sui social network o che non favorisca l’interazione in tempo reale con l’uso degli stessi. Una linea di tendenza che stanno adoperando anche le radio in FM, ma il web conserva il vantaggio di avere “tutto in uno”: basta un computer per ascoltare e interagire a 360°.

Quello che secondo noi rappresenta invece il problema pìù grande da dover affrontare è la tendenza dell’ascoltatore comune all’utilizzo della radio soprattutto nelle automobli, in assenza quindi di un computer dotato di accesso web. Se è vero che smartphone e tablet hanno affievolito il problema, il gesto dell’accensione dell’autoradio è ancora una pratica quasi inconscia, accensione che privilegia dunque l’emittente in FM. Sono in progettazione autoradio in grado di accedere a contenuti online, ma per la loro commercializzazione è lecito attendersi ancora un tempo consistente, almeno in Italia.
Disabituare il pubblico ad un ascolto così radicato nella cultura nostrana favorendo quello casalingo, o comunque davanti ad un computer, è un processo destinato a compiersi molto lentamente.
Ne consegue un’attenzione quasi nulla da parte degli inserzionisti pubblicitari, che continuano a guardare il mondo delle radio FM come unica fonte redditizia. La pubblicità è la strada di guadagno, quasi unica, per una radio: fin quando non si arriverà a tal punto, le web radio non compiranno il salto di qualità.

C’è bisogno allora di alcuni espedienti per accalappiare il pubblico, come trasmissioni originali non disponibili sulle emittenti via etere, programmazioni musicali fuori dagli schemi commerciali o soluzioni che coinvolgano realtà esterne a quelle della radio stessa.
In questo senso si sta muovendo Radio Kaos Italy, una web radio che ha fatto dell’interazione con la LIS (lingua dei segni italiana) il suo punto di forza, creando la prima (web) radio per persone non udenti. Questo impegno verso il “sociale” sta garantendo degli enormi passi avanti, anche a livello di visibilità nazionale.
Espedienti dunque, in attesa di un cambiamento che è destinato a compiersi prima o poi, ma che sta subendo vistosi rallentamenti: l’ascoltatore italiano non è facile da disabituare.

Fare teatro a Napoli può sembrare una cosa semplice. La città è piena di spunti teatrali, comici, musicali in ogni ora del giorno e della notte. Nel bene e – ahimè – nel male. Ma questo non basta. Non basta essere la città dove sono nati ed hanno lavorato alcuni tra i più grandi uomini di teatro e di musica della storia d’Italia, penso ad esempio alla famiglia De Filippo, a Totò, a Nino Taranto, a Raffaele Viviani, a Carosone, a Sergio Bruni, e potrei continuare ancora. La “gestione”, in senso stretto, di un Teatro è qualcosa che va al di là di ogni pensiero “teatrale”, ed ha enormi difficoltà, economiche e politiche ad esempio.

Le sorti del Teatro Trianon Viviani di Napoli, nato nel 1911 nel centro storico di Napoli e patrimonio dell’Unesco, sono – negli ultimi anni – quantomeno “tormentate” (espressione forte, ma efficace); tuttavia la voglia di essere al centro di Napoli, non solo geograficamente, ma anche nell’offerta turistico-culturale della città, è così forte che sembra superare ogni problema di gestione, guardando con positività e voglia di innovazione al prossimo futuro. Ne abbiamo parlato con il Presidente, Maurizio D’Angelo, e con il responsabile Stampa e Comunicazione, Paolo Animato, ospitali e cordiali come i napoletani “d’altri tempi” sanno essere, nella sala Enrico Caruso, che ospita tra l’altro la mostra dedicata a Sergio Bruni, nel decennale della scomparsa.

“Divenuto Teatro pubblico nel 2006, con proprietà 60% della Regione Campania e 40% della Provincia di Napoli, ha affrontato una grave crisi economico-finanziaria tra il 2009 ed il 2012, superata grazie ad un’opera di risanamento di debiti, scongiurando così il rischio di pignoramento dell’immobile da parte delle banche”. E’ il Presidente D’Angelo che racconta la crono-storia del recente passato rispondendo alla domanda sulla “salute” del Teatro a livello gestionale e artistico. “Nel maggio 2012 sono stato nominato Presidente del CdA e prima la stretta collaborazione con la Regione Campania negli incontri con le Banche, poi l’aumento di capitale sottoscritto sempre dalla Regione, superando così gli urgenti problemi economici, hanno fatto guardare al futuro con ottimismo, grazie anche alla possibilità di lavorare per un cartellone di livello artistico eccellente (a cura del direttore artistico Giorgio Verdelli)”.

La curiosità vira sulla funzione culturale ed educativa e nel coinvolgimento sul territorio del Teatro, noto come “Teatro del popolo”. D’Angelo racconta con grande soddisfazione: “Stiamo per firmare un importante accordo con la Soprintendenza Archeologica per l’adozione del Cipp’ a Furcella (così chiamato dai napoletano il Cippo a Forcella, quartiere storico dove ha sede il Teatro, ndr), cinta muraria di epoca greca dell’antica Neapolis, per dare un segnale di legame con il territorio. Un Teatro pubblico che adotta un monumento è la testimonianza forte di quanto questi tenga alla propria città. Alta è l’attenzione poi verso la formazione e le scuole, alle quali dedichiamo giornate speciali con i nostri spettacoli”.

Poi, il Presidente indica le tre direttrici del Teatro, rispondendo alle domande sull’accordo di co-marketing con la Rai e sui progetti in cantiere per il prossimo futuro: “Fare sistema con le Istituzioni, come ad esempio l’adozione del Cippo o l’accordo con la Rai, ci inorgoglisce molto. Questo accordo è nato durante una rassegna a palco libero per i giovani artisti indipendenti, durante il quale Maria Cristina Zoppa di WR8 (Web Radio Rai 8, Web Radio di Musica indipendente, ndr), uno dei giudici della manifestazione, si è innamorata del Teatro ed ha voluto organizzare qui il compleanno di WR8, con una serata di musica indipendente in diretta sulla Radio. Dopo questo evento nasce e si sviluppa, grazie a Verdelli ed ai vertici di Web Radio Rai 7 (che si occupa di musica e cultura napoletana, ndr), l’idea di collaborazione tra il Trianon e WR7, che manda in differita i concerti che si tengono in Teatro. Inoltre, è con piacere che segnaliamo anche la collaborazione con la Fondazione Gaber che ha scelto il Teatro Trianon per celebrare il decennale della scomparsa con due appuntamenti, di cui uno dedicato esclusivamente alle scuole”.

“Le altre due direttrici sono: fare cultura, con l’aumento dell’attenzione alle scuole ed alla formazione; e fare turismo, provando ad inserire il Trianon nei percorsi turistici in sinergia con alberghi e compagnie di crociera, ad esempio. L’ubicazione del Teatro agevola questa idea, essendo posizionato nel centro storico della città, vicino ad alcune eccellenze enogastronomiche conosciute in tutto il mondo come la Pizzeria storica “da Michele””.

Interessante segnalare la possibile idea – emersa nel corso della conversazione con il Presidente D’Angelo e già attuata in molti paesi europei – di mettere al centro dell’offerta turistica anche la grande musica della tradizione napoletana. L’iniziativa è già molto diffusa e sperimentata, ad esempio in Spagna, dove ai turisti vengono proposti spettacoli di Flamenco; potrebbe accadere così anche a Napoli con spettacoli ad hoc, anche in orari non usuali, per proporre e diffondere la storia della musica partenopea.

“La musica è il bene immateriale più prezioso della nostra città.” Pensando e parlando di Napoli e non solo, concludiamo così la nostra chiacchierata: “Napoli è una donna stupenda, da amare alla follia, ma non dobbiamo cantarcela e suonarcela da soli, dobbiamo aprire lo sguardo verso l’Europa. Siamo pur sempre la capitale del Mediterraneo”. “Proprio per questo Verdelli (dir. Artistico) lavora costantemente per una programmazione parte-nopea e parte-europea”.

Lo sguardo è rivolto verso il futuro, la sperimentazione, l’estero, ma i piedi sono piantati per terra per far sì che non ci siano più problemi economici che minaccino il “Teatro del popolo”, nel senso più affascinante del termine.

 

Una formula di base, quella di ascoltare la musica senza l’obbligo di scegliere generi, artisti o album, semplicemente affidandosi alle proprie emozioni, veloce e efficace.
Questo è molto altro è Stereomood, web radio più trendy del momento in Italia, ma anche idea imprenditoriale innovativa a livello internazionale, segnale forte per giovani su come tirar fuori un’idea di rottura che venga riconosciuta sia possibile.
Ne parliamo con Daniele Novaga, fondatore di SM insieme ai suoi colleghi Giovanni Ferron, Maurizio Pratici e Eleonora Viviani, di come i 4 siano passati da lavorare insieme nella sede milanese di MTV, a cambiare in poco tempo il panorama della fruizione della musica online e conquistare l’Official Honoree nella categoria Musica ai Webby Awards 2011.

L’idea di SM è nata dalla vostra passione musicale, ma quale è stata la molla che ha fatto scattare il progetto? Avete realizzato subito che la vostra idea potesse essere così forte ?
La vera molla che ha fatto scattare il progetto è stata la volontà di metterci alla prova nel realizzare qualcosa di totalmente nostro, al di fuori della segmentazione del lavoro di ufficio. In particolare Giovanni (Ferron) nel febbraio 2008 ci presentò il progetto di un aggregatore di mp3 che raccogliesse la musica dei migliori blog musicali per rendere più strutturata possibile la scoperta di nuovi artisti all’interno di un panorama musicale immenso.
A quel punto ci siamo avventurati nel progetto e lo abbiamo piegato all’intuizione che è alla base del nostro successo. Un successo che dentro di noi già prevedevamo ma su cui nessuno voleva scommettere in sede di progettazione.

Nel vostro settore molti problemi derivano anche dal copyright e dai diritti degli artisti registrati, che almeno parzialmente vi limita il ventaglio delle scelte. Come avete superato questo problema?
La questione del diritto d’autore e di riproduzione è lo scoglio insormontabile di tutte le start-up musicali. Stereomood paga regolarmente la Siae per quanto riguarda i diritti d’autore. Per quanto riguarda le licenze da corrispondere alle major, la fruizione musicale proposta, la sterminata disponibilità di brani in creativa commons e sotto label indipendenti e la risposta degli utenti ci hanno convinto a non fornire un catalogo esaustivo che rischierebbe di compromettere la nostra esistenza. I fan di Stereomood sanno che da noi possono aspettarsi le soundtrack ideali per le loro emozioni e le loro situazioni di vita quotidiana e sorprendersi di fronte ad un nuovo artista di cui non immaginavano nemmeno l’esistenza.  
    
250.000 utenti registrati, riconoscimenti nazionali e internazionali (tra cui l’Official Honoree nella categoria Musica ai Webby Awards 2011), il lancio della app di SM per Apple che vi ha trasportati nel mondo del mobile. Quali sono i prossimi step?

Il primo passo da fare è aprire tutti i canali di revenues che abbiamo individuato nei mesi scorsi per garantirci una struttura stabile e un organico all’altezza delle infinite idee che vogliamo implementare nelle successive release. Posso comunque già anticipare il rilascio di importanti update che permetteranno la personalizzazione dell’esperienza di ascolto e la realizzazione di una applicazione ufficiale per il mercato mobile. A breve lanceremo il nostro blog per garantirci un dialogo sempre più fruttuoso con una community molto fidelizzata che vorremmo coinvolgere sempre più nei nostri progetti: il crowdsorcing è il nostro imprescindibile orizzonte filosofico.

Quali pensi siano stati gli ostacoli più grandi nello sviluppo di un “prodotto” del genere in Italia? So che probabilmente andrete negli Usa per presentare Sm a S.Francisco. Cosa vi aspettate? Pensate di trovare qualcosa di diverso?
Dispiace dirlo, ma l’ostacolo più grande è la solitudine dello startupper di fronte alla burocrazia, agli investimenti e ai media. Manca un ecosistema solido di sostegno a persone che rischiano tutto per mettersi in gioco con le idee in cui credono.
Se Stereomood approderà a San Francisco i benefici più grandi verranno non solo da eventuali finanziamenti ma dal confronto con una realtà che trasuda conoscenza e competenza da tutti i pori.

Ormai siete diventati pane quotidiano per molti, che invece di ascoltare la propria musica si fanno suggerire nuovi artisti da Sm, chi di primo mattino, chi a lavoro, chi mentre fa sport. Cosa si prova ad inventare qualcosa di cui la gente scopre di non poter fare a meno?
Quando ci soffermiamo su questo aspetto ci sorprendiamo ogni volta come se ci trovassimo di fronte al primo commento entusiasta. Ora sono i fan la nostra vera motivazione a non mollare e a portare Stereomood nell’olimpo delle streaming radio.

I media, è risaputo, possono condizionare notevolmente la nostra percezione dei fatti e, in generale della realtà. È partendo da questo lapalissiano assunto che MInorities STERotypes on MEDIA, in collaborazione con il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università la Sapienza di Roma, il Centro d’ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva e il supporto di Open Society Foundation, ha deciso di coordinare una ricerca volta a stabilire quale fosse la rappresentazione data dai mezzi d’informazione sulle minoranze sociali. Per minoranze sociali vengono intesi gli immigrati, i gruppi con diversi orientamenti sessuali e alcune figure poste ai margini della società come tossicodipendenti, detenuti ecc…
Il monitoraggio effettuato, che ha coperto un lasso di tempo di 11 mesi, da luglio 2010 a giugno 2011, è stato condotto 24 ore su 24, 7 giorni su 7 su tutti i notiziari e le trasmissioni di attualità e approfondimento in onda in tv e in radio per un totale di 1940 prodotti (304 televisivi e 1636 radiofonici).
Il risultato del progetto vede gli immigrati aggiudicarsi il primato di maggiore presenza sui media (58,6% dei casi), seguiti, anche se a lunga distanza, da gay, lesbiche e transessuali che invece catalizzano l’attenzione dei media per il 13,8% dei casi selezionati. Più in basso troviamo invece le minoranze religiose (13,2%), quelle etno-culturali e linguistiche (11,3%) mentre fanalino di coda, con solo il 2,6% dei casi, i tossicodipendenti e i detenuti.
Alle indicazioni sulla quantità dei casi analizzati e dei loro soggetti segue nel progetto un’attenta analisi della qualità dell’informazione data.
Le minoranze sono infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, accomunati ad eventi di cronaca nera o a vicende giudiziarie: questo comporta inevitabilmente dei parallelismi, non sempre appropriati, che gettano ombre sui soggetti interessati istigando la discriminazione anziché la coesione.
La strategia della paura nell’informazione giornalistica ( ma anche politica) è da anni infatti usata, spesso in maniera strumentale, per attecchire sul telespettatore, catturare la sua attenzione, di fatto impaurendolo.
“Se il presupposto è falso, anche la percezione che viene propagandata è falsa”, dichiara l’europarlamentare Emma Bonino che ha partecipato alla tavola rotonda di presentazione della ricerca assieme a Mario Morcellini, Direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale e Gianni Betto, Direttore del centro d’ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva.
Il vero obiettivo della ricerca, viene precisato, non è tanto quello di esibire uno studio della questione, bensì quello di fornire un primo valido strumento che permetta alle minoranze di esprimersi, di partecipare attivamente alla vita cittadina diventando così da oggetto dell’informazione a soggetto mediatico.
Bocciate dunque sia radio che tv? Non proprio. La ricerca mette in luce come i fatti sociali vengano raccontati con maggior rigore nei programmi radiofonici, mezzo più adeguato e attento nella trattazione delle tematiche in oggetto.
“Il problema è che oggi il termine minoranza è sempre visto in un’ottica negativa – spiega Luigi Manconi, presidente dell’Associazione “A buon diritto” – , percezione causata dalla dittatura delle maggioranze. E dalla cattiva informazione, che rende le persone più cattive.”
Dall’ultimo rapporto ISTAT sugli immigrati in Italia (2010), i cittadini stranieri residenti in Italia sono 4.235.059, circa il 7% della popolazione totale. Non sono stimabili con altrettanta precisione gli omosessuali o ancora coloro che professano altre religioni ma tentare di razionalizzare le informazioni assorbite dai media, uscendo dal luogo comune del diverso=nemico, potrebbe aiutarci a vivere in un mondo più aperto e democratico.

Libera il DJ che hai dentro! Questo è lo slogan di Spreaker, una piattaforma che permette all’utente di creare una propria stazione radio in modo semplice, legale e gratuito. Basta infatti registrarsi al sito creando un account e…via!, Spreaker mette a disposizione una console di mixaggio per gestire effetti sonori così come la propria musica.
Il passo successivo è trasmettere in diretta le proprie registrazioni; è infatti possibile selezionare e creare i podcast da ascoltare e proporre.
Inoltre, la piattaforma offre la possibilità di invitare i propri amici a seguire le registrazioni e ad essere ascoltati in diretta su Facebook.
Spreaker è infatti una social web radio dove tutti i contenuti sono realizzati dagli utenti della community; un sito ideato per condividere idee, approfondire dibattiti, informare ed informarsi al tempo di musica. I programmi che gli utenti realizzano sono audioblog, entertainment, talk radio, approfondimenti musicali.
Gli utenti contribuiscono con la creatività e Spreaker gestisce l’intera infrastruttura per rendere il servizio completamente gratuito.
L’offerta dei contenuti è eterogenea e gli ascoltatori posso seguire show creati da persone comuni secondo modalità di ascolto simili a quelle della radio FM o di una web radio e, in qualsiasi momento, un ascoltatore può diventare un utente attivo realizzando il proprio show.
L’homepage del sito presenta quattro diverse sezioni: la prima è quella dedicata agli show in diretta, segue la classifica di quelli più ascoltati, la terza è pensata per presentare i LIVE che andranno in onda nel giro di 24 ore e l’ultima evidenzia gli ultimi show registrati su Spreaker.
Per chi non ha dimestichezza con uno strumento del genere è possibile postare le domande sul Forum. Ci sono infatti 4 diversi topic: supporto e aiuto; consigli e suggerimenti per realizzare uno show; una sezione per promuovere il proprio programma; e l’ultimo per gli sviluppatori.
Inoltre, al fine di migliorare e aggiornare di continuo il sito, nella sezione Feedback, l’utente può dare un proprio riscontro circa le funzionalità e l’efficienza del servizio.
Spreaker ha predisposto inoltre la possibilità di ascoltare le proprie “creazioni” musicali su iPhone oltre a poter scaricare l’applicazione su iTunes.
Una volta c’erano i talent scout, oggi quella figura è andata via via scomparendo sostituita da mega produzioni denominate talent show. Spreaker con pochissimi mezzi, ha fatto riscoprire la passione per il mezzo radiofonico democratizzandone la produzione e la diffusione di programmi.

Stretta tra due fiumi, il Sava e il Danubio, l’identità della città di Belgrado è fatta di scritture e riscritture sematiche date dalle varie popolazioni che l’hanno abitata, vissuta, costruita, distrutta e ricostruita seguendo iter storici ciclici.
E così dalla latina Singidinum, passando attraverso l’invasione dei popoli slavi, e l’ incoronazione per la prima volta come capitale del Regno di Serbia, si arriva alla conquista degli Ottomani nel 1521. Si torna poi in Europa con la dominazione austriaca e nel 1841 Belgrado è nuovamente capitale, stavolta del Principato di Serbia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale è la volta del socialismo di Tito e, dagli anni ’80 in poi, del regime di  Miloševi? . Attualmente Belgrado cerca di aprirsi all’Occidente e al capitalismo, con risvolti positivi e negativi, tra cui l’inseguimento di canoni estetici postmodernisti, l’apertura ai colossi commerciali e l’abusivismo edilizio.
Volendo raffigurare questo iter dal punto di vista architettonico e urbanistico, dovremmo disegnare un accampamento  romano, poi la sua distruzione ad opera degli Unni, Avari e Slavi, le moschee ottomane e il quartiere Dor?ol con la sua struttura viaria tipica della città orientale, e il quartiere Zemun di impronta e aspetto austriaci,  così come gli edifici in stile austriaco mitteleuropeo e  i palazzi storici in stile classicista di una delle arterie principali della città, Kneza Mihailova. Con il socialismo invece tutte le abitazioni e gli edifici dovevano conformarsi a standard comuni e quindi ritroviamo un intero quartiere costruito ex novo (Novi Beograd), ma anche il palazzo dell’Usce dove il dittatore Miloševi? amava tenere i suoi discorsi, oggi principale centro commerciale della città.
In un interessante libro del ricercatore in Semiotica Francesco Mazzucchelli, la città di Belgrado viene analizzata, insieme ad un pugno di città dell’ex Jugoslavia, proprio da un punto di vista semiotico, partendo  dalla concezione di città come testo: “un luogo della memoria può essere visto come un testo che esterna lizza una determinata forma di temporalità, proiettando un passato ma anche un futuro, una futuribilità di tale passato”. Il concetto di Urbicidio, titolo del saggio, è stato “utilizzato da Bogdan Bogdanovi? (architetto ed ex sindaco di Belgrado negli anni ’80, nonché forte oppositore della politica nazionalista di Miloševi?) per indicare come ” la città (….) diventa un obiettivo non solo strategico ma soprattutto semiotico e spesso anche mediatico: sono i valori identitari, sociali e culturali rappresentati dai centri urbani a costituire l’obiettivo strategico delle azioni belliche, a volte ancor più degli effettivi obiettivi strategici”.
La tesi di Mazzucchelli è che la ricostruzione o la non ricostruzione sono legate, oltre che a ovvi motivi burocratici e politici (le richieste di pagamento inevase alla NATO colpevole dei bombardamenti, la lunga e burocratica vendita degli immobili, la riconversione d’uso, ecc..), anche a processi di sedimentazione delle diverse identità di quei luoghi, il cui stato rimane e deve rimanere a testimonianza di quanto è avvenuto. Così per citare un esempio, la RTS, televisione di stato che fu bombardata nella notte del 23 aprile 1999  in cui persero la vita 16 persone,  è stata oggi completamente ricostruita, mentre i palazzi che componevano il Generalstab di Miloševi?, sede del Ministero della Difesa e dell’esercito federale, rimangono al centro della città, nell’arteria di Kneza Milosa che conduce dall’aeroporto al centro città, distrutti e decadenti, piani di macerie su piani di macerie, sottoposto a controllo da parte delle autorità e sui quali vige il divieto di fotografia.
E l’arte e la cultura, come si sono mosse in questo labirinto di contraddittorietà, sovrapposizioni e soprattutto in uno scenario non florido dal punto di vista economico? Numerosi sono i centri culturali nati sui resti di edifici di archeologia industriale e riconvertiti a nuova vita. Ne sono un esempio il GRAD (European Center for Culture and Debate GRAD / Cultural Front) in Bra?e Krsmanovi? 4,  il REX Kulturni Centar in Jevrejska 16. Mentre lo SKC Studentski Kulturni Centar, storico polo culturale della città, resta nella sua centrale sede di Kralja Milana 48, anche in seguito ai recenti lavori di ristrutturazione. Un gruppo di artisti  provenienti dall’Accademia si sono stretti intorno alla galleria MAGACIN che, rivitalizzata grazie al loro intervento, dal 2007 ha svolto un ruolo di primo piano nella rinascita culturale e artistica della città. Una città che, come ci racconta Uros Radenkovic, direttore della programmazione musicale del GRAD negli anni ‘90 era in preda ad una subcultura underground, che lottava contro il potere ma usava anche forza e violenza per imporre le proprie ideologie. Allora, riferisce Uros, era normale girare armati e farsi giustizia da soli. Oggi è come se tutto fosse diventano più mainstream, e i toni si sono molto distesi.
La città sembra non voler pensare e soprattutto parlare delle epoche buie, dei bombardamenti, della guerra.
Le domande sulla guerra non trovano risposta, si cambia argomento, si gira la faccia. E quando qualcuno finalmente risponde si sente dire che “la guerra è stata vissuta più e più volte, il territorio è scosso da ondate di guerre in maniera ciclica, ognuno conosce la guerra e ognuno vi ha perso amici e parenti”, ma i loro occhi accesi e il loro tono di voce alzato sembrano invece voler dire “perché bisogna parlarne?”  Forse noi europei, che a mala pena ricordiamo le tremende conseguenze della Seconda Guerra Mondiale, vogliamo chiedere, parlare, investigare, mentre le ferite dei serbi bruciano ancora dopo più di 10 anni dall’ultimo bombardamento NATO. E forse ci vuole rispetto per il loro silenzio.
La città ha voglia di reagire, e la cultura e l’arte spingono per emergere e venire fuori con la loro carica positiva. “Il GRAD era un ex stabilimento tessile e il suo recupero e la sua odierna attività è stato solo il primo passo verso la riqualificazione dell’intera zona intorno al ponte Branko” ci dice Uros. La mission del  VEGA YOUTH CENTRE è invece aumentare la consapevolezza dei giovani di Belgrado, le loro prospettive e possibilità, e si dirige a tutti quei ragazzi che hanno sempre e solo vissuto gli stereotipi negativi della guerra e i conseguenti  pregiudizi verso l’Europa e l’europeizzazione. Un manipolo di antropologi, fondatori del VEGA, cerca di dimostrare che la cultura va oltre le barriere etniche e linguistiche e utilizza come mezzi il video activism e la video advocacy. Come Manja, 31 anni, alle spalle una carriera di violinista a Londra e un futuro ancor più roseo davanti, quando decide di tornare in Serbia, a Belgrado, e fondare insieme ad alcuni amici Radio Novi Beograd, una radio indipendente (le pubblicità sono completamente bandite) che dà voce alla parte della città più connessa con il tessuto urbano, giovanile e underground.  Oggi, anche senza finanziamenti visto che il mecenate che ha permesso l’acquisto delle attrezzature dopo un anno ha ammesso di non poter più sostenere le attività, va coraggiosamente avanti con bandi europei e tanti volontari.
Sono le persone nominate qui e tutte quelle a cui è difficile dare un volto in questo articolo, ma che come loro credono nel potere della cultura come mezzo per potenziare giovani e popolazioni, che stanno “spingendo sull’acceleratore”, favorendo la ripresa culturale ma anche sociale della città. Avanti tutta Belgrado!

Un sito che tutti possono inserire tra i preferiti: si tratta di Musicovery, una risorsa web gratuita (disponibile anche in versione Premium a pagamento, ovviamente) che permette di ascoltare musica in streaming. Come tanti, vi direte. Ed invece Musicovery riesce a spiazzare la concorrenza (tranne il monopolio Youtube, forse) con una grafica accattivante e una ricerca brani originale che permette di selezionare gli artisti e i brani a partire non solo dal genere musicale, ricerca per artista ecc, ma anche dal proprio stato d’animo. Scuro, Positivo, Energico, Calmo: questi i punti di partenza per andare a scovare la musica giusta da ascoltare nel momento giusto.
Ancora povera la lista degli autori italiani con brani (i più celebri) di Vasco Rossi, Carmen Consoli, Giovanni Allevi e pochi altri, mentre gli artisti internazionali sono veramente centinaia e centinaia.
Difetto che abbiamo riscontrato: molti brani prendono il via e non si riesce a bloccarli e, nel momento in cui si effettua una nuova ricerca, la musica comincia ad interporsi creando mix veramente letali per le nostre orecchie. Non rimane altro che chiudere tutto e ricominciare. Neo abbastanza fastidioso, sicuramente da correggere.
Per il resto, al momento della registrazione è possibile selezionare il proprio paese di origine (nella lista dei paesi compaiono veramente tutti i paesi del mondo) e navigare nella propria lingua madre o in inglese.
Per qualche mese, anche Musicovery, come molti altri suoi simili, è stato oscurato per motivi legati all’eccessivo flusso di utenti e per violazione di copyright, ma ora sembra aver “risolto” ed essere ritornato alla luce più agguerrito di prima.
Scaricando un plug-in, inoltre, è possibile ascoltare i brani di Musicovery sia da i-Tunes che su altri prodotti Apple, requisito ormai necessario per tutti coloro i quali tentano di diffondere musica gratuitamente guadagnando esclusivamente con le inserzioni pubblicitarie, presenti sul sito ma non troppo invadenti.
Da segnalare la possibilità offerta dalla nuova chiave di ricerca “Alternative versions” che permette di ascoltare lo stesso brano in versioni differenti (acustica, live, rock, remix o cover).
Immancabile, per finire, la sezione dedicata ai social: ogni brano, infatti, è condivisibile sui principali social network in modo che anche i vostri amici sappiano ogni volta cosa state ascoltando…e di che umore siete! Buon ascolto.