01 marchio_venezia_2019Intervista al Prof. Filiberto Zovico, tra i proponenti della candidatura di Venezia e del Nord-est

 

Qual è l’identità del territorio dalla quale scaturiscono le strategia e il progetto del 2019?
L’identità riguarda in gran parte la storia, nel senso che Venezia è sempre stata il Nord-est e il Nord-est è sempre stato Venezia. Per centinaia di anni questa compenetrazione tra città e territorio è stata un dato storico inconfutabile, come dimostra ad esempio la presenza del Palladio nel campo artistico e quella della Repubblica in quello politico. Ma il legame è anche moderno poiché nella contemporaneità l’intero territorio quando si racconta in maniera globale, lo fa tramite Venezia: alcuni produttori dell’amarone della Valpolicella presentano il loro come il vino delle Venezie; andando all’estero se qualcuno ci chiede la provenienza si dichiara di vivere “near Venice”. La città è simbolicamente la rappresentazione di un territorio estremamente ampio, che va anche oltre il Nord-est stesso.
Questo giustifica la scelta della candidatura comune di Venezia e del Nord-est, motivata sia dalle radici storiche, sia dal fermento delle industrie creative del territorio, che creano un legame molto forte con il capoluogo. Basti pensare che la Fondazione Guggenheim e la stessa Biennale racchiudono e rappresentano molte delle imprese culturali attive al di fuori di Venezia.

 

Quali sono gli asset che la città immette in questo programma?
Gli asset riguardano l’idea principale di non costruire nuove opere fisiche, come musei e strutture materiali, poiché già ce ne sono in abbondanza sia a Venezia che nel territorio. Si intende piuttosto creare reti museali, di percorsi turistico –culturali, creative. Il lavoro è più sul software che sull’hardware. E’ la prima grande operazione europea, e forse mondiale, di costruzione di reti metropolitane che si sviluppa sull’esistente, e deriva da una tradizione di piccole città che nel corso degli anni si sono trasformate in un’unica grande megalopoli.

 

Quali sono le mancanze cui dovrete invece sopperire?
La mancanza cui la candidatura intende sopperire è la debolezza nei collegamenti tra i diversi punti. Abbiamo le più importanti vie di comunicazione a livello europeo e mondiale, con aeroporti, strade, porti e ferrovie, mentre siamo carenti sul piano interno in collegamenti metropolitani. E’ su questi aspetti che la candidatura intende agire per superare i problemi derivanti.
Si intende mettere in rete il territorio non solo dal punto di vista culturale e turistico, ma anche e soprattutto sul piano dei trasporti: le due cose si aiutano e rafforzano. Riguardo tale aspetto si agirà poi perentoriamente secondo una logica di eco sostenibilità.
Altra difficoltà, ma non oggettiva, è il numero delle menti coinvolte: quello che poteva sembrare un ostacolo, sembra tuttavia che si stia dimostrando un punto di forza. Sei diverse istituzioni riescono a sopperire alle difficoltà temporanee di ciascuna, evitando che il progetto si fermi, ad esempio, in caso di disaccordo politico interno ad una di loro.

 

I flussi economici delle città d’arte riguardano solitamente pochi addetti ai lavori. Il programma relativo alla candidatura intende coinvolgere uno spettro più ampio di operatori economici?
La candidatura parte da un assunto: ha come tema la pace come fattore di sviluppo economico e culturale. Parte dello sviluppo di questo territorio, in un periodo di nota crisi, è frutto dell’industria creativa, che va dalla moda e dal design fino all’innovazione tecnologica e scientifica. Il coinvolgimento dell’impresa è molto forte e non a caso un sondaggio sulle candidature italiane dimostra come Venezia e il Nord-est primeggino nel campo dell’innovazione creativa a livello nazionale. Dal punto di vista economico è una candidatura che pensa di basarsi per oltre il 50% sui contributi che arriveranno dalle aziende private e di non pesare nemmeno per un euro sulle spese statali.

 

Cosa rimarrà alla città dopo il titolo di Capitale europea della Cultura?
Intanto è importante considerare il “durante”: la candidatura di Venezia e del Nord-est avrà benefici non solo per questo territorio, ma per l’intero sistema culturale e turistico italiano. La città lagunare e il territorio circostante sono importanti attrattori e tenderanno a sostenere il turismo culturale di tutto il Paese.
Per quel che riguarda il “dopo”, non si tratta di un evento, ma di un processo partito già da cinque anni, che intende proseguire anche successivamente, proponendo il territorio come un polo creativo capace di attrarre giovani talenti da tutto il mondo, affinché si riveli un terreno fertile capace di porre le condizioni per sviluppare le nuove industrie creative del futuro.
La costruzione di questo software complicato determinerà un’accelerazione dello sviluppo e della competitività del territorio e del Paese tutto.

 

 

Le altre candidature a Capitale europea della Cultura 2019

 

Moscow_Underground_Picture_GallerySuona la sveglia e con gli occhi ancora appiccicati di sonno guardi intontito l’orario: sono già le otto! Correndo esci da casa e riesci a prendere per un pelo la metro iper-affollata che ti porta a lavoro, l’ultimo lembo della giacca incastrato tra le porte, il tuo viso pericolosamente vicino a quello di un amante di aglio e cipolla. Per molti habitué della metro la situazione giornaliera si presenta così.
Esiste, però, anche un altro tipo di metro in cui i viaggiatori sono sì milioni, ma hanno l’opportunità di godere della bellezza di capolavori dell’arte. È quello che succede a Mosca, dove un intero treno è stato trasformato in una galleria che contiene ben 35 dipinti che vanno dal XVII al XXI secolo, i cui originali sono conservati al Museo di Ryazan, nella Russia occidentale.

Questo treno, chiamato “Watercolor”, suggestiva galleria d’arte in movimento che parte dalla stazione Partizanskaya, è stato inaugurato per la prima volta nel 2007 e da allora ha ospitato cinque differenti mostre, con capolavori provenienti dai principali musei di Mosca e di San Pietroburgo. “Watercolor” è un’iniziativa che incanta non solo i turisti curiosi ed esploratori, ma anche e soprattutto i numerosi pendolari che ogni giorno prendono la metro. La galleria su rotaie si è rivelata un modo intelligente e innovativo per promuovere l’arte, educare alla cultura e al bello, intrattenere e meravigliare i passeggeri.

La metro di Mosca è stata inaugurata nel 1935 per volontà del Comitato centrale del Partito Comunista. Ad oggi si tratta di una delle metro più lussuose e frequentate al mondo, con una media di 8 milioni di passeggeri al giorno. La metropolitana di Mosca non offre ai suoi frequentatori solo le bellezze di “Watercolor”, ma anche i lussi artistici delle sue stazioni, ricche di pitture, sculture, decorazioni, e la possibilità di viaggiare su altri treni particolarissimi: ci sono “Reading Moscow” e “Poetry in metro” che sono riservate ai grandi scrittori e poeti della letteratura russa e internazionale, di cui riportano illustrazioni e citazioni; “National home guard” e “The Battle of Kursk” sono, invece, a tema storico e commemorano momenti cruciali della storia moscovita.

La pratica di unire l’arte ai mezzi di trasporto pubblici non è, però, prerogativa esclusiva della capitale russa. In Europa, la nordica Stoccolma vanta una metro incantevole, le cui stazioni riprendono ciascuna un periodo significativo della storia dell’arte, dall’archeologia alle avanguardie. La “tunnelbana” di Stoccolma, progettata negli anni ’70 dall’artista finlandese Per Olof Ultvedt, è stata definita la più lunga galleria d’arte al mondo, esibendo oltre 100 km di opere, di circa 150 artisti.

Fuori dai confini europei spiccano le stazioni metro di Dubai e Toronto. A Dubai la metro è un gioiello di tecnologia e design: è completamente automatizzata, e affascina con le sue forme futuristiche, flessuose e luminose. La subway di Toronto è famosa per la “Museum Station”, una stazione che richiama l’esposizione permanente del sovrastante Royal Ontario Museum. È decorata con totem, sarcofagi egizi, elementi architettonici romani che regalano al viaggiatore una sensazione affascinante e particolare.

Ma non bisogna andare per forza così lontano per rimanere a bocca aperta di fronte alle meraviglie artistiche di una metro. Nel 1995, l’amministrazione comunale di Napoli, sotto il coordinamento artistico del critico d’arte Bonito Oliva, ha dato vita a “Le stazioni dell’arte”, un progetto ambizioso che ha trasformato le stazioni della metro di Napoli in gioielli d’arte contemporanea, fruibili da tutti i passeggeri. Si possono incontrare installazioni, mosaici, sculture, decorazioni di Sandro Chia, Luigi Ontani, Sol Lewitt, Mimmo Paladino, Mimmo Rotella, Mario Merz, Gilberto Zorio e di molti altri artisti, sia affermati che emergenti. Questa iniziativa nasce da ragioni di estetica e di comfort, ma anche dalla volontà di innescare un processo di riqualificazione delle zone sovrastanti le stazioni, spesso in stato di degrado.

C’è poco da fare, l’arte è uno strumento potentissimo che trasforma in “oro” tutto quello che tocca: l’oro della cultura e del bello, a servizio del funzionale e del confortevole.

 

 

 

Immaginate di svegliarvi la mattina, fare colazione, vestirvi per andare al lavoro e recarvi alla solita fermata del tram, del bus o della metro. Una routine che si ripete quotidianamente con le stesse azioni cui spesso non facciamo neanche caso, sin quando un giorno l’arte irrompe nella nostra grigia mattinata. È accaduto in Germania dove l’artista Milo Moiré ha organizzato la performance “The Script System” per le strade cittadine: una modella completamente nuda, con scritti sulla pelle i nomi degli indumenti da indossare, si è confusa tra i viaggiatori dei mezzi pubblici a Düsseldorf. Una perfomance artistica molto particolare e provocatoria che tuttavia non sembra aver lasciato sbigottiti o interdetti i passanti.
Lo stesso percorso e gli stessi gesti compiuti ogni mattina per andare al lavoro, sono stati riproposti da Moiré senza portare vestiti addosso, nella condizione che ci rende più vulnerabili e fragili per affermare invece la piena autonomia dell’arte e la forza della nostra nudità all’interno della società.

 

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Protagonista è l’arte concettuale della contrapposizione e dell’eccentricità, che richiama l’attenzione sul paradosso per combatte gli stereotipi, a tratti in maniera divertente, soprattutto per quanto attiene le reazioni suscitate tra il pubblico inconsapevole che sembra rimanere del tutto indifferente a questa forte provocazione.
Nel video diretto da Peter Palm è riportato tutto l’evento dalla fermata del tram sino all’uscita della metropolitana. Non è la prima volta che la nudità del corpo umano diviene protagonista dell’arte: lo scorso febbraio, in occasione dell’inaugurazione della mostra “Naked Man”, gli stessi visitatori sono entrati senza vestiti nelle sale del museo Leopold di Vienna.
Forse ormai l’immagine del corpo umano senza veli è stata ormai talmente tanto usata ed abusata, non solo nel campo artistico, ma anche in quello pubblicitario, da non suscitare più alcuna reazione o disapprovazione?

 

 

 

La bella stagione che sta per cominciare è un ulteriore buon motivo per muovesi all’aria aperta sulle due ruote: la bicicletta consente infatti di spostarsi agilmente, facendo una sana attività fisica e contribuendo alla riduzione di emissioni di CO2 provocate dagli abusati mezzi a motore; per non parlare dei vantaggi in termini economici grazie al risparmio di denaro altrimenti destinato al carburante!

Molte sono le iniziative volte a favorire il ricorso a questo mezzo di trasporto, soprattutto con l’arrivo della primavera.

Proprio il 1° aprile, nella ricorrenza della Pasquetta, la FIAB, Federazione Italiana Amici della Bicicletta, in accordo con le Ferrovie dello Stato, ha come ogni anno lanciato la campagna “Bicintreno”: i cicloescursionisti intenti nella consueta scampagnata del lunedì dell’Angelo hanno potuto usufruire del trasporto gratuito del mezzo sui treni regionali di tutta Italia.

Sempre la FIAB incorona poi Vicenza, dal 5 al 7 aprile, capitale del cicloturismo: durante le giornate si riuniranno nella città veneta 200 delegati della Federazione provenienti da tutta Italia, insieme a tour operator nazionali e stranieri, per parlare di questa nuova frontiera del turismo alternativo. Il 6 aprile è infatti previsto il convegno “Cicloturismo: risorsa per l’economia e il territorio”, durante il quale saranno premiate personalità che hanno promosso l’utilizzo della bicicletta, come Gianni Garbin, che ha percorso l’Italia con la sua handybike, la bici pieghevole e trasportabile anche mano, o il ciclista ipovedente Simone Salvagnin.

Il cicloturismo è un fenomeno che sta del resto conquistando una fetta sempre più ampia nel turismo convenzionale, convogliando aspetti importanti come sostenibilità, cultura del territorio e itinerari slow, che favoriscono la promozione e la crescita economica di realtà minori, fuori dagli usuali circuiti di visita.
Pensiamo solo che in Austria, dove il cicloturismo vede l’appoggio e il sostegno delle istituzioni, il percorso Passau-Vienna, lungo il Danubio, accoglie annualmente circa 200 mila turisti in bicicletta, con importanti ricadute per tutti i piccoli centri interessati dal percorso. E in Germania, i 40 mila chilometri di percorsi ciclabili, producono un indotto di ben 8 miliardi annui.

Nel nostro Paese avanzano alcuni progetti in tal senso.
Nel settembre 2012 è stato inaugurato il Parco Cicloturistico dei Navigli, progetto ideato da Touring Club Italia, realizzato grazie al sostegno di sponsor privati, che ha coinvolto le regioni di Lombardia e Piemonte, e le province di Milano, Novara e Pavia, con 46 Comuni dell’area. Quattro i percorsi previsti e divisi per chilometraggio, ognuno supportato da tracce GPS.
C’è poi VENTO, il progetto di itinerario ciclabile che collega Venezia a Torino seguendo il tracciato del fiume Po: 679 chilometri che interessano 14 mila aziende agricole, oltre 300 attività ricettive e 2 mila spazi commerciali, che potrebbero beneficiare positivamente del progetto. In parte l’itinerario di VENTO già esiste ed è percorribile, ma per completarlo occorre un ulteriore investimento di 80 milioni di euro e l’accordo delle istituzioni: in tre anni, in concomitanza con l’apertura dell’Expo 2015, la lunga ciclabile potrebbe così essere inaugurata, collegandosi magari ad altri percorsi simili, con ampio vantaggio per il territorio.

In speranzosa attesa che i grandi progetti volgano a compimento, si organizzano nel frattempo iniziative più piccole, ma non meno importanti.
Parte in questi giorni nel Comune di Cagliari, la BiciBus, un percorso cittadino volto a favorire il ricorso delle due ruote ecologiche anche per brevi spostamenti: i cittadini dotati di bicicletta potranno infatti raccogliersi in gruppo per affrontare insieme e in maggior sicurezza il percorso. Stessa iniziativa è riproposta in diverse città, come a Milano, Reggio Emilia e Bari, per accompagnare invece i bambini a scuola.

Tanti sono dunque i vantaggi per promuovere e diffondere la cultura delle due ruote nel nostro Paese, dal benessere fisico, allo sviluppo territoriale, fino alla riscoperta della socialità.

 

 

La Grande Mela è un reticolo di strade dove spicca il giallo dei taxi più famosi del mondo: migliaia di persone ogni giorno salgono e scendono dai cab con i loro impegni, le loro storie e le tante vite. Gli autisti ne avranno perciò di cose da raccontare e, uno di loro, Daniel J. Wilson, ha deciso di raccogliere le voci dei suoi passeggeri in un collage di registrazioni audio-video: conversazioni telefoniche di ogni genere, gente che fa conoscenza nei sedili posteriori del taxi, chi parla tra sé durante il viaggio, tutti però senza curarsi della presenza di Daniel al volante.

La performance, intitolata “9Y40”, è stata poi riproposta a bordo del taxi alle orecchie dei nuovi passeggeri, durante le corse gratuite offerte in occasione della Armory Arts Week. Le reazioni sono state divertite e si è preso coscienza di un modo di fare ormai consueto.

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Le registrazioni sono avvenute all’insaputa dei protagonisti, tanto che l’artista-tassista ha chiesto il supporto di un legale per realizzare la sua performance; la critica ha comunque accolto con entusiasmo la trovata che, del resto, vede un giovane di 35 anni, evidentemente amante del suo lavoro, condividere attraverso l’arte le sue esperienze quotidiane alla guida del taxi. Nel sito dedicato al progetto, Daniel J. Wilson ha infatti raccolto anche degli scatti fotografici che ripercorrono le fasi attraverso cui ha acquisito la licenza necessaria per la sua attività: una sorta di diario che cala lo spettatore il questo spaccato urbano.

I taxi sono al centro di un’altra iniziativa, stavolta nostrana, chiamata appunto “Taxi Gallery”. Nato a Roma, questo progetto di arte condivisa punta su tali mezzi di trasporto pubblico per condividere l’arte: il taxi diventa sede espositiva itinerante, mezzo attraverso cui proporre le opere al di fuori dei circuiti istituzionali, andando incontro alla gente. Accade così che artisti desiderosi di farsi conoscere e tassisti che intendono offrire ai propri clienti qualcosa di più di un semplice passaggio, si trovino in questa iniziativa, che risulta sinergica e positiva per tutti. 

Nel circuito di Taxi Gallery espongono artisti di vario genere come Alessandro Ciccarelli, Flavia Dodi, Andrea Angeletti, Barbara Palomba e altri, e spesso il progetto funge da lancio per i creativi che poi espongono all’interno di altre rassegne. Taxi Gallery ha poi utilizzato la sua “visibilità” per dar risalto anche a campagne di sensibilizzazione su temi come la violenza sulle donne, cui ha dedicato speciali esposizioni.

Se dunque prendendo un taxi notate la presenza di opere d’arte, fotografie o creazioni di altro genere, sorprendetevi pure…siete a bordo della Taxi Gallery.

 

Riflettendo sui grandi spazi del viaggio contemporaneo, si è parlato di “superluoghi”: nell’ultimo decennio porti, aeroporti e stazioni ferroviarie, quindi i grandi centri della mobilità, hanno visto fiorire al proprio interno una serie di attività eterogenee, dal commercio ai servizi più vari. Questi nuovi poli della vita contemporanea sono snodi presso i quali, ogni giorno, flussi locali e globali s’intersecano, localizzazioni in cui grandi bacini d’utenza si trovano a trascorre vari momenti della propria giornata.

Negli ultimi anni, alcune aziende attive nella promozione territoriale hanno deciso di scommettere su queste nuove polarità, coniugando visibilità, multimediale e cultura. Dal 2012, infatti, l’aeroporto d’Abruzzo ha deciso di proporsi ai viaggiatori sotto nuove spoglie, creando l’Angolo d’arte, uno spazio dedicato ad esposizioni gratuite, allestite con opere di artisti locali. La struttura ha quindi messo a disposizione dei propri utenti un’offerta culturale che, oltre a presentarsi come servizio gratuito, è anche in grado di valorizzare i talenti del luogo e fornire un primo spaccato dell’identità del territorio.

Sulla scia di queste trasformazioni, anche l’aeroporto di Parigi Roissy – Charles de Gaulle ha inaugurato il suo Espace Musée, nel quale ogni anno saranno allestite due mostre con opere provenienti dai più grandi musei della città. La prima mostra ha visto protagonista la produzione di Auguste Rodin, con l’esposizione di opere come “Il pensatore”, e sono attesi in media 800 mila visitatori all’anno. Alle spalle della scelta, anche questa volta, la volontà di offrire ai visitatori in attesa e in transito uno spazio d’eccezione, valorizzando, allo stesso tempo, le bellezze nazionali.

Ritornando al panorama italiano, anche il Touring Club ha deciso di dare una sferzata sul fronte dell’innovazione. In collaborazione con Autostrade per l’Italia, infatti, è in corso il progetto Sei in un Paese meraviglioso. Scoprilo con noi, che mira a stravolgere il volto di molte delle aree di servizio della rete. Opportunamente segnalate dalla cartellonistica situata lungo il tragitto, in queste strutture il Touring metterà a disposizione uno spazio in cui supporti informativi tradizionali e sistemi multimediali s’intersecheranno per raccontare una serie di experiences fruibili sul territorio circostante, in funzione del tempo a disposizione. L’obbiettivo è proporsi ai potenziali utenti con modalità innovative per promuovere luoghi poco conosciuti o esterni ai circuiti più tradizionali di visita. Le stesse experiences, tutte caratterizzate da una spiccata originalità, saranno poi consultabili anche digitalmente, dal sito di Autostrade per l’Italia e sulla pagina Facebook dell’azienda. Il servizio al momento è attivo sull’area di Giove Ovest, nei pressi di Viterbo, e a breve sarà disponibile anche in altre dodici strutture lungo la rete, da Firenza a Parma, da Brescia a Treviso.

La città di Padova ha invece deciso di lavorare sul versante della narrazione e dello storytelling, mettendo a disposizione sul sito del comune un’audioguida scaricabile, con una serie di percorsi cittadini raccontati dall’attore Alberto Terrani. Nell’illustrazione degli itinerari, oltre alle informazioni più strettamente tecniche o storico-artistiche, sono stati integrati racconti, aneddoti e particolari curiosi, in grado di fornire una caratterizzazione del territorio quanto più autentica.

Da iniziative come queste s’intuisce l’enorme potenziale celato nello sfruttamento di spazi innovativi, prodotti culturali e nuove tecnologie. La promozione dei territori può contare oggi su una serie di esperienze e di strumenti innovativi da cui partire per ideare nuove modalità di prodotto e di comunicazione, con le quali valorizzare luoghi poco conosciuti ed elaborare proposte originali per i viaggiatori di domani.

 

Sardegna, isola al centro del Mar Tirreno, è meta ambita per chiunque cerchi mare limpido e natura selvaggia, senza rinunciare ad un tocco di cultura e mondanità. Per raggiungere questa ‘isola felice’, non c’è bisogno di seguire la “prima stella a destra” di Bennato, perchè le vie di collegamento per rendere realtà il sogno sono diverse.

 

Via mare:
la Sardegna è dotata di cinque porti turistici: Cagliari, Porto Torres, Olbia, Golfo degli Aranci e Arbatax. Le compagnie navali che vi giungono partono da Genova, Cagliari e Civitavecchia e sono Tirrenia, Moby Lines, Corsica Ferries, che impiegano dalle 4 quattro alle sei ore e, per le navi veloci, c’è Grimaldi che, ad un prezzo maggiorato riduce i tempi a tre ore e mezza.
Al fine di ovviare al caro prezzi dei collegamenti con il continente la Regione Sardegna si è inoltre dotata di una flotta propria, la Saremar, attiva dallo scorso anno.

 

Via cielo:
i principali aeroporti sono Cagliari Elmas e Olbia-Costa Smeralda, servito dalle maggiori compagnie aeree e anche da voli low cost, mentre quello di Alghero-Fertilias è raggiunto solo da flotte minori.

 

Sull’isola:
per gli spostamenti interni chi è dotato di auto propria può percorrere la superstrada ss 131 che attraversa la Sardegna da Nord a Sud e collega Cagliari a Sassari, passando per Oristano; una diramazione conduce invece a Olbia. L’altra superstrada è la ss 291 che mette in comunicazione Sassari e Olbia con Alghero.
Per chi invece giunge sull’isola sprovvisto di mezzi propri c’è la possibilità di prendere a noleggio l’auto, nel caso si desiderasse percorrere parecchi chilometri, o in alternativa moto e scooter.
Altrimenti ci sono sempre i mezzi locali quali treni e linee bus pubbliche e private.
In particolare vi segnaliamo il Trenino Verde della Sardegna, un mezzo ‘slow’ per attraversare tutta l’isola immersi nel verde della natura.

 

Si respira già un’atmosfera elettrizzante nella metropoli britannica. La più importante manifestazione sportiva a livello mondiale, i Giochi Olimpici e Paraolimpici in programma rispettivamente a partire dal prossimo 27 luglio al 12 agosto e dal 29 agosto al 9 settembre, sta catalizzando l’attenzione di sportivi, media e pubblico.
Un’estate ricca di emozioni per la capitale del Regno Unito, iniziata la prima settimana di giugno con il Giubileo di Diamante della Regina, seguito dall’emozionante percorso della fiaccola olimpica che riporta finalmente i cinque cerchi olimpici in terra anglosassone.
Dopo ben sessantaquattro anni e per la terza volta – la prima e la seconda hanno avuto luogo rispettivamente nel 1908 e nel 1948 – Londra celebra la trentesima edizione dei Giochi Olimpici e la quattordicesima di quelli Paraolimpici.
Ad amplificare l’emozionante attesa per l’evento sportivo per eccellenza ha certamente contribuito l’arrivo della fiaccola olimpica il 18 maggio ed il suo viaggio per un periodo totale di settanta giorni per tutto il Regno Unito, che dà la possibilità ai sudditi di Sua Maestà e non solo di assistere al suo passaggio e di respirare così l’aria di festa.
Per ospitare degnamente la manifestazione, la città si è dotata di ben trentetre impianti, la maggior parte dei quali ubicati nel nuovissimo ‘Olympic Village’, realizzato nella parte orientale di Londra, in Zona 3. Questa zona, che si estende per circa 2 km quadrati nell’area di Stratford, comprende sette siti: lo Stadio Olimpico, dedicato alle competizioni di atletica leggera e nel quale si svolgeranno le cerimonie di apertura e di chiusura; il Centro Olimpico di Hockey; il Centro Acquatico destinato alle competizioni di nuoto; il London Velopark che ospiterà le gare ciclistiche; infine, le tre Arene Olimpioniche riservate a pallavolo e pallamano, scherma, pentathlon moderno e basket.
L’enorme villaggio olimpico ha una capienza di 17.320 posti letto suddivisi in 3.300 appartamenti – nei quali non mancano accesso internet, tv e persino giardino privato – ed ospiterà atleti provenienti da ogni parte del mondo. Il villaggio includerà poi una zona internazionale, dove gli atleti potranno vedere i loro amici e le loro famiglie.

La ‘River Zone’ lungo il Tamigi, invece, comprenderà: le Arene O2 e di Greenwich, riservate a badminton e ginnastica; il Centro Espositivo ExCeL per le gare di pugilato, sollevamento pesi, judo, taekwondo, lotta e tennis da tavolo; l’Arena di Greenwich Park per le competizioni equestri; infine, a Woolwich, la Royal Artillery Barracks sarà sede delle gare di tiro al volo.
Nella ‘Central Zone’ nel cuore di Londra, a sua volta, si celebreranno le finali di calcio presso lo stadio di Wembley, mentre le competizioni di tennis si terranno nei famosi campi di Wimbledon. Nel Lord’s Cricket Ground si svolgerà il tiro con l’arco, nel Regents Park il ciclismo su strada ed il beach volley nella Horse Guards Parade di Whitehall. Infine, Hyde Park ed Earls Court ospiteranno rispettivamente il triathlon e la pallavolo.
Ma non finisce qui, perchè fuori dal perimetro cittadino sono comprese anche altre quattro località di gara: Broxbourne, nell’Hertfordshire, per canoa e kayak slalom; Dorney Lake, vicino a Windsor, per canoa, canottaggio e kayak sprint; Weald Country Park, in Essex, per la mountain biking e l’Accademia di Wymouth e Portland National Sailing nel porto di Portland, a circa 200 km dal villaggio olimpico, per la vela.
Occorre anche ricordare che le partite di calcio sono in programma a Newcastle, Manchester, Cardiff, Belfast, Birmingham e Glasgow.

La capitale inglese non ha dunque badato a spese per preparare e realizzare questo imponente evento, anche perchè Londra si prepara a battere ogni record, diventando la prima città al mondo ad ospitare i giochi olimpici estivi per tre volte. I costi dell’evento e della riqualificazione urbana che esso ha comportato, sono stati nell’ordine dei 2 milioni di sterline e sono stati sostenuti grazie all’intervento ed alla compartecipazione di diversi partner e investitori pubblici e privati, tra i quali Coca Cola, Acer, Mc Donald’s e Samsung. Da tempo la città ha intrapreso un programma di riqualificazione delle aree degradate, in particolare dell’East End, proprio dove è stato realizzato l’Olympic Village. L’area dove sorge ora il villaggio olimpico, Stratford, situata a nord dei Docklands, è stata, infatti, interamente ricostruita e riqualificata secondo il progetto ‘Thames Gateway’, carta vincente per l’assegnazione a Londra di queste Olimpiadi 2012.

Al termine dei Giochi la città trasformerà il Villaggio e tutte le sue strutture in un enorme nucleo scolastico, che servirà la zona orientale della capitale e dall’enorme complesso verranno anche ricavati circa 4.000 appartamenti che saranno messi in vendita. Il nuovo quartiere prenderà il nome di Strand East e il simbolo della rigenerzione di quest’area sarà rappresentato dalla torre di 40 metri realizzata da Wood Beton – progettata dallo studio di architettura ARC-ML e dagli ingegneri di eHRW coordinati dall’ingegnere Giovanni Spatti – attorno alla Sugar House Lane, una periferia che da molto tempo versava in stato di degrado ed ora finalmente trasformata, e denominata Strand East Tower. Questa vera e propria scultura ha una forma iperboloide slanciata ed è formata da un reticolo di travetti di legno intrecciati e 16 anelli orizzontali in acciaio zincato, che le danno un aspetto trasparente e che di notte sarà illuminata da oltre 600 luci a LED dai colori iridati.

Sono stati venduti oltre otto milioni di biglietti per le gare Olimpiche, ai quali vanno sommati un milione e mezzo per quelle Paraolimpiche, e i biglietti, che erano già stati messi in vendita lo scorso anno, sono andati esauriti nel giro di poche settimane. Tutte le gare saranno comunque trasmesse in diretta dal canale nazionale BBC e da Channel 4, quest’ultimo emittente ha infatti ottenuto l’esclusiva per la copertura dei giochi Paraolimpici.

Ci si aspetta una straordinaria partecipazione di pubblico e di curiosi in città – sono previsti oltre 180.000 spettatori ai Giochi – e proprio per far fronte al problema dei trasporti il governo ha stanziato un piano di ammodernamento delle numerose infrastrutture cittadine in vista dell’afflusso record di visitatori per le Olimpiadi, cercando di assicurare, mediante le 10 linee su ferrovia, il trasporto di 240.000 passeggeri per ora. Ad esempio, le linee della metropolitana Northen e Jubilee sono state oggetto di manutenzioni straordinarie, mentre l’Overground e la linea DLR, che fanno parte della linea della metropolitana leggera, sono state estese fino a servire la zona olimpica ad est di Londra, con chiari benefici anche per i comuni cittadini, i quali posso così usufruire di nuovi servizi anche dopo la fine della manifestazione sportiva.

Hanno fatto alquanto discutere i sistemi di sicurezza approntati duranti i giochi, con tanto di 13.500 militari dispiegati, missili collocati sopra i palazzi e nave della marina militare nella riva del Tamigi, giusto per rendere tutti più sicuri..almeno secondo quanto affermato dalle autorità.
Non ci resta quindi che fare il conto alla rovescia con il grande orologio digitale che dal marzo dello scorso anno è stato posizionato in Trafalgar Square, e che lo spettacolo abbia inizio!

 

E così il ponte sullo Stretto resterà un plastico, un sogno, un’illusione, forse anche una metafora. Ma non diventerà mai vero, con buona pace dei turisti che messinesi e reggini contavano di poter vedere mentre scattano foto al meraviglioso manufatto. Peccato? Certo, peccato aver sprecato così tanti soldi per studi di fattibilità controversi, peccato aver aizzato appetiti d’ogni tipo (basti pensare a quanto pesa un ciclopico movimento terra, un ventaglio ampio e variegato di espropri, una maxi fornitura di acciaio e cemento, un lungo scavo di gallerie). Peccato aver messo troppo a fuoco un’opera immaginata anche dagli antichi romani, perdendo di vista l’evoluzione delle cose come la sempre minore credibilità della conurbazione dello Stretto, la capacità di anticipare i tempi tipica della criminalità organizzata, lo sviluppo mondiale del traffico merci lungo le autostrade del mare, il valore crescente degli ambienti paesaggistici solidi e del disegno urbano coerente con l’identità del territorio.
Il ponte è stato, per un periodo anche troppo lungo, una vistosa metafora delle speranze ardite di una comunità troppo imbevuta di scetticismo, di furbizia a buon mercato, di oppressione dolorosa ma comoda, di renitenza alla crescita e alla strategia. E’ stato come quando si pensa che qualcuno salverà la patria e ci farà tornare felici. Sarebbe bastato guardare la mappa dello Stretto per vedere che il ponte avrebbe di fatto scavalcato d’un botto proprio le due città adagiate tra Scilla e Cariddi, trasformando quelle poche cose a dimensione umana in parcheggi per camion, depositi merci, stazioni di servizio e ferraglia d’ogni genere. Inutile dire che i tempi di percorrenza sul ponte o sui traghetti sarebbero stati sostanzialmente uguali: per arrivare alla campata alta ottanta metri avremmo dovuto attraversare una rampa in parte sotterranea e in parte sopraelevata, la cui durata avrebbe superato la sosta alla biglietteria dei traghetti.
Avrebbe generato dei cambiamenti irreversibili: il deturpamento del bel paesaggio dello Stretto (o di quello che ne rimane), la deviazione senza ritorno dei percorsi di tutte le specie migranti di mare e d’aria con un impatto devastante sulla catena biologica, l’aumento verticale dell’inquinamento atmosferico, sonoro e visivo. E avrebbe privato di prospettive quei pochi che ancora coltivano la speranza di normalità serena e costruttiva in uno dei luoghi più pigri del Mediterraneo. Certo, il mordente non sarebbe mancato; costruire una bretella monumentale più lunga di tre chilometri sospesa su una faglia imperscrutabile ma capricciosa avrebbe inoculato una suspense permanente, in un posto tuttora flagellato da memorie sismiche piuttosto scomode.
Soprattutto, il ponte avrebbe trasformato un’isola in una sorta di estremo brandello del continente europeo, facendo scomparire quelle uniche diottrie isolane che generano e giustificano bizzarrie rituali, ma anche fertilità creative e capacità interpretative. Il mare che circonda un’isola può risultare per molti una barriera invalicabile, ma per molti altri è uno spazio aperto senza limiti, che incoraggia l’immaginazione, spinge alla curiosità, invita alla contemplazione, induce al cosmopolitismo. L’isola non può essere periferica, è il resto del mondo a girarle intorno; con il ponte la Sicilia sarebbe diventata una periferia magari carica di memorie ma senza futuro. Gesualdo Bufalino lo scrisse un po’ di anni fa: il ponte fatelo, ma di libri.

Michele Trimarchi è Professore di Analisi Economica del Diritto all’Università di Catanzaro

Continuo a sognare un’Italia del Sud che riesca a trarre benessere dalle sue miniere inesplorate di natura e cultura. A far soldi con gli agriturismi non con le magliette, con i musei non con le magliette, con i tramonti non con le magliette. Il mondo ci percepisce come il deposito della bellezza e della qualità della vita. Invece noi continuiamo a rinnegare noi stessi, in nome di una visione piccola e frustrata, da eterni Malavoglia incapaci di alzare gli occhi dal seminterrato quotidiano in cui ci siamo autoreclusi, per risvegliare finalmente la meraviglia addormentata che ci circonda da sempre.

Massimo Gramellini

Si comincia questo articolo volutamente in modo inusuale e leggero.
In forma musicale attingendo al genio di Rino Gaetano che sublima il Mezzogiorno e alle immagini evocate da Mango che ci fanno vivere il Mediterraneo e soprattutto ci fanno venire la voglia di andarci.
Le parole di Massimo Gramellini apparse di recente sul “Buongiorno” de “La Stampa” riescono subito a centrare il nucleo del nostro discorso: lo scarso appeal del Sud.
Scarso appeal che è stato puntualmente descritto analiticamente con dovizia di particolari, cifre e statistiche e con autorevole tecnicità dal Dott. Sandro Gattei che ha curato nel Rapporto Svimez 2011 la parte “L’industria turistica: un’opportunità per la crescita dell’economia meridionale”. Nel vi sono tutte le ricette per curare il male dell’inerzia di miopi soggetti che credono al Ponte sullo stretto come unico passaggio a Sud.
Lo scarso appeal che il Mezzogiorno esercita sul turismo internazionale – afferma Gattei – rappresenta quindi l’elemento strutturalmente più debole della domanda turistica nell’area e appare quindi opportuna una analisi più dettagliata. Si va, quindi, via via rafforzando la convinzione che il turismo, per tanti anni tenuto in una posizione marginale nell’ambito della politica meridionalistica, possa in realtà avere, in ragione dello straordinario patrimonio presente nelle regioni meridionali, un ruolo di grande rilievo sulle possibilità di una crescita sostenuta dell’economia dell’area e di una riduzione del divario con il resto del Paese.
L’Italia è il Paese delle creazioni d’arte e delle invenzioni, il Paese degli artisti e dei coniatori d’idee e di parole.
Intanto l’aggettivo “territoriale” designa un insieme di strumenti e di risorse atte a promuovere la valenza e le potenzialità di un territorio che in quanto a patrimonio paesaggistico e artistico ha di per sé un valore intrinseco che va promosso e reso fruibile, un plus valore da reinvestire come prodotto economico.
Ma accostare i concetti economici e quindi di mercato, ai valori inestimabili del patrimonio paesaggistico, artistico, culturale e di risorsa umana di un Paese mal riesce in una realtà così “particolare” come quella che ci appartiene.
E questa breve analisi potrebbe risultare da una sorta di “sentimento del contrario” che si ricava dalla visione attraverso un “cannocchiale” rovesciato che, forse, ci rende la misura di un sistemico ritardo in fatto di “attrattività” territoriale, di raggiungimento delle eccellenze, Marketing territoriale appunto, e competitività del Sistema Sud.
Cominciamo ad osservare allora come attraverso un cannocchiale rovesciato le criticità del nostro sistema di marketing territoriale per comprenderne gli effetti negativi e ricavarne delle strategie d’intervento.
Pur essendo un Paese di miniere inesplorate il Sud si sta avviando verso una deriva della capacità attrattiva degli investimenti interni ed esterni, verso una deriva della sua capacità competitiva che richiede interventi rapidi di
risoluzione verso il sostegno e il rilancio delle politiche economiche e di mercato.
Lo scarso appeal che il Mezzogiorno esercita sui residenti nel Centro-Nord è evidente se si considera che dei 39,7 milioni di residenti centro-settentrionali che nel 2008 hanno deciso di trascorrere le loro vacanze in Italia, solo 6,0 milioni si sono recati nel Sud, pari ad appena il 15,1% (17,5% in termini di presenze).
“C’è un solo modo di dimenticare il tempo (perduto): impiegarlo” sosteneva Charles Baudelaire e il Sistema Italia deve accelerare sugli interventi, agire, impiegare il tempo nella ristrutturazione dei piani d’intervento, nella creazione di sistemi capaci di sinergie coordinate da una governance capace di interfacce e aperta all’interfaccia internazionale.
E, a proposito di interfacce, se si vuole permanere nella metafora informatica, il Sistema Sud ha sofferto di una defaillance: lo stacco venutosi a creare tra i vari comparti del Marketing e il “resto del mondo”.
Si pensi che nell’era della Globalizzazione si ha visibilità solo attraverso il successo e il raggiungimento di competenze eccellenti perché proprio su questi fattori, di enorme importanza, debbono configurarsi le scelte di un Paese che deve saper fare sistema. L’economia è capace di attrattività solo se è in grado di essere competitiva sia all’interno che all’esterno; si comprende allora che la competitività non può derivare solo dall’alta professionalità e dalla efficienza degli operatori, ma anche dalla capacità territoriale di fare sistema. Nell’ottica di un new public management…o marketing.
Molti sono stati, in Europa, i Paesi che hanno creato riforme e riorganizzazioni delle loro istituzioni che consentissero la creazione di banche dati telematiche per la circolazione delle informazioni, per creare raccordi organizzativi tra enti locali e statali in un sistema di governance che agisce in collegamento con realtà regionali, sub-regionali e statali che fornisce assistenza, che attua strategie di intervento attraverso un monitoraggio periodico delle situazioni, trasformando indicatori e statistiche in strumenti operativi. Come diceva Keynes “l’inevitabile non accade mai, l’inatteso sempre”. Ma qui si tratta piuttosto di ritardo consapevole o rischio da non correre. Quasi adagiati tra le “scene da un Patrimonio” scene di un film già visto, dove il problema non è tanto la produzione, ma la distribuzione.
Nel processo di globalizzazione, e quindi di apertura alla liberalizzazione e alla competizione dei mercati, l’Italia dei ritardi deve recuperare tempi ed interventi, attuare cambiamenti legislativi e normativi, ottimizzare l’efficienza delle pubbliche amministrazioni e dei servizi, creare infrastrutture fisiche ed informatiche che siano accessibili e collegate, ma soprattutto deve fare sistema nel sistema. Un agire comune e coeso tra pubblico e privato con unificazione degli intenti, individuazione di medesimi obiettivi e messa a punto di strategie operative compartecipate che passino attraverso il sistema della Ricerca e delle Imprese.
Dare gambe ai progetti, immetterli nella realtà delle metropoli e delle aree omogenee, accrescere le capacità del “Marketing oriented” ma anche degli “Export oriented”, compiendo scelte e scegliendo le priorità, sia pure riferite alla posizione geografica che molto influisce sulla capacità attrattiva e che potrebbero essere individuate al Sud, per esempio, per creare posizioni vantaggiose nel Mezzogiorno. Seguendo l’insegnamento Nittiano di sostituire il regno dei mediocri con pochi ma illuminati. Basta vedere la differenza tra le coste della Sicilia e quelle della Romagna. Un mare e una storia senza confronti. Ma vince la Romagna l’incontro di Coppa Italia tra squadre di diversa categoria. E’ il gioco che conta, il buon gioco e non solo giocatori ben pagati, decisamente brocchi.
Il sistema di ospitalità del Mezzogiorno, sia rapportato alla popolazione residente che alla superficie territoriale è assai inferiore a quello del Centro-Nord, nonostante una apprezzabile crescita negli ultimi quindici anni, in particolare nel settore alberghiero. Scarsi sono ancora i bed&breakfast e gli agriturismi, tipologie ricettive che altrove si sono decisamente imposte nel corso degli ultimi anni.
Quindi occorre necessariamente rivalutare il Prodotto attraverso l’immagine e la sua visibilità e la promozione ma in un’ottica di responsabilità condivisa a più livelli, attraverso una leadership diffusa che sappia agire in termini di fiscalità e incentivi, costo del lavoro, benessere economico, servizi, tutto attraverso la lente di ingrandimento della cultura che sa rendere l’immagine della identità e dell’autenticità delle risorse umane e patrimoniali d’Italia.
Nonostante il Mezzogiorno goda di un clima migliore rispetto al resto del Paese, con un periodo estivo più prolungato e con una temperatura che si mantiene considerevolmente superiore a quella delle altre aree, il movimento turistico risulta ampiamente concentrato nei quattro mesi estivi e, per converso, molto ridotto nel resto dell’anno.
Il Mezzogiorno può inoltre contare sulle sue identità locali, in particolare sulla gastronomia e sui prodotti locali (un segmento in continua e costante crescita), sul clima, sulle bellezze naturali, ed anche sulla ospitalità e accoglienza della gente, anche se queste ultime stentano a tradursi in una adeguata professionalità da parte degli addetti al comparto turistico. Nel complesso, comunque, il patrimonio delle tradizioni locali rappresenta un punto di forza per il Mezzogiorno che, se ben gestito e valorizzato, può portare a notevoli vantaggi competitivi.
Sicuramente se si volesse individuare una metodologia d’intervento al primo posto potrebbe trovarsi l’individuazione degli obiettivi con la chiara individuazione dei “soggetti” che si vogliono attrarre; al secondo posto potrebbe essere l’identificazione delle risorse e delle eccellenze; al terzo, ma non per ordine di importanza, la dimensione territoriale con la sua pregnanza naturale, artistica e di risorse umane.
Tutto ciò comporterebbe una coordinazione capillare del sistema, la richiesta di accrescimento degli investimenti che in questa logica non potranno che essere strutturali.
Ma per il SUD dobbiamo abbandonare l’aggettivo “incompiuto” e dimenticare le cose lette già tante volte senza valenza specifica per i problemi reali. Quali? Manca un riferimento che non sembra secondario: quello alle difficoltà e onerosità dei trasporti diretti al SUD! E la scarsa diffusione della conoscenza delle lingue da parte dei giovani che desidererebbero lavorare nel turismo.
I veri viaggiatori del passato e del presente hanno trovato la voglia e le forze e il coraggio per visitare il Sud (vedi viaggio in bicicletta di Bertarelli ma anche inglesi e francesi, che a taormina era diventato sinonimo di turista straniero) perchè ne valeva come ne vale la pena (quel che é rimasto di natura e cultura é ancora eccezionale).
Per fare al contrario il turismo di massa ci vogliono trasporti e infrastrutture e servizi adeguati e poco costosi che non ti rosicchino la durata dello short break ( basta provare ad andare a Matera o a Piazza Armerina o a Ragusa o a Stromboli o anche a Palermo).
Si concorda dunque con le conclusioni di Gattei, per un progetto SUD, quando afferma che “le notevoli risorse naturali, culturali e paesaggistiche del Mezzogiorno non riescono a rappresentare ancora un reale vantaggio competitivo a causa della presenza di forti vincoli che impediscono una piena valorizzazione del territorio. Avere un ingente patrimonio turistico è ovviamente importante, ma non è di per sé sufficiente, come dimostra l’esperienza italiana negli ultimi decenni, a vincere la competizione con le altre aree di destinazione, se esso non viene supportato da adeguati servizi e reti di trasporto che consentano al turista di raggiungere senza grandi disagi il luogo di vacanza prescelto”.
“Ad esempio a me piace il Sud “, avrebbe detto Rino Gaetano. Ecco lo slogan che ci piace sentire. Ad esempio a noi piace il SUD.
Ma il SUD deve dare l’esempio, per essere un esempio, per essere un Progetto credibile.
E allora, volgiamo lo sguardo ad un nuovo management territoriale che contenga strategia, pianificazione e comunicazione “Per Ritornare” nel nuovo Rinascimento. Nel Mezzogiorno, nella centralità del Mediterraneo, da Ricordare. Da Raccontare, da vivere. Anche questo è SUD.

In questi giorni, partenza avvenuta il 23 luglio, più di 440 squadre cominceranno ad affrontare un percorso di decine di migliaia di chilometri attraverso territori sconosciuti, alcuni pericoli e storie dimenticate, respirando polvere e odori di luoghi lontani, per arrivare fino a Ulaan Bataar, capitale della Mongolia.
Lo scopo di questo viaggio sarà non solo la ricerca dell’avventura e la scoperta di luoghi lontani e misteriosi ma anche e soprattutto la solidarietà verso territori dalla storia spesso tormentata.
La nascita del Mongol Rally risale al 2001 per iniziativa di due inglesi che decisero di partire all’avventura per la Mongolia, poco attrezzati ma pieni di entusiasmo.
La prima competizione a squadre è databile invece al 2004; da quel momento, ogni anno, sempre più persone si sono dimostrate interessate a partecipare alla gara.
Oggi il Mongol Rally è un’iniziativa bandita annualmente dalla League of Adventurists International Ltd, una grandissima società che organizza avventure a scopo benefico, di cui molti sono rally spericolati in giro per il mondo, cui si è aggiunto qualche anno fa, per esempio, anche il Rally d’Africa.
Ogni squadra partecipante al Mongol Rally è tenuta a raccogliere almeno 1000 sterline che vengono devolute ad associazioni di volontariato che si occupano principalmente delle comunità e dei bambini di etnia mongola, oppure che operano negli altri Paesi attraversati dalla corsa.
Quest’anno, ad esempio, l’associazione ufficiale che beneficerà di gran parte delle donazioni raccolte è la Christina Noble Children’s Foundation, con il suo Blue Skies Ger Village.
In questo villaggio vengono ospitati bambini orfani e non, ai quali manca il supporto familiare, con l’intento di dar loro un futuro migliore attraverso un posto sicuro dove vivere, un’istruzione scolastica e un luogo accogliente per sopperire alla mancanza di una famiglia.
Le condizioni per partecipare al rally sono un’ulteriore particolarità dell’iniziativa, oltre all’intento solidaristico, infatti alla corsa sono ammesse solamente auto che non superino i 1000 cc di cilindrata (sono vietate le 4×4) e oltretutto non esiste alcuna forma di assistenza lungo il percorso.
L’unica tappa obbligatoria, infine, è Praga, dove tutti i partecipanti dovranno transitare il secondo giorno, ma da lì in poi ogni squadra sarà libera di seguire un proprio percorso verso la meta finale.
Tutte le squadre si stanno organizzando per raccogliere aiuti sia per poter portare a termine l’impresa di terminare la corsa, sono svariate a tal proposito le necessità: da un kit di primo soccorso al carburante a qualche pit-stop lungo il percorso, sia per convogliare più denaro e beni possibile  nelle casse delle ONG che li utilizzeranno a favore delle comunità locali, in special modo dei bambini. E i mezzi per farlo, spesso, sono la versione semplificata della formula uno: pubblicità, tasselli, spazi e loghi sui veicoli che partiranno all’avventura.
Tra le squadre che stanno prendendo parte alla “gara” da segnalare anche una no-profit fiorentina che condurrà fino in Mongolia qualcosa di importante e lì molto raro: Carlotta.
Questo è il nome dell’auto-ambulanza, donata dalla Croce Verde Baggio di Milano, che l’associazione si è data il compito di far arrivare, insieme ad altri aiuti umanitari, fino a Ulan Baatar usandola come mezzo prescelto per il viaggio. Il livello delle prestazioni sanitarie locali è bassissimo e avere la disponibilità di  un mezzo speciale per le emergenze può davvero fare la differenza per qualche comunità del luogo.
Il Mongol Rally è un’iniziativa carica di tutto il fascino che porta inevitabilmente con sé un’avventura in terre lontane, soprattutto in un viaggio fitto di incognite e denso di incertezze, con però un importante punto fermo, essenziale per tutti i partecipanti: la consapevolezza di stare facendo del bene e di stare contribuendo ad aiutare una nobile causa.

Potrebbe essere soprannominata l’edizione delle superstar. Un programma fittissimo di appuntamenti, di prime visioni, di ospiti eccellenti e di concerti live.
Questa è la 41esima edizione del Giffoni Experience (conosciuto come Giffoni Film Festival), che prende il nome dalla location (Giffoni Valle Piana), perfetta per un itinerario fuori dai soliti tour organizzati.
Giffoni è ubicata a pochi chilometri da Paestum, perla da scoprire e riscoprire, sia sotto il profilo archeologico – culturale sia sotto il profilo turistico – enogastronomico; poco distante da Salerno, secondo capoluogo campano per presenze dopo Napoli ed in fortissima ascesa turistica; a due passi dallo stupendo Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, oasi naturalistica tra le più importanti del meridione e non solo.
Giffoni superstar è stato presentato la settimana scorsa con Claudio Gubitosi, ideatore e direttore del festival, con una mega conferenza stampa seguitissima sulla MSC, partner ufficiale del GFF.
La collaborazione tra MSC e GFF proseguirà fino ad ottobre, quando partirà una crociera a bordo della MSC Splendida chiamata “Giffoni Cruise”, che ha come punto di partenza Genova il 30 ottobre e poi farà tappa a Napoli, Palermo, Tunisi, Palma de Maiorca, Barcellona, Marsiglia. Naturalmente il cinema la farà da padrone sulla “Giffoni Cruise”: ogni sera vi saranno infatti proiezioni di film per famiglie e ragazzi, laboratori e naturalmente ospiti del mondo del cinema.
Quest’anno il red carpet del festival vedrà sfilare ospiti d’eccezione, tra cui le star di Hollywood Edward Norton, giunto ieri a Giffoni per incontrare la giuria nella Sala Truffaut, e Hilary Swank, che sarà oggi a Giffoni.
Gli altri ospiti della manifestazione che si susseguiranno negli incontri fino al 21 luglio saranno attori e personaggi del mondo dello spettacolo del calibro di Rocco Papaleo, Paola Cortellesi, Aldo Giovanni e Giacomo, Ascanio Celestini, Paolo Bonolis, Luciana Littizzetto (protagonisti tra gli altri delle masterclass dedicate agli ex – giurati).
Molto interessante in questa edizione anche l’offerta musicale che vedrà ogni sera alternarsi un gruppo o un musicista nella suggestiva cornice dell’Arena Alberto Sordi, nella Cittadella del Cinema, tutti ad ingresso rigorosamente gratuito.
Le presenze di spicco sono gli Hooverphonic, gruppo di origine belga, con il suo inconfondibile stile e Mads Langer. Altri live molto interessanti saranno quelli di Raiz, degli Almamegretta, dei 24 Grana, Dolcenera, Capone & Bungt Bangt (gruppo napoletano molto attivo nel sociale).
Grandissimo successo poi per tre importanti prime visioni: “Harry Potter e i doni della morte parte 2”, che ha aperto il festival e l’ultimo film di Jim Carrey, “I pinguini di Mr. Popper”, diretto da Mark Waters, che verrà presentato in anteprima al GFF il 18 luglio; il secondo episodio di “Kung Fu Panda”, cartone animato della Dreamworks, che punta a bissare grande successo del primo episodio.
Il titolo del tema di quest’anno – LINK – non è stato scelto per caso; e non per caso si parla di connessione e di collegamenti.  Ai termini  “rete”, “condivisione” viene dato un forte significato simbolico che va ben oltre la terminologia del mondo virtuale di internet se essi sono riferiti alle relazioni tra gli Uomini.
In questa ottica, e in questa logica, si configurano tutte le iniziative, correlate e collegate al mega evento, che offrono una grande occasione di sviluppo ad un territorio che, normalmente, ne ha ben poche, ma che ha dimostrato che è possibile crescere qualitativamente intorno ad un grande progetto culturale, facendo del bene anche all’economia.
Si conferma così sempre più una eccellenza italiana questa manifestazione, che non solo riesce ad unire qualità di contenuti ed amore del pubblico, ma guarda con lungimiranza al futuro, facendo bene il proprio lavoro nel presente.

Gianni Di Gregorio, co-sceneggiatore di Gomorra di Matteo Garrone, è alla sua seconda prova da regista, dopo il successo di Pranzo di Ferragosto. Lo abbiamo incontrato in occasione della conferenza stampa di presentazione di Gianni e le donne, un film con pochi dialoghi caratterizzato dall’umorismo tenue e quasi passivo del protagonista, che è lo stesso Di Gregorio.

“La comicità passiva del protagonista è anche la mia. E’ questo il mio modo di raccontare. Non riesco a farlo con seriosità. Questo dipende probabilmente dalla reazione all’educazione severa e formale che ho ricevuto, in una casa dalle gigantesche tende scure. Da piccolo leggevo Leopardi, ma col tempo ho imparato a reagire ridendo di qualsiasi cosa e la comicità è dovuta ad un vero e proprio modo di essere. La sofferenza mi spaventa e perciò cerco di esorcizzarla con una battuta, un sorriso.”

Un sorriso intriso di malinconia.
La malinconia è il motore che regge tutto il film: il tempo passa davvero, mi interessava raccontare questo.

Naturalmente c’è il rapporto con le donne…
Il mio rapporto con le donne è quello che si vede nel film: un rapporto d’amore, di devozione e sudditanza. E’ difficile spiegarlo, forse proprio per questo ho sentito l’urgenza di farne un film e sviluppare una riflessione: ormai, a questa età, le donne ci vedono come una poltrona, o un lampadario, siamo trasparenti.

Si coglie un riferimento a recenti fatti di cronaca che riguardano il premier: il rapporto tra giovani donne e uomini anziani.
Nel film ci sono certamente elementi di contemporaneità, ma tutto quello che emerge è spontaneo, casuale. Non l’ho fatto volontariamente. Ricercare la contemporaneità mi avrebbe messo ansia, ma se il film risulta provocatorio, bè, la cosa non mi dispiace. E poi i film, spesso, risultano più vicini alla realtà di quanto uno voglia, o abbia cercato di fare…

Il successo dell’esordio ha influenzato la scrittura del secondo?
Il successo di Pranzo di Ferragosto mi ha responsabilizzato ed anche un po’ terrorizzato. Avevo già in testa il mio secondo film da tempo, ma prendevo tempo, ci giravo intorno. Il produttore Angelo Barbagallo mi ha aiutato molto nel continuare su questa linea di leggerezza, di apparente esilità. Apparente perchè poi, invece, c’è stato un lavoro molto articolato sulla sceneggiatura.

Potrebbe essere il secondo capitolo di una trilogia.
Non lo so, vedremo. Forse c’è ancora da scavare nella mia vita e ci sarà ancora la possiblità di introdurre il mio vissuto nel cinema. Può esserci ancora il modo per raccontarmi. In questo secondo film, all’inizio, il rapporto con la madre non era molto sviluppato, ma pian piano si è ingigantito.

Oltre al rapporto con la madre, il film è sensibile a quello con il denaro.
Quando mia madre è morta mi ha lasciato un sacco di debiti, ed ho impiegato più di dieci anni per pagarli tutti. Probabilmente il tema dei soldi, la loro assenza, lo metterò anche in altri film…

In questo secondo film si respirano certe atmosfere da cinema francese.
Amo molto il cinema francese, per il suo garbo, certi suoi autori e il suo stile. Ma più passa il tempo e più mi rendo conto di amare tantissimo il cinema russo e la letteratura russa dell’ottocento.

C’è una Roma poco riconoscibile e molto vivace.
Al di là di Piazza Navona e dell’Ara Pacis, nel film ci sono molti angoli nascosti della città. Perchè a Roma ci sono dei quatieri del centro, come Testaccio o Trastevere, che nel tempo sono cambiati moltissimo ma hanno mantenuto una certa anima paesana. Anche gli stranieri che ci vivono, dopo un po’ si sentono parte integrante del contesto, vivono una certa familiarità con gli ambienti.

Un turismo in grado di soddisfare diverse abilità, un turismo accessibile a tutti. Anche ai disabili. Roma più vivibile è, infatti, l’obiettivo che si prepone  il Comune di Roma “per migliorare l’accessibilità della Capitale per tutti” e, in particolare, per i diversamente abili. Il nuovo piano turistico è stato presentato dal vicesindaco e assessore al Turismo Mauro Cutufro, in occasione del seminario “Il turismo accessibile” tenutosi lo scorso 20 luglio presso la Sala Gonzaga del Comando Generale della Polizia Municipale di Roma, e viene incontro anche alle esigenze di chi ha bisogno.
Niente file ai musei per carrozzine e disabili, autobus attrezzati che conducono fino all’ingresso dei principali monumenti, percorsi dedicati con cartine e guide in braille, elenco di tutti i ristoranti e locali per celiaci e per chi ha gravi allergie alimentari sul portale web del Turismo di Roma. Sono alcune delle attività  contenute nel nuovo piano turistico del Campidoglio. Un piano che – ha annunciato il vicesindaco – diventerà “operativo al 100% entro l’anno”.
“ Una prima parte delle iniziative – ha spiegato lo stesso Cutrufo –  sono già previste dal piano pullman, con fermate il più vicino possibile all’ingresso dei monumenti. Il resto sarà operativo entro ottobre o al massimo dicembre, che poi sarebbe l‘alta stagione per il turismo romano”. Tra le numerose misure previste dal nuovo piano turistico rientrano, inoltre, svariate attività pensate per chi soffre di obesità. “Stiamo pensando ad itinerari pensati per questo tipo di popolazione, che comprende anche gli obesi gravi – ha detto il vicesindaco, tra l’altro estensore di una legge nazionale sull’obesità -. Spesso, infatti, chi soffre di questa patologia ha difficoltà motorie simili a chi è offeso agli arti. Per facilitare l’ingresso ai luoghi di interesse, come musei, chiese o monumenti, ci stiamo attivando per pubblicizzare il più possibile la Roma-Pass tra le categorie di disabili affinché questi ultimi possano avere accesso immediato.”
A queste iniziative si aggiunge l’originalissima idea della presenza sul social network Facebook dell’elenco di tutti i punti di ristorazione con menù speciali per celiaci e affetti da intolleranze e allergie, per i quali nutrirsi in vacanza ma anche in casa è una vera e propria sofferenza , una sofferenza che rischia di diventare anche pericolosa nonostante spesso sia sottovalutata, e non solo quando si mangia fuori dalle mura domestiche. E poi, le cinquemila card turistiche di Roma che verranno tradotte in braille per i non vedenti.
La dimensione del flusso turistico della città di Roma è 12 milioni di visitatori all’anno e, di conseguenza, – ha sottolineato Cutrufo- “dobbiamo considerare tutti i nostri turisti”. Un turismo capitolino per tutti, quello promosso dal nuovo piano turistico a cui, giustamente, ha lavorato e sta ancora lavorando l’Assessorato al Turismo insieme ai tecnici del Comune. Un’idea capace di coniugare servizi sempre più innovativi alle esigenze più svariate e non solo. Insomma, Roma accessibile a tutti, anche a individui con disabilità fisiche permanenti o transitorie, bambini, anziani, neomamme, malati cronici, quanti lottano quotidianamente con gravi allergie e problemi di tipo alimentare. Una bellissima destinazione turistica in cui vivere “la vacanza senza ostacoli e difficoltà”.