terrafuochiLa terra dei fuochi: sull’argomento si è già detto tanto. Il tema è stato ampiamente trattato, in tutti i suoi aspetti più inquietanti ed angoscianti, dalle più eminenti fonti di informazione e di approfondimento di fenomeni sociali e di degrado sociale.
Ci troviamo, senza dubbio, di fronte ad uno dei casi di disprezzo per il territorio più grave che si possa ricordare da sempre.
Cosa può scrivere, su tale argomento un giovane, campano, che si è formato credendo che la cultura e la valorizzazione della cultura, legata al territorio e all’amore per quest’ultimo, possano essere la chiave di lettura del nostro futuro? Cosa può pubblicare una testata che segue i tempi della cultura e dell’economia della cultura, che vada oltre l’accusa o la retorica?

Parlare della Terra dei Fuochi è difficile, soprattutto se si vuole andare “oltre”, se si vuole guardare al futuro e, necessariamente, trovare una via di uscita.
La consapevolezza di trovarsi di fronte ad una situazione disastrosa, non da ieri, ma da anni, rende l’approccio difficile, soprattutto nel superare la rabbia istintiva e la sensazione di impotenza per i danni provocati alla propria terra, o… alla terra degli altri!

Ora, però, è tempo di trovare soluzioni. Vanno cercate, attuate e perpetuate.
Difficile intravedere spiragli, note positive o anche barlumi di luce in fondo a questo tunnel grigio scuro e nero, come i fumi che si alzano da anni tra le terre fertili della Campania.
Ma, da qualcosa bisogna iniziare. Parlavamo di “cultura”, proviamo a declinare il termine e a farne la nostra chiave di lettura.


Cultura è consapevolezza e conoscenza.
Finalmente se ne parla, finalmente ci si rende conto che la terra non ingoia tutto senza “protestare”, ma che prima o poi presenta il conto. Ed il conto è salato.

 

Cultura è partecipazione.
Le Istituzioni devono a tutti delle risposte e tutti le aspettano; i segnali arrivano ed è necessario seguirli – senza mollare – perché è un diritto sacrosanto aspettarsi soluzioni e fatti concreti: leggi speciali, iniziative, ascolto dei cittadini e dei primi cittadini delle città coinvolte, individuazione di case history d’eccellenza in tema rifiuti del mondo, e tanto altro, la politica può!

 

Cultura è informazione e sensibilizzazione.
La stampa, gli intellettuali, gli scrittori, i registi, possono fare qualcosa? La risposta è certamente affermativa. Continuare a parlarne, più possibile, raccontare le storie, la realtà, quello che si vede camminando lungo quelle strade distrutte, stuprate, martoriate da rifiuti di ogni genere provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa. Sensibilizzare non solo chi vive questa realtà, ma soprattutto chi non la vive e ha bisogno di capire.

 

Cultura è amore, appartenenza e rispetto.
Ed infine, i cittadini, possono fare qualcosa? Sì, possono fare la cosa più importante, che forse oggi non sarà “visibile” ad occhio nudo, ma nel tempo sarà la cosa più importante. Possono riappropriarsi delle loro terre, possono amare di più tutto ciò che li circonda, sentirsi appartenenti al territorio ed essere consapevoli e coscienti della ricchezza della terra ed i suoi frutti e farne “bene” e “valore” comune.

Prendendo in prestito le parole di una grande persona del nostro tempo:
“La Terra non appartiene a nessuno o non dovrebbe appartenere a nessuno; i suoi frutti appartengono a tutti o dovrebbero appartenere a tutti. Eppure l’avidità di pochi prende possesso di immensi spazi, estromette intere comunità, distrugge la bellezza del paesaggio e la fertilità dei suoli, gli arroganti prevalgono sugli umili. Umile, da humus, colui che è vicino alla terra. Da sempre amo quella parte di umanità che si prende cura della Terra.”
Carlo Petrini

Ecco, cultura è consapevolezza, conoscenza, partecipazione, informazione, sensibilizzazione, amore, appartenenza, rispetto

E’ una questione di cultura: ripartiamo da qui, tutti, insieme.

 

 

 

posacenereIl 31 maggio è la giornata mondiale contro il fumo e intende invitare tutti ad astenersi dall’uso di sigarette per almeno 24 ore. Questa ricorrenza è partita nel 1987 per volere degli Stati membri dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che in quegli anni già aveva rilevato gli effetti dannosi del fumo per il benessere fisico. Ogni anno la giornata, simboleggiata da rose nei posaceneri, abbraccia un tema in particolare: per il 2013 l’impegno è quello di eliminare la pubblicità, la promozione e la sponsorizzazione del tabacco.

Quelle che seguono sono alcune delle campagne pubblicitarie contro il fumo: le immagini sono volutamente forti e scioccanti.

 

 

E’ ufficiale: sembra che i baffi siano l’elemento cult di questo periodo. Il loro design semplice e ben riconoscibile è visibile ovunque: si vedono stampati su magliette, riprodotti su bigiotteria e oggetti di uso quotidiano, persino su lenzuola e calzini!
La moda sta spopolando ovunque, ma l’origine di questo “tormentone” ha una motivazione benefica: a lanciare i baffi è “Movember”, associazione australiana impegnata nella lotta contro il cancro alla prostata. Ogni anno, nel mese di novembre, Movember chiede agli uomini di tutto il mondo di farsi crescere i baffi, al fine di sostenere e sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo le problematiche legate alla salute maschile.

Per saperne di più leggete l’articolo che Tafter ha dedicato all’iniziativa

Questa la pagina Facebook italiana di Movember

L’ambiente che ci circonda e la partecipazione sociale, si sa, influenzano inevitabilmente la nostra vita. Un contesto ricco e stimolante non solo ci permette di vivere meglio ma agisce in maniera positiva sul nostro stato psico-fisico. E cosa più della cultura può rendere il nostro ambiente interessante e soddisfacente? Cosa meglio delle attività culturali può nutrire le nostre menti, mantenendole giovani e in salute?
È cosa certa che negli ultimi decenni la percezione del benessere individuale si sia sempre più legata ad un’idea complessiva, un’idea che tiene conto non solo di elementi materiali e fisici ma anche di una dimensione puramente emotiva, psicologica e sociale. Per questo si è cominciato ad osservare quanto, chi usufruisce delle bellezze artistiche e culturali che ci circondano vive non solo una vita più felice ma corre anche meno rischi di soffrire di ansia o di disturbi depressivi. Infatti, è stato provato che la cultura regala emozioni e sentimenti positivi che si ripercuotono su tutto il nostro essere. Ed è proprio questa la novità riportata dalla ultime ricerche: non solo la mente ma anche il corpo trae beneficio dagli stimoli culturali presenti intorno a noi.
Il Journal of Epidemiology and Community Health, ad esempio, ha pubblicato uno studio realizzato da un’Università norvegese che, dopo avere seguito le attività e lo stile di vita di più di cinquantamila persone, ha dimostrato quanto le arti abbiano un effetto benefico sulla salute sia mentale che fisica. Un’altra ricerca, questa volta tutta italiana, realizzata da Doxa per la Fondazione Bracco, sostiene che, proprio l’impegno nelle attività culturali incida in maniera significativa sia sul benessere generale che sull’aspettativa di vita di ciascuno. Addirittura, su una scala di fattori che influenzano la nostra salute, la fruizione di stimoli culturali sarebbe più importante della condizione economica.
La soluzione per l’eterna giovinezza è dunque sempre stata davanti ai nostri occhi. E la risposta non è arrivata da un farmaco o da una qualche innovativa scoperta biomedica. Tutto quello che occorre fare è non dimenticare le nostre tradizioni, la nostra storia e la nostra identità e dare la giusta importanza ai corretti stili di vita.
Insomma, visitare un museo, leggere un libro, andare a teatro o a un concerto è un vero toccasana e noi abbiamo la possibilità di migliorare la qualità della nostra salute impegnandoci in un appuntamento costante con la cultura.
Dimentichiamoci delle equazioni cultura/intrattenimento, cultura/piacevole passatempo: la cultura non è qualcosa di superfluo, al contrario migliora e allunga la vita e può essere medicina ed efficace prevenzione. Non a caso, in molti paesi si stanno studiando vere e proprie politiche di cultural welfare, basate sulla consapevolezza che, proprio la fruizione culturale, può rappresentare una leva per lo sviluppo e per il benessere. Specialmente in un periodo di crisi la cultura rappresenta una vera e propria risorsa per la crescita dell’intera società.

Che l’alimentazione è alla base della nostra salute è una consapevolezza arcaica che, solo dopo il dannoso boom del junk food e dei cibi pronti, stiamo lentamente riscoprendo.
Sembra infatti che i consumatori italiani abbiano voglia di tornare a sapori genuini e sani, così come testimonia la forte crescita della vendita di prodotti biologici nel nostro Paese, che dal 2000 al 2010 è triplicata e continua a crescere.
Il costo dei prodotti cosiddetti “bio” è tuttavia dal 5 al 10% maggiore rispetto alla media, e attualmente resta appannaggio di una ristretta cerchia di popolazione.
Per mangiare cibi sicuri e naturali senza eccedere nella spesa non ci sono tuttavia solo i produttori che effettuano vendita al dettaglio, i negozi specializzati o la grande distribuzione, che si è aperta ultimamente a questo mercato, ma esistono anche le piccole realtà degli orti urbani.
L’idea di realizzare piccole coltivazioni all’interno del tessuto cittadino è riconducibile ai “kleingarten” di Lipsia destinati ai bambini e ai “jardins ouvriers” francesi risalenti all’Ottocento, ma la riscoperta si è avuto negli anni ’80 come fenomeno sociale in risposta alla crisi economica dell’epoca.
Oggi gli orti urbani si stanno moltiplicando grazie all’accresciuta sensibilità verso i temi della sostenibilità ambientale, di riqualificazione degli spazi cittadini, di risparmio economico e sicurezza alimentare. Secondo una ricerca effettuata dalla società di studi economici Nomisma, sarebbero più di 18 milioni i detentori di orti in Italia ed esperienze degne di nota sono presenti da Nord a Sud.
Esiste persino un progetto nazionale di Orti Urbanisostenuto dalla fondazione Campagna Amica, in collaborazione con Coldiretti, che raccoglie le diverse realtà che aderiscono al vademecum stilato: tra i principi cui attenersi è richiesta la predilezione nella coltivazione di ortaggi e frutta caratteristiche del luogo, tutelando la biodiversità e rispettando la stagionalità dei prodotti. Agli orti aderenti è inoltre richiesto di aprirsi ad attività didattiche volte a favorire la cultura del biologico, escludendo il ricorso a fitofarmaci e sottoponendosi ai controlli di Campagna Amica.
Anche Italia Nostra e l’ANCI hanno sposato questa attività firmando nel 2008 un protocollo d’intesa che impegna i vari Comuni che aderiranno al progetto ad attenersi a linee guida comuni stilate dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia. L’obiettivo principale è quello di reintrodurre nella società odierna la cultura del mangiare genuino, riscoprendo tradizioni parti integranti della nostra cultura e utilizzando in modo sostenibile il suolo. Le indicazioni fornite cui devono attenersi gli orti partecipanti sono in gran parte specifiche tecniche atte a garantire una corretta coltivazione, come la fornitura idrica, lo smaltimento dei rifiuti, la limitazione dell’impatto antropico, ma non mancano misure volte ad armonizzare gli orti con la valenza storica e architettonica dello spazio e a selezionare le specie più adatte alla coltivazione. In queste realtà si adotta inoltre il metodo del ”pick your own”: esiste infatti la possibilità per i consumatori di scegliere i prodotti freschi direttamente dalle piante, raccogliendoli di mano propria; tale sistema self service, insieme alla riduzione al minimo della filiera, garantisce un abbattimento consistente dei prezzi.
I vantaggi offerti da queste attività sono stati riconosciuti dunque anche da molte amministrazioni locali che, oltre ad aderire a iniziative nazionali come quelle sopra citate, adottano pure decisioni volte a favorire la nascita e la valorizzazione degli orti urbani. I comuni di Padova, Vicenza, Torino, Milano, Trieste, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, ma anche Senigallia, Cesena, Massa Marittima e molti altri hanno infatti emanato ordinanze volte all’affidamento di orti cittadini ad associazioni di anziani, disabili, ma anche di semplici volontari desiderosi di tornare a gustare sapori autentici, di cui è nota la provenienza e la modalità di coltivazione.
Gli orti urbani sono perciò a tutti gli effetti realtà virtuose che garantiscono cibi freschi e sani a basso costo, favorendo l’abbellimento degli spazi e la socialità, e dando un importante contributo al miglioramento della qualità della vita.