Culture21 srl – Gruppo Monti&Taft Ltd
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Il panorama della app è in continua espansione e aggiornamento, come dimostrano i dati relativi al mercato del settore: si calcola che solo in Europa abbiano creato fino ad ora ben 800 mila nuovi posti di lavoro e le stime ritengono che i numeri vadano in crescendo per gli anni a venire.
Molte di queste ingegnose applicazioni nascono dal lavoro di giovani start up che hanno scommesso sulle proprie idee, volte principalmente a facilitare e rendere più agevoli i piccoli gesti quotidiani di ognuno di noi.
Ecco alcune delle ultime novità emerse in particolare nelle file italiane, perché il nostro Paese non è rimasto a guardare, ma è sceso in campo con app interessanti e innovative che nulla hanno da invidiare ai prodotti delle Silicon Valley.
Loro e molte altre saranno presenti alla prossima edizione di SMAU Milano, dal 23 al 25 ottobre.
Poter contare su consigli utili, interessanti e soprattutto sintetici è diventato al giorno d’oggi un aiuto fondamentale per chi viaggia e necessita informazioni relative ad hotel, ristoranti, shop e punti di interesse. Proprio per questo nasce WeAGoo, un portale d’informazioni turistiche localizzate e descritte in modalità “short information”, volte a fornire indicazioni essenziali ma capaci di cambiare le sorti di un viaggio. Il format utilizzato è standardizzato e i testi sono rielaborati e concentrati in 480 caratteri di lunghezza massima.
Dove? Quando? Cosa? A questi interrogativi risponde Where’s Up?, l’app per chi è alla ricerca di concerti, aperitivi, serate in discoteca ma anche sagre, eventi culturali, enogastronomici, sportivi, spettacoli e molto altro. Questa applicazione georefenziata consente perciò di conoscere nell’immediato quali appuntamenti gravitano attorno a noi, garantendo anche sconti e particolari promozioni.
Assistere ad un’opera lirica è un’esperienza immancabile, ma spesso per il pubblico esordiente o straniero può apparire ostica la comprensione dei testi. Opera Voice arriva a risolvere questo inconveniente: è infatti una piattaforma web a cui si collegano i dispositivi mobili del pubblico, che ricevono così, in perfetta sincronia, i sottotitoli. Opera Voice arricchisce la tradizionale titolazione con due, tre o più lingue che lo spettatore sceglie in autonomia, con un considerevole abbattimento dei costi.
Se poi voleste usufruire delle app precedenti, concedendovi un viaggio o la partecipazione ad un evento, ma non sapete a chi affidare i vostri bambini, ecco che giunge in vostro soccorso Oltre TATA. Si tratta di un motore di ricerca geolocalizzato nato per supportare famiglie in cerca di tate per i propri figli e per dare valore al ruolo dell’educatore. Qui troverete tate, baby sitter, aiuto compiti, animatrici e tagesmutter, suddivise per località e con profili dettagliati, corredati di foto, descrizione, eventuali referenze, costo. Un modo facile, veloce e sicuro per affidare in buone mani i vostri piccoli.
Inbookiconsente invece un’esperienza di lettura innovativa, attraverso gli e-book che diventano così in-book, una nuova forma d’arte, per vivere racconti, libri e guide turistiche in maniera immersiva e coinvolgente. Il lettore è partecipe del racconto, può condizionare le sorti della storia o leggerla da diversi punti di vista. Un’apposita libreria virtuale consentirà inoltre di scegliere tra una variegata lista di titoli che si moltiplicano grazie anche alla creatività dei lettori.
Per chi avesse bisogno di una mano per svolgere qualche lavoro domestico c’è Join Job, un innovativo service networking. Questa piattaforma facilita l’incontro tra domanda e offerta: cuochi, pulizie, consegne, traslochi, dog sitter, personal shopper, elettricisti, idraulici, pittori e altro saranno così a portata di mano. E’ possibile scegliere tra le diverse offerte e pagare in sicurezza, il tutto corredato da feedback finali utili per gli altri utilizzatori.
TechCrunch è l’evento che per due giorni (26 e 27 settembre) al Maxxi di Roma ha reso protagonisti progetti e scommesse per il futuro. Start-up vincitrice della II edizione di questo appuntamento internazionale è GiPStech.
GiPStech, selezionata tra 200 candidature, è una tecnologia per la geolocalizzazione indoor, utilizzabile in assenza di copertura del segnale GPS, non usa Wi-fi, ma il campo magnetico terrestre. Utilizzabile negli spazi interni, come per esempio i musei, è stata scelta come l’idea imprenditoriale digitale più interessante tra 8 finaliste. I suoi fondatori: Matteo Faggin, Gaetano D’Aquila e Giuseppe Fedele, si aggiudicano 2 biglietti per il prossimo Disrupt SF e il premio, offerto da Populis, consistente in un finanziamento da 10.000 euro più un pacchetto di visibilità da 40.000 euro sulle media properties di Populis, fondata da Luca Ascani e Salvatore Esposito.
Tra i progetti interessanti Fluentify, una delle finaliste, piattaforma attraverso cui entrare in contatto con docenti di madrelingua, a scelta, con cui conversare online. Il progetto non è una novità in assoluto, ma sicuramente utile nel campo dell’apprendimento linguistico. Molte start-up presenti non erano orientate ai consumatori, ma all’offerta di servizi alle aziende, come per es. BeMyEye (servizio che consente di vedere cosa accade nei negozi di un’azienda) o Vivocha (offerta di assistenza da parte delle aziende ai propri clienti, che spesso abbandonano un acquisto online proprio per la mancanza di supporto).
Techcrunch, in collaborazione con Populis, ha dimostrato anche quest’anno di essere il palcoscenico dell’imprenditoria digitale, attenta alle innovazioni in campo informatico e impegnata a dare visibilità alle start-up digitali italiane. Il bilancio dell’edizione 2013: un migliaio di partecipanti, oltre cento giornalisti, decine di relatori affermati nel campo, presentati e intervistati da Marco Montemagno, come l’investitore israeliano Yossi Vardi, Francesco Caio (Responsabile di Agenda digitale), Renato Soru (Co Founder di Tiscali), Lucas Carné (co founder e CEO di Privalia), John Underkoffler (founder di Oblong e ideatore dell’interfaccia del film Minority Report), Steffi Czerny (founder delle conferenze tech DLD e DLD Women) e molti altri.
Tra gli interventi più significativi quello della giovane Amelia Showalter (Former Director of Digital Analytics della campagna per la rielezione a presidente di Obama) che ha dimostrato come una squadra di 18 giovanissimi scrittori di email si sia occupata, con successo, della raccolta fondi per la campagna volta alla rielezione di Obama. Questi diversi stili di email venivano testati continuamente per capire quale funzionava, dovevano essere il più possibile diversi e a volte quello esteticamente migliore non otteneva i risultati sperati. Era necessario inventare, osare, perché il pubblico è diverso, per appartenenza sociale, cultura etc. Questa squadra di giovanissimi, su cui Obama ha puntato, è stata vincente e la fiducia nei giovani è stato forse il messaggio più utile che Amelia poteva darci.
John Underkoffler ha illustrato come la tecnologia ‘touch’ sia superata: quella del film Minority Report non era un effetto speciale, ma è ciò che già esiste; ad oggi è infatti possibile con dei gesti davanti ad uno schermo, senza toccarlo come nel film, far eseguire funzioni ad un pc o spostare contenuti da un dispositivo all’altro.
L’investitore francese Fabrice Grinda, oltre ad organizzare numerosi incontri, ha rappresentato l’utilità sociale dei nuovi prodotti informatici che ci consentiranno in breve tempo di abbattere i costi dell’energia solare, della purificazione dell’acqua, di eliminare gli incidenti stradali grazie al self-driving, di computerizzare il controllo sulla nostra salute. Forse non tutti sanno che in Estonia il 24% della popolazione ha votato online nel 2011, il 93% paga online tasse, spese scolastiche e sanità, ma che soprattutto l’Africa è economicamente in crescita. Se gli scenari di guerra o depressivi fanno più notizia queste prospettive rincuorano non poco.
Ed è forse proprio una prospettiva sociale ed ecologica, investimenti nel welfare, che ci sarebbe piaciuto vedere di più in questo convegno. A parte l’esempio di Charity Stars che convoglia donazioni di personaggi famosi, a favore di associazioni quali Emergency o Medici senza Frontiere. Speriamo che in Italia venga superata la difficoltà per le giovani start-up di trovare capitali per finanziare progetti innovativi e che sempre più giovani abbiano il coraggio e la creatività di presentare progetti tesi a migliorare la società, la qualità della vita o l’ambiente, e non soltanto i profitti.
Happier è il social network che permette di condividere i propri momenti felici. Sì, avete letto bene. Solo i momenti, anche piccoli e apparentemente insignificanti, che però hanno senso nella nostra vita quotidiana: fanno parte di questa lista i sorrisi degli amici e quelli inaspettati del vicino di casa, leggere un libro ed emozionarsi, osservare un tramonto, scoprire lo scorcio di un paesaggio, incrociare lo sguardo con una persona nuova, mangiare una fetta di torta, ricevere un regalo.
Il sito, prende spunto da una ricerca secondo la quale condividere pensieri positivi rende più produttivi ed ottimisti. Ovviamente la cosa vale sia per i momenti belli che viviamo personalmente ma ha un effetto positivo anche per i pensieri che riceviamo dagli altri. Inoltre, la ricerca dimostra che chi è felice ha meno possibilità di avere attacchi di cuore (e di prendere il raffreddore!)
Un po’ troppo sdolcinato? A volte, in effetti, quando proprio l’umore è giù e ci si vuole trastullare nella propria depressione (anche per farsi compatire un po’), la condivisione di tutta questa positività risulta urtante e stucchevole.
L’uso dei colori: arancio, fuxia, viola, verde e giallo. Con queste tonalità l’allegria si trasmette già alla sola vista della homepage. Se volete diffondere buonumore, è possibile inoltre scaricare un kit completo di stickers e cartoline dispensatrici di positività!
Tutti. Chi non ha bisogno di una sferzata di positività? Si consiglia di apririlo soprattutto la mattina e prima di andare a dormire. Rimarrete sorpresi dalla quantità di cosebelle che succedono ogni giorno.
Realizzato da una coppia di Boston che ha smesso di ricercare la felicità e ha iniziato a trovarla nelle cose di ogni giorno. Il sito è raggiungibile dall’indirizzo https://www.happier.com/
Al giorno d’oggi le conoscenze, il network di persone con le quali si interagisce, sono fondamentali, praticamente per qualunque lavoro. Spesso, però, la possibilità di approfondire i contatti, di crearsene di nuovi, di estendere la rete di relazioni lavorative, viene a mancare per ragioni di tempo o semplicemente di opportunità. Ecco che a salvarci interviene Let’s Lunch, sito dedicato alla costruzione di proficue relazioni lavorative… a pranzo! Tramite Let’s Lunch si entra in collegamento con professionisti che possono essere a noi affini per interessi o attività e si organizza un pranzo “di lavoro” insieme. Si coinvolge, così, chi è in cerca di lavoro, chi vuole proporre un progetto per ottenere dei finanziamenti, i recruiter delle aziende che vogliono conoscere con un approccio informale i loro candidati, le imprese che vogliono creare nuove partnership.
Il sito è di semplice utilizzo. Una volta iscritti, si connette il profilo LinkedIn o Facebook alla piattaforma, in modo che il sistema possa reperire i dati utili alla nostra profilazione professionale e sociale. Quindi si indicano i giorni in cui si è disposti a dedicare un pausa pranzo ai nuovi incontri e la massima distanza che si può percorrere per spostarsi. Infine, due giorni prima dell’incontro, un’email riepilogativa informa sulla persona che si andrà a conoscere e sui ristoranti in zona che possono essere convenienti per entrambi. Il gioco è fatto. Non resta che andare a pranzo, rendere la conversazione il più possibile proficua, e tornare a lavoro, magari con qualche interessante spunto, affare, o semplicemente piacevole momento da ricordare, in più. L’ultima cosa che resta da fare è inviare un feedback sulla persona conosciuta.
I feedback e i pranzi aumentano, infatti, il “karma sociale” dell’utente di Let’s Lunch, permettendogli di diventare sempre più “appetibile” e richiesto per i prossimi pranzi di lavoro. E’ possibile organizzare incontri a due, o di gruppo, mettere in contatto tra loro utenti che si ritengono affini, rivestendo il ruolo di link builder, prendere parte a dei Gruppi di interesse. Il format è disponibile oltre che a San Francisco e New York, in Italia, Olanda, Spagna, UK, Nuova Zelanda.
È un’idea divertente, dinamica e utile per ampliare le conoscenze professionali, all’interno di un ambiente informale che favorisce lo scambio di opinioni e di progetti, senza l’ansia da prestazione di un colloquio, o di un incontro ufficiali.
La pausa pranzo dura davvero poco, e il range di persone interessanti da conoscere nel raggio di qualche chilometro, prima o poi potrebbe esaurirsi.
Let’s Lunch nasce nel fermento creativo e produttivo della Silicon Valley, a San Francisco. A capo del progetto ci sono un indiano, Syed Shuttari, un americano, Ryan Hoover, e un italiano, Daniele Bianca. Tutti e tre sono giovanissimi e super intenzionati ad espandere ancora di più il loro progetto, che in soli due anni ha già ottenuto un notevole successo.
Chi si annoia durante la pausa pranzo, chi ama discutere d’affari in maniera rilassata e informale, chi pensa che ogni occasione è buona per intessere relazioni con professionisti interessanti, e chissà, forse anche ai cuori solitari.
Cambiamo tutto! La rivoluzione degli innovatori
“Innovazione” è un termine spesso inflazionato, usato molto di frequente all’interno del vocabolario odierno. Nel saggio Cambiamo tutto! “innovazione” è una parola usata con cautela, e collegata principalmente ad uno strumento che si offre a coloro che non vogliono restare con le mani in mano di fronte alla crisi: internet. Il World Wilde Web viene indicato come la causa della “terza rivoluzione industriale” che stiamo vivendo; è il luogo in cui le cose accadono, il banco di prova per eccellenza per coloro che credono che nella vita si va avanti con il merito e con le intuizioni. Il lavoro non va più cercato, va creato, e internet – rete immensa di persone, non di computer – è lo strumento più democratico per dare vita a una società globale che si basi su “la trasparenza, la collaborazione, la partecipazione”. L’autore accredita questa tesi presentando esempi di start up, imprese o semplici individui che partiti da un’idea astratta, l’hanno perseguita e sviluppata, fino a farne un business di successo.
Il saggio si snoda in una serie di capitoli che esplorano, con freschezza e curiosità, testimonianze concrete di come il web sia davvero la chiave per una rivoluzione positiva non solo per la vita quotidiana del singolo, ma anche per la società, la politica, la scienza, l’istruzione.
Sono storie modernissime, come quella di Vito Lomese, un giovane pugliese che ha creato il motore di ricerca globale per il lavoro, Jobrapido; o più datate, come quella del team di Perotto della Olivetti che nel 1964 presentò all’Esposizione Universale di New York, il primo “computer fai-da-te”, quando ancora l’affermazione “vedremo un computer su ogni scrivania prima di vedere due macchine in ogni garage”, sembrava una profezia strampalata. Si parla anche di idee attualissime che oggi ci sembrano assurde e ci fanno sorridere, ma che un giorno, chissà, forse avranno costituito il primo passo verso un’altra rivoluzione epocale. È il caso, ad esempio, delle stampanti 3D e della intuizione di un certo Enrico Dini di utilizzarne una versione gigante per costruire case: il rapid building. Staremo a vedere…
Non è il solito manuale che ti consiglia come uscire dalla crisi con una brillante idea geniale che per magia ti renderà il nuovo Zio Paperone. È una collezione di storie reali, effettivamente accadute a gente normale, a italiani. È un saggio che serve all’Italia, un paese spesso troppo radicato in convenzioni e schemi desueti e timorosi, un paese che ha bisogno di aprirsi al nuovo con coraggio, freschezza e convinzione, preferibilmente col supporto delle istituzioni che ci governano.
“Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e le idee geniali, purtroppo, non nascono tutti i giorni sul davanzale delle nostre finestre. Gli esempi di successi sono tanti, ma per riuscire bisogna perseverare molto e non arrendersi al comparire dei primi ostacoli
Riccardo Luna, l’autore del libro, giornalista di Repubblica, direttore delle riviste Campus, Romanista e Wired, ha candidato Internet nel 2010 al premio Nobel per la Pace, e ha fondato Wikitalia, associazione che promuove la partecipazione e la trasparenza politica in Italia, attraverso la rete. Per Cambiamo tutto! ha creato un sito in cui interagire con i lettori, dando vita a un libro “in progress”, che permetta di partecipare al progetto di una “rivoluzione dell’innovazione”.
Chi è in cerca di ispirazione per un’idea innovativa. Chi è pessimista e vuole smettere di esserlo. Chi è ottimista (con raziocinio) e vuole una conferma alle sue convinzioni.
Cambiamo tutto! La rivoluzione degli innovatori di Riccardo Luna, Laterza 2013, 14 euro.
Non capitava da tempo che un luogo e un evento trasmettessero tanto entusiasmo e ottimismo, soprattutto non a Roma, una città che sembrava fosse morta.
Il 25 giugno scorso, durante l’Investor Day della LUISS EnLabs – la fabbrica delle start up, la capitale si è mostrata capace di guardare al futuro scommettendo sui giovani, il talento e il cambiamento.
Nel salone, di 1500 metri quadri al secondo piano della Stazione Termini, gremito di gente curiosa, 7 aspiranti imprenditori, dopo 5 mesi di incubazione nella “fabbrica delle start up”, hanno presentato il risultato del loro lavoro. Solo 7 minuti a disposizione per attrarre circa un centinaio di investitori presenti in sala e almeno 3 mesi per chiudere le trattative con chi deciderà di credere e scommettere nei loro progetti.
Le start up in gioco.
Sette le start up in gioco.
Atooma – A Touch of Magic consente di combinare in modo creativo sia le futures del telefono sia le applicazioni esterne per ottenere nuove e “magiche” funzionalità.
CoContest: una piattaforma dedicata al mercato dell’interior design.
GamePix: una start up del settore gaming.
Le Cicogne: start up in grado di far incontrare domanda e offerta di baby-sitting, baby-tutoring e baby-taxi.
Maison Academia: piattaforma che permette a stilisti emergenti di realizzare le proprie collezioni coniugando la creatività e l’eccellenza Made in Italy.
Pubster: l’applicazione che ti offre da bere quando esci la sera.
Risparmio Super: la web che aiuta i consumatori a risparmiare confrontando i prezzi dei supermercati della zona.
Da sognatori a imprenditori
Come emerso dalle interviste con Luigi Capello (fondatore LUISS EnLabs), Alexandra Maroiano (LUISS EnLabs), Monica Achibugi, Giulia Gazzelloni (Le Cicogne) e Mary Palomba (Maison Academia), prima di approdare al programma di accelerazione della LUISS Enlabs e imparare come trasformare un sogno in un progetto imprenditoriale, i giovani sturtupper hanno superato molti ostacoli e barriere, partecipato a molti eventi e frequentato altri corsi di “preparazione all’imprenditorialità”.
Tra i programmi più seguiti: I-Lab (laboratorio delle idee), InnovationLab e InnovAction Camp, un programma che tiene “reclusi” in una ex base Nato 20 perfetti sconosciuti che, alla fine della maratona di 5 giorni e 4 notti, devono essere in grado di costruire un team e presentare un progetto.
Come nasce la LUISS EnLabs
Il progetto nasce da un’idea di Luigi Capello, imprenditore e business angel, che nel 2007, dopo aver intrapreso un viaggio nella Silicon Valley promosso dall’ambasciatore Ronald Spogli, è tornato in Italia con l’idea di colmare un vuoto. Inizialmente fonda “Italian Angels for Growth”, un gruppo di business angels che ha lo scopo di “promuovere l’imprenditorialità come motore di crescita economica” e nel 2010 dà vita al progetto EnLabs che, nel 2013, in seguito ad una joint venture con la LUISS, si trasforma nella LUISS EnLabs.
Tra i suoi startuppers, Luigi Capello sembra non “solo” un imprenditore, ma anche il padre di tanti sognatori che attraverso dure prove e sacrifici hanno imparato come superare gli ostacoli e intraprendere la strada della felicità.
Come essere selezionati dalla LUISS EnLabs
Per essere ammessi al programma di accelerazione della LUISS Enlabs non basta solo una buona idea; bisogna aver un buon progetto, un buon team e una buona capacità di vedersi nei 7 minuti a disposizione per la video presentazione.
Consigliano di frequentare gli eventi dedicati alle start-up, mettere a confronto le proprie idee e andare avanti con determinazione senza aver paura di crollare.
Le cadute fanno parte del cammino.
Fluentify
L’evoluzione 2.0 del famigerato pen friend che avevamo alle scuole medie: basta una connessione internet, uno schermo e una webcam per permettere a due persone, che parlano rigorosamente lingue diverse, di incontrarsi per esercitarsi e migliorare nella lingua straniera prescelta.
Start up nata tra Torino e Londra da tre ragazzi italiani, Fluentify permette a persone che più o meno già parlano un’altra lingua di esercitarsi “sul campo” senza spendere però soldi per il viaggio. L’idea nasce fondamentalmente dalla consapevolezza che imparare una lingua è più facile quando si intergisce su argomenti a cui siamo interessati, su hobbies comuni.
Tutor e studenti si “incontrano” poichè dichiarano precedentemente i loro interessi. Le lezioni diventano quindi non solo un modo per esercitare la conversazione in lingua straniera ma un vero e proprio scambio di idee ed opinione su campi di interesse comuni
Le differenze di prezzo che i tutor possono chiedere per una sessione sono lasciate a discrezione del tutor stesso, che può decidere una fee che varia dai 5 ai 30 euro. Trattandosi di madrelingua (che quindi conoscono la loro lingua alla perfezione) non si capisce quali potrebbero essere le caretteristiche in grado di far aumentare il costo della singola sessione da 5 ai 30 euro.
Ciò che diversifica Fluentify da altre piattaforme o corsi di lingua online sta nel fatto che le “lezioni” durano appena 30 minuti e quindi sono ben diluite nel tempo e soprattutto sono individuali, riuscendo a concentrare al meglio le discussioni e l’apprendimento.
Chi vuole conoscere nuove culture senza spendere troppo e chi vuole perfezionare una lingua straniera senza annoiarsi sui libri
https://www.fluentify.com
Verrà presentata il 19 aprile durante i DNA.pitch la nuova idea progettuale dell’Accademia Aldo Galli riguardante la formazione, la cultura e la creatività. Salvatore Amura, presidente e amministratore, ci spiega quali le principali novità alla base di questo nuovo progetto formativo, facente parte del gruppo IED (Istituto Europeo di Design)
Quando e come nasce l’idea del vostro progetto?
Il nostro progetto si pone di il fine di valorizzare “Il patrimonio culturale e creativo, pilastro del rilancio economico del paese.” Le parole chiave “Talento, Meritocrazia, Creatività, Strumenti”, sono il punto di partenza per delineare il profilo essenziale di un modello italiano di creatività e produzione culturale, nella convinzione che si debba ritrovare la creatività per aiutare lo sviluppo del paese e per valorizzarne la posizione nel contesto internazionale.
In che cosa il vostro progetto è innovativo?
Siamo partiti dal semplice ragionamento, siamo di fronte ad una possibile svolta “storica” in un grave momento di crisi come questo bisogna veramente dare spazio e forza alle risorse che abbiamo a disposizione e che male utilizziamo e poco valorizziamo. Adesso possiamo voltare pagina.
L’Italia ha in sé una così estesa proprietà di beni culturali tale da essere riconosciuta in tutto il globo come Paese che da solo è in grado di creare, e lo ha fatto nel corso dei secoli, “le cose belle che piacciono al mondo” cose rese possibili dal carattere vitale della nostra cultura, che ne impregna i geni nel DNA storico del Paese.
Come vi siete finanziati fino ad oggi e come pensate di finanziarvi in futuro?
Per un gruppo che si occupa di formazione è fondamentale capire che la valorizzazione del capitale intellettuale e professionale è importante ai fini del pieno funzionamento del mercato del lavoro europeo oggi come in futuro.
Dobbiamo avere la consapevolezza che un utilizzo più attivo ed efficace delle possibilità offerte dal mercato unico può creare nuovi posti di lavoro e nuove opportunità di lavoro per i professionisti della cultura e, in tal modo, favorire l’occupazione nel settore culturale e nell’economia in generale.
E’ necessario impegnarsi in un’offerta formativa riconosciuta e valida nel contesto europeo: le attività culturali e artistiche sono esercitate sempre più spesso in contesti internazionali, nei quali le opportunità di lavoro, residenze, cooperazione, coproduzione, evoluzione delle carriere, formazione e apprendimento tra pari spesso si concretizzano oltre le frontiere nazionali. Pertanto una mobilità più ampia può contribuire a realizzare migliore qualità.
Quali sono, a vostro avviso, i principali problemi che una start up deve affrontare?
In primis la percezione dell’evolversi del mercato futuro. Oggi stabilire delle strategie di comunicazione web oriented è fondamentale, come integrarsi con i nuovi strumenti di social-marketing ed aprirsi ai nuovi mercati mondiali. Inoltre è fondamentale cercare di superare gli ostacoli della burocrazia che non aiutano a sviluppare la fantasia che ogni giorno può accompagnare il nostro lavoro.
Pensate che il fatto di essere italiani vi abbia favorito o svantaggiato?
Sicuramente ci ha favorito perché possiamo trasmettere la forza, l’energia, la positività e lo stile che l’italia riesce a trasmettere. Il nostro Made in Italy, rappresentato dall’artigianalità, dalla fantasia, dalle nostre straordinarie tradizioni, ci rende orgogliosi di essere italiani, senza dimenticare problemi e difficoltà, ma guardando con speranza al futuro.
Come sarà la vostra start up tra 20 anni?
Sicuramente completamente diversa da come la immaginerei adesso. Credo che ci sarà un ritorno alla tradizionalità dei mestieri in un mix con la tecnologia, la ricerca e l’innovazione, ma senza dimenticare la nostra straordinaria storia e l’identità culturale che fanno di ogni impresa qualcosa di unico nel panorama mondiale.
Per iscriverti al DNA.pitch e partecipare all’elevator pitch dell’Accademia Galli, prenota gratuitamente il tuo posto in sala qui
Salvatore Amura nel corso di questi anni ha collaborato con molte aziende nella gestione di processi complessi e start-up di nuovi business (Mondadori, Canon Italia, INA Assitalia, Telecom Italia Mobile). Dal 2000 è stato è uno degli artefici del rilancio della NABA di Milano come facility manager e responsabile delle relazioni esterne. Attualmente è presidente e amministratore unico dell’Accademia di belle arti Aldo Galli di Como e responsabile delle relazioni istituzionali del gruppo Ied.
Approfondimenti:
http://www.accademiagalli.it/
Wanderio
Un’esperienza di viaggio door-to-door: così hanno ribattezzato la loro idea i tre ragazzi ideatori del progetto Wanderio, ossia un sito su cui poter consultare e prenotare traghetti, aerei, treni, car sharing, car pooling, taxi, hotel, B&B e chi più ne ha più ne metta. La start up muove i suoi primi passi sul web e si sviluppa partendo dal presupposto che, come riportato da una ricerca effettuata da Google, un utente che pianifica il proprio viaggio in rete consulta ben 22 siti prima di prendere una decisione. Con Wanderio questa perdita di tempo ed energie è bypassata. In un solo luogo, si potranno infatti trovare tutte le informazioni utili per pianifcare il proprio viaggio, in Italia o all’estero
Ancora in fase di avvio per il momento il sito, la cui release è prevista per aprile 2013, permette la sola iscrizione alla newsletter attraverso la quale si rimane aggiornati sulle attività portate avanti dal team di sviluppatori: Matteo Colò, 24 anni, Disheng Qui, 25, e Luca Rossi, 23. Wanderio è inoltre all’interno della rosa di finalisti del concorso “Ripartiamo dalle idee” promosso dal Corriere della Sera, Sda Bocconi, Intesa San paolo e Armando Testa.
I viaggi possono essere scelti e pianificati con uno sguardo attento alle emissioni inquinanti: per ogni percorso è infatti prevista l’indicazione di quanta anidride carbonica viene consumata optando per una soluzione piuttosto che per un’altra. Un buon incencivo a scegliere il treno anzichè l’aereo oppure il car sharing anzichè il taxi.
Come ogni start up il risultato finale è potenzialmente grandioso ma messo alla dura prova da sostenibilità economica e viralità sul web.
Una grafica originale e creativa denotano la freschezza di un progetto sviluppato da menti giovani brillanti e innovative
Chi vuole pianificare un viaggio senza dover aprire mille schede o finestre sul proprio browser e a chi viaggia con un occhio attento all’ambiente e alla qualità dei suoi spostamenti e pernottamenti.
Il sito ufficiale è http://www.wanderio.com/it/. Sono già attivi i canali social Twitter , Pinterest, Facebook e Google Plus
Growish
il giustiziere online dei regali indesiderati, l’avveradesideri che ogni persona vorrebbe avere al suo fianco come fosse una innovativa (e virale) bacchetta magica. Growish è questo e molto altro, ma è anche una start up italiana nata dalla mente di un ex AD di una multinazionale chimica che, stufo di aspettare che qualcuno gli regalasse una tanto agognata tavola da kitesurf, ha deciso di prendere in mano la situazione ingegnandosi ad inventare una social gifting community che funzionasse come una moderna lista nozze, ma indicata per ogni occasione
il sito è giovane, viola e giallo, con una grafica accattivante che ricorda molto le bacheche di Pinterest, Fancy o le applicazioni web di Garage e funziona praticamente come una immensa wish list in cui si può inserire ogni oggetto scovato sul web che vorremmo diventasse nostro.
Il widget scaricabile permette infatti di introdurre un bookmark su qualsiasi cosa, inserendo tutto nella nostra lista dei desideri. I prodotti segnalati possono quindi essere condivisi con parenti e amici, anche non membri della community, che cliccando sul tasto “Regalami!” vengono così reindirizzati sul sito del rivenditore autorizzato dove possono concludere l’acquisto.
si possono creare wishlist per eventi ed occasioni ad hoc: compleanni, battesimi, laurea, matrimonio e quant’altro che sono condivisibili praticamente su tutti i social network. Inoltre tutti possono vedere la propria lista desideri (a meno che non si imposti come privata) senza bisogno di effettuare alcuna iscrizione.
Nessuno potrà più dire: non sapevo cosa regalarti!
Non possiamo sapere se un oggetto è stato o meno acquistato da qualcuno dei nostri amici. Questo vuol dire che potremmo ricevere lo stesso regalo anche due volte.
Growish uccide poi l’effetto sorpresa del regalo, ma limita anche la diplomazia da sorriso finto che colpisce anche il tipo più gentile di fronte a maglioncini improbabili. Nell’era del 2.0…il pensiero non basta più!
per divenire ancora più innovativo, Growish sta per aprirsi anche agli acquisti di gruppo. In questo modo, in caso di un oggetto molto costoso, tutti gli amici potranno contribuire con una piccola spesa.
chi è stufo di girare per centri commerciali in cerca del regalo più gradito che non troverà mai o a chi è stufo di inviare messaggi subliminali ad amici e parenti sperando che colgano i loro più reconditi desideri
http://it.growish.com
Il sito è in italiano e in inglese
Le idee vanno tutelate, protette, ma anche diffuse, condivise, raccontate. La creatività è un esercizio quotidiano, per qualcuno è una dote innata, una sorta di benedizione. La sostanza è che idee e creatività vanno di pari passo, a braccetto, unite verso un unico obiettivo, quello di rendere il mondo migliore.
L’essere proattivo, ricettivo e con qualcosa da dire al “nuovo” mondo aiuta e non poco lo sguardo lucido del “creativo”. Le grandi crisi provocano grandi reazioni. La voglia di non soffocare le proprie energie e di non racchiudere le proprie idee in un vecchio cassetto di una soffitta polverosa, per l’impossibilità “economica” di realizzarle, porta all’elaborazioni di soluzioni alternative e rivoluzionarie. Quindi, eccoci alla grande esplosione di nuove idee che, per essere concretizzate, cercano fondi tramite crowdsourcing e fundraising (si veda ad esempio la piattaforma Eppela, nata proprio a questo scopo)
Ed è in questo ambito, con queste premesse, che è nata l’idea di Mirko Pallera @mirkopallera (creatore, insieme ad Alex Giordano @mantralex, di Ninja Marketing, sito di riferimento per il Marketing non convenzionale in Italia – e non solo) di fare una vera e propria “Battaglia delle idee”, stile scontro tra rapper, con tanto di musica, giudice e gong. Torneo ad eliminazione diretta, un’idea contro l’altra fino ad arrivare a due vincitori, il migliore per la giuria e per il pubblico.
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=QYtqH7AosNI&w=560&h=315]
Per due giorni, nella splendida cornice (lo so che è una frase molto anni ’80 ma rende bene l’idea) del Castel dell’Ovo a Napoli, in quel #lungomareliberato fiore all’occhiello della nuova gestione della città, si sono alternati pensatori, esperti di marketing, un medico omeopata (sì, avete letto bene!), sviluppatori di app, informatici e moltissimi – a loro farà piacere essere chiamati così – creativi. Nella due giorni della Battaglia delle idee, tre i temi cruciali che si sono alternati e mescolati, business (modelli di impresi, startup, business plan), marketing (social media e comunicazione) e code & design (programmazione, tecnologia e design).
Con l’aiuto sotto forma di partnership e sostegno del colosso Microsoft che concederà al vincitore della Battaglia delle idee un premio in risorse economiche per realizzare l’idea. Moderatore della #battle12 (questo l’hashtag ufficiale), Funky Professor, Marco Zamperini @funkysurfer, che dopo esser stato contattato da Pallera non ha potuto non sposare l’iniziativa.
Tantissimi gli spech nei due giorni di barcamp che hanno preceduto la battaglia vera e propria, da Davide Basile @kuwakumi sul Social Media ROI, a Diego Orzalesi @diego_orzalesi di Hoot Suite Italia (partner anche dell’evento), passando per Omar Rashid @omarrashid e la sua esperienza “Gold”, per (come anticipato prima) il dr. Antonio Vitiello, omeopata che ha introdotto l’ompeopatia unicista all’interno del discorso “creativo”, per “Le regole d’oro dell’Adv” a cura di Giovanna Napolano @No_made_ e Massimo Sommella @sommomassi ed i consigli di Simon Pietro Romano @spromano su “Cosa fare, ma soprattutto cosa non fare, per creare una sturtup di successo”.
Tra i protagonisti degli interventi anche i The Jackal @_the_jackal oramai vere e proprie star del web con cui si è parlato di viralità. Ci hanno mostrato alcuni loro video divenuti virali attraverso l’enorme passaparola online (ed anche offline). Uno di questi si rifà ad un altro video virale della rete, “Where the Hell is Matt?“, diventato nel pieno della crisi rifiuti, “Where the Hell is Munnezza“.
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Interessanti anche le nuovi visioni di marketing con il “Sensible Branding” di Adele Savarese @adelesavarese che ha anche “condotto” le giornate di barcamp insieme a Mirko Pallera, protagonista tra l’altro anche del primo speech di questa due giorni (se volete approfondire, ecco il link dove trovare le slide di tutti gli interventi, il video con le interviste ai protagonisti degli speech a cura di @JepisIT).
Il cuore della battaglia, come potrete immaginare, è stata la presentazione della nuove idee: idea vincitrice secondo il giudizio tecnico è stata Buzzoole (piattaforma di social advertising basata sul monitoraggio e il sul coinvolgimento degli influencer della rete), mentre una menzione speciale della giuria per la qualità dell’idea social è andata a ReHub (modello di nuova comunità interdisciplinare per le ricerche, atto a creare nuove conoscenze attraverso l’innovazione collaborativa).
Citando il dr. Vitiello, per lavorare bene bisogna stare bene, l’essere umano ha la sua identità in trascendente relazione con il prossimo, convertendosi solo in questo modo in un essere creativo.
Le idee vanno liberate, provando a lasciarci conquistare e cercando di conquistare gli altri parlandone attraverso “pitch” intensi, rapidi e convincenti. Per alcuni la ricerca di fondi sarà fondamentale per la realizzazione, per altri non sarà così. Ma il mondo sarà comunque grato (anche se non sembra!) dell’inondazione di creatività che non può far altro che migliorarlo.
In un momento storico in cui le conseguenze della finanza creativa, prodotto derivato dal modello capitalistico in crisi, hanno profondamente influenzato i risvolti della vita economica e sociale quotidiana di ognuno di noi, i paradigmi seguiti sino ad oggi per creare ricchezza e benessere non rappresentano più un caposaldo basilare ed inconfutabile. Venuto meno il mito del “self made man”, ritratto dell’investitore di Wall Street che riusciva grazie alla sua abilità a creare un impero economico in grado di assicurare la prosperità non solo per sé stesso ma anche per tutta la sua dinastia, il principio che si sta facendo progressivamente strada tra gli imprenditori è quello di perseguire il bene comune e del progresso sociale. Un concetto ribadito anche dall’ultimo rapporto stilato dal Ministero dello Sviluppo Economico, quello relativo allo sviluppo e promozione delle start up innovative.
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Sembra lontana anni luce l’intervista che il grande sociologo americano Richard Florida, padre della nozione di “classe creativa”, aveva rilasciato al quotidiano “Il Sole 24 Ore” nell’aprile del 2009, agli albori della crisi. Da buon pioniere, Florida sosteneva che la crisi avrebbe devastato il mondo intero per un periodo di tempo molto lungo (addirittura venti o trent’anni), ma avrebbe comportato anche una sorta di “reset” culturale, portando al comando una nuova classe sociale, quella dei creativi appunto, ovvero persone che danno valore alle idee e le utilizzano per cambiare, o addirittura rivoluzionare i modi di comunicare, lavorare e produrre, sfruttando connessioni tra mondi apparentemente distanti tra loro, come quello culturale e scientifico. Non è un caso che Florida abbia scelto il termine “reset”: ogni crisi va letta non solo per il suo evidente carattere negativo, ma anche per la sua capacità di fare tabula rasa, dando modo di ripartire grazie alla creatività e alla sua forza di ribellione.
Se guardiamo al periodo trascorso tra quella intervista e il presente, possiamo dire che Florida sia stato un ottimo profeta: lo dimostra il boom di start-up e di idee imprenditoriali maturate dalla mente di giovanissimi ragazzi (spesso sotto i 30 anni) nel corso degli ultimi due – tre anni. Chissà se ad alimentare questo processo sia stata la bella “favola” di Zuckenberg o semplicemente un riscatto socio – culturale da parte di una classe, quella dei giovani appunto, che si ritrova ad affrontare una situazione insostenibile per via dei capricci e dei pasticci della generazione più anziana. L’unica strada praticabile per sopravvivere è quella di crearsi da sé il lavoro. Ed è qui che interviene il “fenomeno start-up”.
È sotto gli occhi di tutti che la nostra epoca sta vivendo un cambiamento, forse ancora non rivoluzionario, ma comunque molto importante. Di fronte alla crisi si sta riscoprendo l’enorme valore e potenziale che può offrire ogni territorio, non solo a livello di prodotti e realtà presenti, ma anche di valorizzazione dei singoli. Dal globale al locale… Anzi, per usare un termine molto caro a Bauman, “glocale”, per indicare che l’ottica globalizzante dipende sempre di più dai contesti locali e territoriali. Anche Florida ragionava in questo senso e lo ha dimostrato con la sua famosa teoria delle “tre T”, secondo cui lo sviluppo e la crescita di una regione dipendono da tre fattori fondamentali, che non solo devono essere sempre presenti, ma devono, in un certo senso, interconnettersi per garantire risultati soddisfacenti: Talento, ossia la capacità delle comunità locali di attrarre e trattenere le menti migliori; Tecnologia, intesa non solo come insieme di innovazioni, ma anche come capacità di trasferire idee, competenze e conoscenze in prodotti vendibili sul mercato; Tolleranza, ovvero l’apertura della società verso le cosiddette diversità culturali (immigrati, omosessuali, minoranze etniche, etc.). Sembra che quest’ultimo fattore sia, in assoluto, il più importante dei tre, perché garantisce la formazione di un sistema sociale aperto in cui queste minoranze, con le loro idee e il loro bagaglio di conoscenze e competenze, riescono a trovare uno spazio di discussione molto ampio. Lo stesso Florida ha elaborato indici di misurazione del grado di tolleranza per valutare il livello di crescita delle principali metropoli americane. Risultato? Le zone più aperte mentalmente alle diversità culturali e sessuali hanno riscontrato, nel corso degli anni, un tasso di crescita molto più elevato rispetto alle località poco tolleranti. Questo perché le persone possono esprimere con maggiore facilità e senza pregiudizi le proprie idee, vedendole spesso realizzate in progetti concreti.
L’affascinante teoria di Florida è fondamentale e dovrebbe essere presa come modello per dare vita a un serio e radicale processo di cambiamento socio – culturale nel nostro Paese. Ma da sola non basta: è necessario integrarla con un’ulteriore teoria, quella delle “tre C”, elaborata dal Professore Maurizio Carta sulla scia di quella dello studioso americano. Secondo lui, i fattori che influiscono maggiormente nella formazione delle città creative sono: Cultura, intesa come identità del luogo e insieme di elementi storico – artistici; Comunicazione, ovvero la capacità di favorire la trasmissione di informazioni verso i cittadini e garantire una tutela dal degrado attraverso le tecnologie; Cooperazione, da intendere come collaborazione tra gruppi sociali differenti e, anche in questo caso, accettazione delle “diversità”.
Florida e Carta insegnano che la soluzione alla crisi è davanti ai nostri occhi: se il nostro territorio riesce a valorizzare e gestire l’insieme dei fattori che sono stati elaborati dai due studiosi, la crescita della società sarà non solo forte, ma addirittura automatica. Basta mettere al centro delle politiche locali e nazionali questi elementi… In molti paesi europei questa strada è seguita da tempo, soprattutto nelle zone più settentrionali del continente (paesi scandinavi in primis). In Italia, si comincia a muovere qualche primo passo verso la crescita e la valorizzazione dei territori. Ma bisogna sempre fare molta attenzione… Si possono investire tutti i fondi e i milioni che si vuole nello sviluppo delle realtà culturali del nostro Paese, ma se alla base manca la somma delle 3 T e delle 3 C, difficilmente si potranno ottenere dei risultati incoraggianti e pensare ad uno sviluppo sostenibile nell’immediato futuro. La strada da seguire può essere solo questa e non è mai troppo tardi per iniziare a percorrerla.
Turismo, nuove tecnologie, smart cities, saranno d’ora in poi al centro di una progettazione condivisa con la metodologia European Awareness Scenario Workshop. Il Parco Scientifico Tecnologico San Marino-Italia (PST) è in progress e indaga le peculiarità delle aziende del territorio per leggere le esigenze dei sistemi sociali di riferimento. Entro fine anno verranno presentati tutti gli elementi per disseminare domanda di innovazione provocando sviluppo ideativo. La fase di start up appena avviata tuttavia è un momento cruciale poiché non esistono modelli predefiniti.
L’appello alla concretezza per i progetti che investono i due Stati, Italia e San Marino, condiviso nel colloquio estivo al Meeting di Rimini tra alcuni Ministri dei due paesi descritto come intenso e franco, sembra aver dato impulso significativo al lungo percorso PST (nato nel 2007). Dopo la firma dell’Accordo Quadro fra l’Associazione Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani (APSTI) e la Repubblica di San Marino, ora si passa all’avviamento. Comitato di indirizzo strategico, programmi concertativi, quattro Commissioni che opereranno due mesi: ecco l’alba di un progetto Parco scientifico e tecnologico italo-sammarinese di terza generazione quale hub internazionale.
La capacità d’innovazione di un territorio è il risultato di un complesso di relazioni tra attori e istituzioni che congiuntamente creano, accumulano, trasferiscono, conoscenze e tecnologie. Così alla ricerca della definizione del modello più idoneo e di scenari, in termini di destinatari, tipo organizzativo, raccordo layout spazio-funzione, il Comitato di indirizzo è al lavoro con una serie di incontri. Per arrivare entro l’anno alla firma dell’Accordo formale di concertazione occorre animare alcuni tavoli di dialogo con i rappresentanti delle categorie economiche sammarinesi e quelli delle imprese interessate, coi rappresentanti degli enti territoriali e delle associazioni di categoria delle Province e delle Regioni italiane limitrofe. Un percorso complesso ma doveroso considerato che ricerca e innovazione sono due facce della stessa medaglia che richiedono dialogo, gestione del consenso, governance ma presuppongono politiche, strategie e strumenti fortemente differenziati.
Il Parco che può rappresentare un acceleratore di competitività delle imprese deve essere concepito come un polo di un sistema costituito da soggetti che si integrano. In effetti una sfida operativa è quella di costruire modelli d’integrazione, una rete e organizzare il trasferimento di conoscenze. Ma c’è molto di più in gioco. Ridisegno del paesaggio, terreni da urbanizzare, espansione, infrastrutture, partecipazione, regime fiscale ad hoc, strumenti di politica sociale e del lavoro particolarmente favorevoli. La cooperazione con la rete dell’APSTI, che metterà il proprio know how, conforta e potrà avere effetti considerevoli per la proiezione internazionale.
Non avrebbe tuttavia senso perseguire un generico insediamento di imprese innovative senza un indirizzo specifico. Turismi e nuove tecnologie ICT, Smart communities e smart cities saranno d’ora in poi al centro di una progettazione condivisa con la metodologia European Awareness Scenario Workshop (EASW). Conoscenza, innovazione tecnologica, giustizia sociale, partecipazione democratica costituiscono asset competitivi. Il livello d’innovazione, come processo di costruzione sociale, sarà il differenziale che distingue il grado di sviluppo della cultura materiale di un luogo.
Amate le sfide? Dovete sempre dimostrare qualcosa agli altri? Siete affetti dal morbo della scommessa in stile anglofono? Allora Klash è l’applicazione che fa per voi!
Tutto ebbe letteralmente inizio da una scommesse di tre ragazzi di diverse nazionalità: l’italiano Alessandro Petrucciani, l’austriaco Alex Napetschnig ed il turco-tedesco Baris Tamer. Il trio si trovava sulle spiagge di Fuerteventura e, come accade spesso tra amici, si sono sfidati sulla tavola da surf. Il colpo di genio è arrivato nel pieno del divertimento: perché non condividere la sfida con gli altri, sfruttando i potenti mezzi social?
Tornati dalle vacanze si sono ritrovati a Berlino dove insieme ad altri amici hanno fondato la loro start up, trasformando l’idea in realtà.
E’ nata così Klash, un’app per condividere sfide e scommesse goliardiche: il denaro non c’entra, si tratta solo di coraggio e voglia di mettersi in gioco.
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Ora vi starete chiedendo come funziona. Ebbene Klash si può utilizzare in due modi: o la sfida si lancia ad un amico, che deve superarla dandone prova all’intera community con foto, audio e video, per vincere il premio concordato con lo sfidante, oppure si rivolge la scommessa a tutti, e in tal caso si innesta un voto popolare per decretare il vincitore.
Per lanciare l’applicazione, lo stesso ideatore Alessandro Petrucciani ci ha messo la faccia, irrompendo sullo sfondo della trasmissione statunitense Twist in una mise alquanto succinta.
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Klash è scaricabile gratuitamente sull’Apple store ed è per ora disponibile solo in lingua inglese. Il dispositivo è infatti ancora in via di sperimentazione, ma i giovani creatori sono pronti a scommettere sul suo successo. E voi? Siete pronti a “klashare”?
Quante volte da bambini vi siete sentiti domandare “Cosa vuoi fare da grande?” La domanda più difficile a cui dare risposta, perché spesso questa condiziona (o ha già condizionato ) l’intero futuro di ognuno di noi. Le repliche innocenti, soprattutto in età puerile saranno state piuttosto banali e scontate, frutto anche della nostra ingenuità infantile: il medico, il giornalista, l’avvocato o semplicemente lavorare in un ufficio in cui fare carriera. Quanti di voi invece hanno risposto: voglio fare l’imprenditore!
Probabilmente nessuno, tenuto conto che la buona parte degli imprenditori nel nostro paese in genere sono dei predestinati che hanno ereditato sia i beni da amministrare che gli strumenti per portarli avanti. Una delle criticità emerse, soprattutto in questo periodo di crisi per il nostro paese, è la mancanza di una autentica cultura imprenditoriale che porti i giovani non a chiedere alle aziende esterne un posto lavoro ma a mettersi in gioco per crearsi un’occupazione con le proprie mani. L’obiettivo del rapporto Restart Italia firmato dal ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera, presentato stamattina a H-Farm a Roncade alla presenza della task force di dodici menti esperte che lo hanno redatto è proprio questo: incentivare le giovani generazioni, le più colpite da un crisi che sta erodendo la sicurezza occupazionale, a creare lavoro per sé e per i propri coetanei, apportando allo stesso tempo ricchezza al proprio paese, senza dover cercare rifugio oltreconfine per il proprio futuro.
Sono cinque le fasi realizzazione per la nascita delle start up italiane (termine abusato per definire una nuova realtà imprenditoriale, fondata da meno di 48 mesi), un vero e proprio banco di prova per rilanciare l’economia e l’occupazione nel nostro paese (negli ultimi quattro anni negli Stati Uniti grazie alle start up sono stati creati 3.000 posti di lavoro). Vediamo quali sono le principali fasi contenute nel rapporto:
– la prima fase è quella del Lancio per la nuova impresa: la partenza è ritenuto il momento più delicato perché spesso la nascita di un’impresa rimane solo un’idea astratta che non riesce a prendere forma concreta per gli eccessivi ostacoli burocratici, le tasse onerose e la normativa giuridica complicata. Questo primo punto fondante e fondamentale prevede la semplificazione amministrativa e degli oneri fiscali: la ricetta della iSrl a statuto zero, una start up innovativa attuabile con una spesa di 50 euro, che garantisca tempi brevi di realizzazione, l’iscrizione al registro delle imprese esente dal bollo e diritti di segreteria, la possibilità di autocertificazione alla camera di commercio e alleggerire gli oneri fiscali soprattutto in questa prima fase in cui la liquidità per l’azienda è piuttosto ridotta. Semplificare inoltre la creazione di organizzazioni che sostengano con i propri capitali per permetterne lo sviluppo e la crescita: il piano è quello di intervenire sulle SGR ( Società Gestione Risparmio) e riorganizzarle.
– La seconda misura a favore delle neonate imprese è quella della Crescita: permettere le condizioni favorevoli per far in modo che la start up superi questa fase iniziale ed esca dallo stato di neo impresa per divenire azienda di riferimento a tutti gli effetti e per far sì che costituisca un elemento determinante per l’occupazione e il reddito del paese. La proposta di attuazione di questa fase mediana è la creazione di un “Fondo dei Fondi” unico per le venture capital. Il suo ruolo è quello di anchor investor per attrarre investimenti privati. Per incentivare gli investimenti da parte di cittadini e imprenditori l’ipotesi è quella di detassare questo denaro impiegato ed esportare in Italia il modello americano del crowfounding.
– La terza fase è quella del mantenimento in essere del sistema: la Maturità della start up consiste nel suo debutto sul mercato, attraverso l’acquisizione da parte dell’impresa da parte di soggetti esterni o alternativamente da parte dei fondatori stessi che in questo modo si riappropriano della loro impresa liquidando la partecipazione dei soci tramite un’operazione di mangement by out. Tra le possibilità dell’acquisizione da parte di un soggetto finanziario esterno c’è quella di una IPO (Initial Pubblic Offering)e conseguente quotazione in Borsa.
– La quarta sezione del rapporto è quella della Consapevolezza, soprattutto da parte dei giovani del valore del creare un’impresa che garantisca lavoro per se stessi e per il paese. La consapevolezza si diffonde soprattutto informando e diffondendo all’interno degli ambienti universitari la cultura dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Per fare ciò una delle prime proposte è quella di sostenere e formare gli insegnanti, attraverso corsi di aggiornamento e nuove tecnologie educative legate a questi temi. È stata avanzata anche l’idea di portare in aula gli imprenditori stessi per raccontare contributo da loro apportato nel campo dell’innovazione.
Un ulteriore punto è la nascita di una Contamination Lab, un luogo di discussione un cui far incontrare studenti, ricercatori e giovani professionisti per sviluppare assieme dei percorsi imprenditoriali condivisi.
La chiave di svolta per la diffusione della cultura dell’imprenditorialità innovativa sarà l’ausilio dei mezzi di comunicazione, prime tra tutte la televisione: è stato richiesto il supporto della RAI per veicolare gli spot esplicativi ed ipotizzata la realizzazione di un reality televisivo in cui sia prevista la competizione tra diversi progetti imprenditoriali, al termine della quale sarà assegnato un contributo in denaro ( il modello richiama l’esperimento inglese dei The Apprentice sulla BBC )
– L’ultima sezione è quella dedicata al ruolo centrale che avranno i Territori: l’idea è quella di eleggere alcuni territori specifici favorevoli per la concentrazione delle start up, in quanto contenenti al proprio interno tutte quelle facilities basilari per l’avvio dei progetti e per assicurarne il successo. Per incoraggiare il ruolo dei territori in tutte le fasi progettuali il governo ha istituito un “Fondo per gli ecosistemi start up” completamente dedicato a co-finanziare i progetti che hanno la possibilità di partire nell’immediato in un determinato territorio propizio alla sua riuscita.
Questa è solo una breve sintesi dei punti contenuti nel rapporto. La versione integrale è stata resa accessibile online dal Ministero stesso già stamane, mentre era in corso la conferenza stampa. Nelle 170 pagine dense si contenuto e di proposte, c’è un punto particolarmente degno di nota: notevole attenzione e sostegno viene dedicato alle start up a vocazione sociale, ovvero tutte quelle imprese il cui campo di applicazione è quello legato all’assistenza sociale, alla sanità, all’alimentare, alla conservazione del patrimonio. Si tratta di start up che per la loro natura intrinseca si concentrino in attività legate al no profit e che rischiano di attrarre minori investimenti proprio per l’incognita del ritorno in termini di fatturato. Al fine di promuovere queste aziende che possono rivelarsi un tassello indispensabile per la società e le famiglie, sono state pensate alcune misure extra: il 20% del Fondo dei Fondi sarà riservato infatti per le start up a vocazione sociale, che una volta arrivate nella fase di maturità potranno essere capitalizzate in una Borsa sociale, loro dedicata. Si tratta di un progetto già sperimentato in Brasile e in Inghilterra, dove sono operative la Social Stock Exchange e la Bolsa de Valores Sociais e prevede la nascita di una vera e propria mercato alternativo in cui quotare solo le start up no-profit.
Scarica qui il file integrale del rapporto
Squer
Squer è il mattoncino su cui l’informazione veien organizzata. E’ una piattaforma informativa, uno spazio in cui tutte le notizie dei social media vengono ordinate secondo dei criteri che vanno dalla popolarità alla velocità di difussione o alla potenza di condivisione, che si propone come bussola per l’utente iperaggiornato, che fagocita una mole esagerata di notizie ma che ha bisogno che qualcuno le organizzi e le ordini, per tematiche o per tempo eliminando il superfluo ed evidenziando l’approfondimento.
Come il nome suggerisce, il layout del sito non poteva essere altrimenti: tanti riquadri che ospitano una tematica ed un hashtag corredati di foto, commenti e link ipertestuali che rimandano a blog, social network e articoli. Le notizie presentate in homepage rappresentano, in pratica, le conversazioni più calde a livello nazionale, in un determinato istante, classificate in base ad un algoritmo, detto squerability che ne misura la viralità.
La piattaforma è sicuramente un utile strumento che restituisce una grande mole di informazione “pulita” da aggregazioni e ripetizioni, approfondite e corredata di contenuti multimediali che la arricchiscono. L’interfaccia semplice e intutitiva aiuta la navigazione, così come l’hashtag cloud che a colpo d’occhio fornisce le parole chiave più twittate e condivise.
Il fatto che Squer si alimenti con la condivisione e la partecipazione degli utenti (che, se registrati possono commentare e interagire ma non sottoporre ulteriori contenuti) è sicuramente una cosa apprezzabile. Si rivela però una criticità nel momento in cui, vuoi per la giovane età del sito (online da pochi mesi e ancora in versione beta) vuoi per la pigrizia degli utenti, i commenti scarseggiano e la condivisione è rallentata.
Originale il fatto che Squer abbia un lato ludico da esplorare: una volta registrati, infatti, ad ogni log-in si ricevono dei punti che si incrementano ogni qual volta si commenta o si condivide una notizia. Al raggiungimento di una determinata soglia, gli amministratori del sito promettono sfavillanti sorprese!
Chi, per lavoro o per interesse personale, vuole sempre essere aggiornato su cosa succede nel mondo e sapere di cosa parlano le persone connesse ai principali social media.
Start-up tutta italiana, Squer, il cui pay off è “Don’t skip it, squer it”, è raggiungibile al link http://www.squer.it
« Eppur si Muove»: così recita un adagio. Sibilate appena tra le labbra, sono le parole di chi è convinto della propria idea nonostante i “considerato che” e le dichiarazioni delle verità ufficiali.
Eppur si muove, dunque, l’Italia delle Industrie Culturali e Creative, nonostante il popolo dei creativi e la moda delle start-up.
Si muove in Lombardia, che per il comparto costituisce, stando alle statistiche, la terza area per giro di affari in tutta la Eurozona. Si muove in Monza e Brianza, territorio che, rispondendo ad un bando della Fondazione Cariplo, si è impegnato dal 2010 nella costruzione di un Distretto Culturale Evoluto.
È proprio all’interno del processo di costituzione di questo Distretto Culturale che si è tenuta il 22 Giugno 2012, la manifestazione “It’s a Start”, giornata dedicata alle Industrie Culturali e Creative.
Organizzata intorno a due focus principali, la manifestazione si è divisa in una prima sessione di talk show con oratori provenienti dai mondi dell’istituzione, dell’industria e dell’accademia e una seconda parte, dedicata ad un contest di idee e progetti, che si sono sfidati a suon di “esposizioni in 5 minuti” l’agognata visibilità e i necessari contributi.
Ed è proprio questo il tasto dolente che permea il mondo delle industrie culturali e creative: la necessità sempre più percepita di contributi iniziali per poter avviare un’impresa innovativa. “Contributi che ci sono”, sostiene Francesco Ferri, presidente di Confindustria Giovani di Monza e Brianza, nell’ambito del primo round del talk show mattutino. “Tra bandi Europei, regionali, comunali, tra contributi di venture capital e l’aiuto dei business angel, non bisogna dimenticare di aggiungere le fidejussioni personali”. Quest’ultimo punto è degno di nota, perché nonostante l’energia che questo mondo emana, rimangono ancora molte cose da migliorare, molte delle quali affrontate con un meritevole spirito di concretezza che ha pervaso la tavola rotonda.
Se da un lato infatti l’industria culturale e creativa si caratterizza come uno dei potenziali motori trainanti dello sviluppo economico, dall’altro sembra si presti ancora poca attenzione alla prima parte della definizione del comparto: Industrie. Capita con una certa frequenza di trovare aspiranti start-upper con una idea creativa (l’abuso dei termini è voluto) ma con una dubbia consapevolezza di ciò che questo comporta: conti, bilanci, business plan, budget, e tutte le variabili economiche che costituiscono un’impresa, primo fra tutti: il rischio.
Elemento che è stato ampiamente sottolineato anche da Alessandro Rubini, project leader del progetto Distretti Culturali della fondazione Cariplo. Le start-up, per quanto costituiscano una preziosa risorsa per il loro contenuto innovativo, rimangono sempre prima di tutto delle aziende. E quindi, meccanismi complessi che devono rispondere a dei bisogni specifici di un mercato di riferimento: siano esse imprese già esistenti (che costituiscono la potenziale domanda per le imprese che sviluppano innovazioni di processo) o territori (è il caso di innovazione sociale). L’elemento della sostenibilità è, o dovrebbe essere, il punto intorno al quale costruire un discorso organizzativo e tecnologico. I fondi erogati attraverso i bandi, invece, dovrebbero costituire soltanto un aiuto per sopravvivere in una fase iniziale, quella appunto di start-up, contrassegnata da un elevatissimo tasso di mortalità. Spesso, tuttavia, l’intero progetto è costruito in modo da poter risultare credibile in fase di bando, che si manifesta come obiettivo primario dell’organizzazione. Questo atteggiamento è sicuramente responsabile dei tassi di mortalità elevati nei primi anni di vita.
E’ quindi importante che i bandi siano oggetto di un processo di semplificazione, così come sostenuto dagli invitati istituzionali, Fiorella Ferrario (Direttore Vicario Direzione Istruzione, Formazione e Cultura della Regione Lombardia), Cristina Colombo (Direttore Vicario Direzione Industria della Regione Lombardia) e Cinzia Secchi (Direttore Area Sistema Produttivo, Lavoro e Welfare della Provincia di Milano).
È altrettanto importante tuttavia cercare di sviluppare una consapevolezza diffusa della start-up come impresa e di conseguenza un’estensione della cultura del rischio. Questo potrebbe abbassare di gran lunga il tasso di mortalità infantile (come a volte denominato) delle imprese e migliorare il rendimento totale di tutte le iniziative volte allo sviluppo dell’imprenditoria.
Il tema dell’innovazione sociale infine, è emerso negli interventi eccezionali di Luigi Ferrara, direttore della School of Design del George Brown College e ideatore di numerose iniziative legate al tema dell’innovazione sociale, e di Oliver Wagner, Project Manager nel dipartimento di Media and Creative Industries of Innovation and Technology Transfer Salzburg. Questi studiosi hanno sottolineato con molta enfasi l’importanza rivestita da quelle strutture definite a volte come incubatori di idee e note come hub. A ribadire il ruolo primario che queste strutture giocano nell’innovazione sociale è stato l’intervento di Alberto Masetti Zannini, fondatore e direttore di Hub Milano. L’esperimento degli Hub è senza dubbio uno dei più interessanti a livello globale, e l’entusiasmo che circonda questa iniziativa è più che giustificato. Tuttavia, per quanto il concetto di Hub sia una valida declinazione degli intenti cari all’innovazione sociale, non ne esaurisce il campo d’azione. Attualmente concepiti come spazi di co-working per giovani professionisti impegnati nella realizzazione di progetti che abbiano delle ricadute sociali, gli attuali Hub hanno come interlocutore privilegiato soltanto una parte della società. Innovare questa parzialità, e quindi estendere l’offerta ad un maggior pubblico di riferimento potrebbe essere un intervento in grado di far emergere a pieno titolo il fenomeno, in modo che possa raggiungere quella soglia critica che permette di attuare dei veri e propri cambiamenti.
Comincia il viaggio di Tafter attorno alle principali start up italiane e internazionali che hanno deciso di investire capacità (e denaro) in progetti innovativi curati da giovani talenti impegnati nella ricerca di idee originali e stimolanti in grado di migliorare il nostro rapporto con la quotidianità o di perfezionare i tools che utilizziamo nelle nostre escursioni in rete quotidiane.
Ecco dunque le prime 5 start up individuate, 5 risorse utili per la vostra organizzazione del tempo, per le vostre fonti di informazione e per il vostro avgo.
Jamyourself.com: fondato da Alessandro Ghilarducci, Jacopo Casati e Luca Gianneschi , Jamyourself è il social network per band e artisti, uffici stampa, etichette discografiche e locali che operano all’interno della discografia emergente e indipendente.
In beta pubblica da fine febbraio, Jamyourself, con 8 mila euro di investimenti iniziale, ha raccolto finora 1.700 utenti, di cui oltre il 75% attivo e punta al mercato internazionale entro la fine dell’anno.
Il suo lato creativo sta nell’affiancamento di una parte social con una parte redazionale, curata dalla redazione del magazine Outune.net con cui le etichette e le agenzie possono diffondere la propria musica e i propri artisti. In questo modo, sfruttando la ramificazioni social è possibile accrescere la propria visibilità e aumentare il proprio pubblico in maniera totalmente gratuita. 4 le modalità con cui è possibile registrarsi:
Band & Artista Emergente per coloro che producono musica e vogliono portarla a conoscenza del grande pubblico (la musica è ascoltabile in streaming ma è disabilitato il download); Label che permette di promuovere gli artisti e le band presenti nel proprio rooster in modo assolutamente completo e di far conoscere la propria attività; Locale, dedicato a chi crede nella musica Live e vuole offrire la possibilità a band e artisti emergenti di potersi esibire in concerto e Fan, il vero e proprio “pubblico” di jamyourself costituito da appassionati di musica, operatori del settore, semplici “ascoltatori” e amanti della musica emergente pronti a dare i propri giudizi ai dischi e ai brani caricati sul sito.
Spreaker: se avete sempre sognato di fare i deejay o gli speaker radiofonici, Spreaker è il luogo che fa per voi. Questa start up fondata da un gruppo di ragazzi bolognesi permette infatti di creare, senza l’aiuto di software aggiuntivi, il proprio palinsesto radiofonico realizzando podcast e aggiungendo i propri brani preferiti.
Tramite la deejay console si possono facilmente mixare i suoni provenienti dal microfono con la musica, effetti e jingles presenti nelle librerie personali degli utenti e tutte le trasmissioni possono essere mandate in diretta streaming oppure registrate su podcast.
Con oltre 130.000 utenti registrati e 300.000 ascoltatori mensili, Spreaker sta velocemente diventando un punto di riferimento per migliaia e migliaia di radio locali e indipendenti.
Stereomood: di Stereomood abbiamo già parlato qui con un’intervista a Daniele Novaga, uno dei fondatori del sito http://www.tafter.it/2011/09/15/stereomood-com-il-mondo-della-musica-emozionale/ ma un’altra menzione, questi ormai celebri dj emozionali se la meritano tutta. Stereomood è infatti uno spazio web, totalmente gratuito dove l’utente può ascoltare musica alternativa catalogata in base al proprio umore: felice, melanconico, indaffarato, calmo, pensieroso, innamorato…decine sono gli stati d’animo attraverso i quali scegliere. Non a caso Stereomood si è da poco aggiudicata il premio della critica di Wind Business Factor, progetto di Wind e TheBlogTV per scovare e sostenere le migliori startup del Paese e ha da poco firmato un accorso con Zimbalam, distributore di musica online per far sì che anche i loro brani vengano inserite nelle originali playlist di Stereomood.
Soloprodotto.com: questa originale start up nasce dalla mente di Daniele Marucci, marchigiano doc, che ha deciso di provare a vendere del semplice caffè. Dov’è l’innovazione, direte voi? Nella sua semplicità, fatta anche di slogan rapidi e divertenti come “Lascia a Clooney fare l’attore, ai santi proteggere il paradiso, a noi portarti il caffè!“ che lasciano trasparire da subito l’animo genuino e sincero di questi ragazzi che da ben tre generazioni sono impegnati nella creazione del miglior caffè di sempre, venduto online e spedito direttamente a domicilio. Un chilo di caffè si aggira sui 20 euro ma sia ha la certezza dell’artigianalità del prodotto, del suo aroma e della consegna gratuita a casa ogni tre mesi.
Huntsy:la ricerca di un lavoro è essa stessa un lavoro. E proprio per ovviare a questo faticosissimo periodo di mail, lettere di presentazioni, ricerca di aziende e formulazioni di application che arriva Huntsy, una piattaforma web che permette di organizzare al meglio la propria ricerca del lavoro migliore.
Grazie al suo approccio social, infatti, con Hunsty è possibile salvare in un dedicato segnalibro le pagine delle aziende visitate, i profili Linkedin scovati e le offerte di lavoro individuate. Grazie ad un widget, Hunsty è poi in grado di ordinare tutte le informazioni permettendo all’utente di recuperarle, archiviarle e compilarle con ordine e facilità.
Signori e signore, ladies and gentleman, Gnammo è servito!
Caso unico in Italia, Gnammo, The Social Eating Network, è un marketplace che permette di organizzare eventi culinari di ogni tipo (pranzi, cene, brunch, spuntini…) in casa propria, invitando nuovi amici e ottenendo un piccolo guadagno.
Intervista a Walter Dabbicco, Chief Marketing Officer (CMO) di Gnammo
Vi siete ispirati a qualche realtà esistente? Quale era lo stato dell’arte prima del nuovo social eating network?
Si tratta di un’dea completamente innovativa per il panorama nazionale, Gnammo (http://gnammo.com/) si propone di interpretare in maniera originale l’offerta già consolidata all’estero con i secret restaurants o underground restaurants, locali fuori dalle guide turistiche, celati dietro location le più diverse, come una lavanderia o il portone di una casa. Stanze e case sono state aperte al pubblico, a pagamento, per offrire un’esperienza non solo culinaria, che é già cult nelle maggiori capitali internazionali: si prenota come al ristorante, ma usufruendo dell’atmosfera casalinga e di piatti ricercati.
In Italia, invece, si sta diffondendo la moda delle Cesarine: cuoche provette che aprono le porte della loro casa offrendo un menu casalingo, in un’atmosfera tipica.
Qual è la novità di Gnammo? Come funziona?
Il salto di qualità di Gnammo è quello di voler creare un social network e, quindi, profili diversi a seconda che si tratti di cuochi, “gnammer” o piatti/ tipologie di preparazioni, così da far incontrare offerta e domanda e, sinergicamente dar vita, di volta in volta, ad eventi sempre nuovi ed interessanti. La sfida è di organizzare in rete una cena/un pranzo da gustare nel reale. Il business model di Gnammo si basa su una fee che viene trattenuta per ogni coperto prenotato. Ad esempio, io che abito a Genova, leggo su Gnammo che uno “chef” organizza una cena per 10 coperti a casa sua a base di pesce al costo di 20 euro. Scelgo di partecipare all’evento e prenoto il mio posto inserendo i dati della mia carta di credito, la somma di denaro verrà congelata e la transazione si verificherà solo ad evento avvenuto, quando, chef e gnammer si scambieranno i rispettivi feedback relativi alla cena. Il 10% del costo dell’evento andrà agli organizzatori di Gnammo mentre, la restante parte, allo chef. E’ inoltre previsto un sistema di gaming e premiazione a seconda delle recensioni che nel tempo chef e gnammers otterranno; ciò comporterà diversi vantaggi, oltre garantire totale chiarezza e sicurezza sui pagamenti, infatti, in futuro verrà stanziata una vera e propria assicurazione per garantire i diversi attori degli eventi.
Come è nato Gnammo?
Gnammo, The social eating network è la somma di due premiate start-up, rispettivamente, Cookous e Cook Hunter, che, in due parti diverse d’Italia (Bari e Torino), portavano avanti la stessa idea: unire al cibo la socialità condendola con un guadagno. Cookous è infatti il vincitore pugliese del percorso nazionale di Innovacion Lab, oltre che dello StartUp Nation Tour in Israele, della finale di StartCup Puglia. CooK Hunter, invece, fa parte dell’incubatore delle imprese internet based del Politecnico di Torino, Treatabit, e ha all’attivo diverse partnership con marchi come Eataly. Ed è così che due torinesi, un romano e un barese hanno deciso di unire le loro esperienze e conoscenze per dar vita ad una creatura più completa: Gnammo!
Perchè il nome Gnammo?
Eravamo alla ricerca di un termine smaccatamente italiano che potesse rimandare facilmente al Belpaese; abbiamo pertanto optato per il suono onomatopeico gnam – espressione tipicamente italiana riferita all’azione del mangiare – che abbiamo poi declinato in questo modo. Abbiamo, inoltre, aggiunto “the” social eating network, affinchè potesse distinguersi dagli altri social network, essendo il primo che tratta materia culinaria! Inoltre se la tagline inglese è “Eat, socially!”, lo slogan che abbiamo scelto per la versione italiana e su cui si basa il sito web è: “C’è una faccia nuova a tavola”, che rimanda alle vignette che compaiono in homepage e che individuano i diversi attori di Gnammo: chef, “gnammer” e i piatti/le portate che simboleggiano l’evento.
Su che tipologie di piattaforme e social network opera?
Ad oggi è possibile seguire Gnammo su Facebook e Twitter e tramite il Blog diviso in tre categorie: Magazine, che raccoglie informazioni e curiosità degli utenti, News, contenente gli aggiornamenti sul funzionamento del social eating ed Eventi, dove confluiranno i reportage dei vari eventi e che, attualmente, è dedicato ai consigli per gli appassionati e non.
In che modo partirà? Ci sarà un “evento inaugurale”?
A cominciare da fine marzo/inizio aprile avranno luogo le prime cene di lancio a Milano e Torino, dove chef controllati e di fiducia saranno protagonisti degli eventi-lancio. Con il miglioramento delle temperature, seguiranno pranzi e cene nel centro e poi nel sud Italia, dove i creatori di Gnammo prevedono di arrivare verso maggio.
Immagino che partirete dall’Italia…ma il progetto ha ampio respiro?
Ebbene sì, contiamo di partire da qui, da un territorio che conosciamo per poi, una volta superata la prova Italia e consolidato il meccanismo Gnammo, proporci all’estero, iniziando con Francia e Spagna.
Bene, non resta che iniziare a profilarsi e prendere posto a tavola..gnammo gnammo!