unlearningLucio e Anna sono una coppia di Genova come tante altre, hanno un lavoro, una bambina di nome Gaia e una casa in città. Eppure un giorno si rendono conto che la loro vita, le loro giornate, hanno bisogno di qualcosa in più rispetto alle opportunità che ogni giorno offre la realtà urbana.
Decidono allora di intraprendere, tutti e tre, un progetto ambizioso e pionieristico: viaggiare alla scoperta di nuovi modi di vivere, di fare economia e di intendere il rapporto uomo-natura. Capire come si vive in una fattoria biologica, cosa comporta il cohousing, come effettivamente si svolgono le giornate in un villaggio ecosostenibile, provare in prima persona forme alternative di educazione e di apprendimento.

Anche il modo di spostarsi di Unlearning – così si chiama il loro progetto – avverrà in maniera originale e sostenibile, sfruttando le più avanguardistiche forme di baratto: WorkAway, Banca del tempo, Couch Surfing, scambi di ospitalità in cambio di lavori in fattorie biologiche, in strutture culturali indipendenti, baratto di conversazione per imparare le lingue, e così via. Da questa particolare avventura verrà fuori un documentario, un prodotto culturale che sarà il risultato di un’ulteriore forma di scambio e condivisione “dal basso”, basandosi sui finanziamenti del crowdsourcing.

Ma sentiamo dalla voce dei suoi stessi protagonisti i dettagli di questa esperienza, unica nel suo genere.

 

Come spiegate nel trailer di presentazione di “Unlearning”, l’idea del vostro progetto è nata da un pollo a quattro zampe, che è diventato il simbolo della vostra iniziativa. Potete raccontarci l’aneddoto che ha dato inizio a tutto e rivelarci i motivi che vi hanno spinto a intraprendere un’avventura del genere?

Viaggiare e curiosare ha sempre fatto parte del nostro DNA di coppia. L’arrivo di una figlia ha cambiato molti aspetti pratici della nostra quotidianità. Ma quando Gaia ha disegnato un pollo a quattro zampe si è riaccesa la scintilla e ci siamo detti “Perché non coinvolgere anche la bimba?” Meraviglioso… la nostra crescita individuale si è trasformata esponenzialmente a livello familiare. Il pollo a quattro zampe è diventato il simbolo della nostra epoca, dove i bambini di città conoscono gli animali al supermercato, guardano gli speciali in tv e, se va bene, vanno allo zoo.

 

Tutto il vostro viaggio si baserà sull’idea del baratto. Si tratterà di un’esperienza all’insegna dell’improvvisazione e della scoperta o potete già dare delle anticipazioni sull’itinerario, i tempi, le persone che incontrerete?

Viaggeremo con una bimba piccola, non possiamo pensare di fare come Indiana Jones!
Sarà un viaggio pianificato perché non è l’aspetto avventuroso che ci interessa.
Anticipazioni: vi possiamo dire che questi ultimi giorni sono fantastici perché abbiamo ricevuto numerosi inviti da parte di  persone che hanno trovato interessante il progetto, e li ringraziamo. È molto probabile che ci vedrete alle prese con un progetto educativo indipendente, una famiglia di “artisti del riciclo” e… un circo! Abbiamo sei mesi di viaggio e qualche mese per decidere le ulteriori tappe.

 

Quanto e come pensate che “Unlearning” possa essere importante per vostra figlia? E in generale, pensate che il vostro potrebbe o dovrebbe essere un esempio per altre famiglie, per altri bambini?

Noi non pensiamo di essere un esempio, ciascuna persona ha il diritto di vivere come preferisce, ma le famiglie che vogliono sperimentare differenti modi di vivere e di viaggiare troveranno in Unlearning un manuale pratico per affrontare con serenità questo tipo di esperienza.

Noi abitiamo a Genova e, come molte altre famiglie, siamo contenti della nostra vita e Gaia ha i suoi punti di riferimento: amici, giochi, casa. Certo, il confronto con altri stili di vita, non sarà indolore perché metterà a nudo aspetti di forza e di debolezza delle nostre convinzioni, della nostra routine. Come una sorta di depurazione, alla fine resteranno solo le cose più preziose.

 

I finanziamenti per compiere il vostro singolare viaggio si basano interamente sul crowdfunding. Perché un individuo, un’altra famiglia come la vostra, o una collettività dovrebbero finanziarvi?

Bella domanda! E ti ringrazio perché è molto importante spiegare questo passaggio, tanto delicato quanto importante.
Unlearning è un progetto di documentario indipendente. Ti piace il trailer? Puoi acquistare il film in prevendita qui: www.unlearning.it. È come comprare un biglietto del cinema ma vedere il film dopo sei mesi. Capiamo che può sembrare strano, ma il ricavato della prevendita ci permetterà di realizzare Unlearning al meglio! Non chiediamo soldi per organizzarci una vacanza, ma per creare un prodotto culturale a stretto contatto con i suoi fruitori. Il costo del download è di dieci euro ma se proprio vi siamo simpatici, potete richiederci i fantastici gadget creati appositamente per Unlearning: t-shirt per uomo, donna e bambino, fondini per il desktop, stampe e segnalibri magici.
In Francia, e in altri paesi europei il finanziamento da basso (crowdfounding) è un metodo molto utilizzato per progetti di tipo sociale, scientifico, musicale, letterario.
Ci è sembrata una buona idea adottare questa nuova formula di finanziamento anche da noi, in Italia. La nostra scelta è pioneristica ma, se compresa dalla collettività, potrebbe rivelarsi molto utile anche per altri progetti.

 

Intraprendere un percorso del genere non è un avvenimento di tutti i giorni. Cosa pensano le vostre famiglie e i vostri amici di “Unlearning”? C’è un territorio o una realtà che vi sostiene particolarmente?

Familiari e amici sono stati in nostri primi fans! Ma non solo, sono state le prime persone con le quali confrontarci e mettere a fuoco il progetto. Insomma, sono il nostro “territorio amico”.

 

Probabilmente la vostra vita sarà cambiata dopo aver portato a termine un’avventura come questa. Cosa vi aspettate per il futuro, dopo “Unlearning”? Il vostro proposito di sperimentare nuove forme di vita e di economia avrà un seguito?

In realtà i cambiamenti sono iniziati già da ora! “Imparare, disimparare per imparare nuovamente”. E quando rientreremo a casa dopo sei mesi, chissà! Magari saremo felici di ritornare alla nostra quotidianità, oppure… Questo sarà il finale del nostro documentario!

 

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“Hometown – Mutonia” è il documentario realizzato dal collettivo ZimmerFrei, che indaga la realtà della comunità-villaggio costituita negli anni ’90 da gruppi di creativi cyber-punk, nei pressi di Santarcangelo di Romagna. L’opera viene presentata al Festival Internazionale del Film di Roma e proiettata al MAXXI.
La produzione fa parte di un progetto più ampio denominato “Temporary Cities” e si è avvalso del sostegno del Santarcangelo Festival.
Abbiamo voluto saperne di più interpellando direttamente Anna de Manincor e Massimo Carozzi, tra i componenti di ZimmerFrei, per comprendere meglio quanto da loro documentato.

 

Il documentario Mutonia rientra nel progetto più ampio “Temporary Cities” del vostro collettivo ZimmerFrei. Di cosa si tratta? Quali sono le sue peculiarità?
“Temporary Cities” è una serie di documentari in cui ci dedichiamo a un’area molto piccola di una grande città: una strada di Bruxelles (LKN Confidential), una collinetta che ricopre un centro sportivo in mezzo ai condomini a Copenhagen (The Hill), il quartiere ex-rom di Budapest (Temporay 8th), un bar del quartiere del mercato e del porto a Marsiglia (La beauté c’est ta tête). Sono ritratti molto parziali di territori complessi, in cui le trasformazioni urbanistiche, gli investimenti immobiliari e l’ingegneria sociale che accompagna i progetti di “city branding” stanno cambiando la vita quotidiana e stanno progressivamente rendendo le capitali europee molto simili tra di loro. Non giravamo in Italia dal 2008 (Memoria Esterna, dedicato a Milano) e, dopo il Kunstenfestivaldesarts e il circuito di festival di arte pubblica InSitu, è stato di nuovo un festival di teatro a produrre un nostro film.

 

Mutonia, a differenza delle altre realtà documentate nel progetto, si trova in un piccolo borgo di provincia, Santarcangelo di Romagna per l’appunto. Quali le differenze riscontrate rispetto alle altre comunità presenti invece in grandi agglomerati urbani? Come hanno accolto il vostro progetto i mutoid?
Hometown ha avuto una gestazione lunga, proprio per questa differenza con le altre città. Abbiamo considerato Mutonia un distretto, un quartiere di campagna del paese di Santarcangelo. Non siamo certo i primi a girare un video al Campo, i suoi abitanti sono abituati a veder spuntare operatori e reporter nei momenti più impensati, ma dopo i primi giorni, dato che non accennavamo ad andarcene, il nostro rapporto è cambiato progressivamente. Siamo passati dalla circospezione alla discussione sull’intero progetto, dalle interviste solo audio alle riprese “senza costrutto” in cui ognuno è intento a fare quello che fa senza occuparsi più di dove si trova la camera. Tutto “è campo”. E’ un processo lungo, accidentato e sempre diverso in ogni situazione. Non vogliamo ottenere la “trasparenza”, sarebbe una menzogna, e anche la “realtà” è irriproducibile, si tratta di vivere insieme mentre il film si va facendo e cambia il suo corso con quello che succede al momento.

 

Mutonia nasce in seguito ad un invito lanciato dal Festival di Santarcangelo alla Mutoid Waste Company, che per eseguire le sue performance ha allestito il campo, poi divenuto permanente, richiamando seguaci di questo stile di vita da tante parti del mondo. Che impatto ha avuto la loro presenza sugli abitanti di Santarcangelo? Come si è sviluppato il rapporto tra queste due comunità?
Quando i Mutoid sono arrivati nel 1990 erano dei marziani, traveller cyber-punk provenienti da Londra, Berlino, Barcellona, mescolati alle più diverse compagnie di artisti e teatranti che invadono Santarcangelo ogni estate. Ma in Romagna non si rimane marziani a lungo, è una terra che ama pensarsi popolata da personaggi singolari, i romagnoli non si stupiscono di nulla e la zona tra Gambettola e Santarcangelo è la mecca dei rottamai e customizzatori di motori e carrozzerie fin dal dopoguerra. Al bar del circolo in cui si gioca a bocce e a briscola ci hanno detto: “I Mutoid? Ma son dei patacca!”

 

Al momento l’amministrazione locale di Santarcangelo sta valutando lo smantellamento di Mutonia, decretando in qualche modo il destino di questo particolare villaggio. Quali conseguenze prevedete ne deriveranno per i mutoid? E quali per i santarcangiolesi?
L’ingiunzione di sgombero è arrivata questa primavera, appena dopo la caduta della giunta, come conseguenza della causa intentata da un vicino di campo per “abuso edilizio” e vinta dopo 10 anni di iter legale. Il fatto è che i Mutoid non hanno edificato nulla, ma le loro case mobili, truck, container, pullmann trasformati in laboratori di scultura e meccanica, sono tutti mobili e smontabili, ma non tutti possono essere regolarmente immatricolati. Come ad esempio una casa sull’albero, una doccia all’aperto, un capanno per gli attrezzi, la casetta del cane, delle galline, dei giochi dei bambini… Se il Campo fosse smantellato i suoi abitanti dovrebbero migrare nuovamente sulle rotte dei traveller con le loro case-guscio come seconda pelle, perdendo amici e lavoro (oltre che artisti o musicisti gli abitanti di Mutonia sono anche tecnici specializzati, editor, macchinisti teatrali e scenografi e scultrici come Lupan, KK e SU_e_side realizzano laboratori sul riciclo nelle scuole, installazioni e performance) e scomparirebbe una delle originalità per cui questo piccolo paese è conosciuta anche all’estero: le piadine, il festival di teatro, Tonino Guerra e i Mutoid!
Ma Santarcangelo perderebbe soprattutto dei propri cittadini a tutti gli effetti, il campo è un insediamento temporaneo ma anche un luogo di origine, homeland, una piccola hometown da cui partire e tornare. I figli e i nipoti dei primi arrivati adesso frequentano le scuole locali dalle materne alle superiori. Gli abitanti del campo hanno avuto molte conferme del sostegno degli abitanti del paese e della rete internazionale a cui sono collegati e gli amministratori locali prevedono di poter indire una conferenza di servizi che riunisca Comune, Provincia, Regione e Sovrintendenza ai beni architettonici e paesaggistici e scrivere una norma che dia spazio all’eccezionalità di un’esperienza che fa parte del patrimonio culturale e della storia contemporanea di quel territorio.

 

Con quale spirito presentate il vostro lavoro in un parterre importante e ampio come quello del Festival Internazionale del Film di Roma?
Siamo curiosi di vedere gli altri film presentati insieme al nostro e contiamo sul fatto che il pubblico del cinema contemporaneo, appassionato ed esigente, abbia già da tempo superato le categorie e le “sperimentazioni” che i grandi festival scoprono e premiano in questo periodo.

 

TITOLOstoriadoc.comstoriadoc

 

 

COSELucrezia Borgia, Artemisia Gentileschi, Galileo, la principessa Sissi, Claretta Petacci e Mussolini, si possono incontrare tutti in questo sito che permette di vedere documentari di tipo storico. È un marchio di “La storia in rete”, una società di produzione indipendente che si occupa di storia attraverso diversi canali, web e cartacei. Il portale dà accesso a documentari di storia, letteratura e arte, a pagamento, visibili in streaming, attraverso il supporto della piattaforma vimeo.com.

 

 

COMEUsufruire del portale è molto semplice. I documentari sono divisi per epoche storiche dal “Mondo antico” al “Novecento”, più altre tre sezioni dedicate alle biografie, alle figure femminili e ai grandi enigmi della storia. È possibile vederne un trailer e leggerne un breve riassunto, in modo da avere un’anteprima del prodotto prima di acquistarlo. Una volta scelto il documentario è necessario comprarlo appoggiandosi alla piattaforma Vimeo. Questa richiede una breve registrazione e il pagamento nella valuta americana, in dollari. Il costo del video, che si può visualizzare per un periodo di 48 ore, è di 4.99 dollari, ovvero 3.65 euro. È poi possibile commentare il documentario e condividerlo attraverso i social.

 

 

PROCostituisce un modo piacevole e divertente per istruirsi, per conoscere, per appassionarsi di storia. Come specificato dai creatori stessi dell’idea, può anche essere un innovativo strumento da usare a scuola per supportare l’apprendimento di bambini e ragazzi.

 

 

CONTROÈ ancora ristretta la scelta di documentari visualizzabili, soprattutto nella sezione “Mondo Antico” e “Novecento”. Rappresenta un limite anche la fruibilità del prodotto solo per tempo limitato. Magari si potrebbe pensare a due fasce di prezzo, a seconda che si voglia acquistare il video, o solo “affittarlo”. Per far saggiare la qualità del prodotto, si potrebbe anche prevedere qualche articolo gratuito.

 

 

SEGNI PARTICOLARIIl materiale che costituisce il sito proviene dal catalogo della società, che si basa su lavori documentari prodotti in maniera autonoma e mandati in onda dai programmi di reti come La7, Rai, History Channel e Mediolanum Channel.

 

 

CONSIGLIATO AAmanti di storia, appassionati di documentari, insegnanti, studenti, semplici curiosi.

 

 

INFO UTILIhttp://storiadoc.com

In principio era “Life in a day”. Un progetto monumentale, portato avanti da Youtube, prodotto da Ridley Scott e girato da Kevin Macdonald, premio Oscar per il miglior documentario nel 2010. Nell’arco di 24 ore, dalle 00:11 alle 23.59 del 24 luglio 2010, tutto il mondo è stato chiamato a filmare una porzione della propria vita. Le indicazioni date agli utenti dal regista erano semplici. Chiedeva di dare una sorta di uniformità al progetto cercando di filmare dei momenti che rispondessero principalmente a tre domande: qual è la vostra paura più grande di oggi? Che cosa amate? Che cosa vi fa ridere?

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Il risultato sono stati 4500 ore di riprese, provenienti da 180 nazioni, che la bravura del regista è riuscito a condensare in un lungometraggio di circa 95 minuti, tuttora visibile sul canale Youtube del progetto, e la vittoria di alcuni premi cinematografici internazionali quali il Sundance Film Festival, il Krakow Film Festival e il Cinematic Vision Award di Discovery Channel, oltre che la presentazione al Festival Internazionale del Cinema di Berlino.

 

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joeJoe – L’America vera è rurale

Joe di David Gordon Green è un film che torna alle origini e, allo stesso tempo, le supera. Dopo l’esordio alla macchina da presa con George Washington (2000), il regista aveva infatti cambiato registro, spostandosi dalla periferia urbana e da tematiche umane, con tono ironico e dissacrante. Il recupero di una dimensione esistenziale torna invece prepotentemente, come già si presagiva nel precedente Prince Avalance (2013).
Nel film in concorso, dunque, la natura e il paesaggio recuperano un ruolo primario, in una sintesi con la storia raccontata. Joe mette in scena l’amicizia filiale tra l’omonimo protagonista, un sorprendente Nicholas Cage, finalmente lontano da certi clichè, e Gary, un adolescente con una famiglia sfortunata alle spalle. Da una parte, dunque, il consueto percorso di formazione e crescita, dall’altro la consapevolezza della tragedia.
Joe mette lo spettatore sin dall’inizio in attesa dell’ineluttabile, prospettando un finale di riscatto ma allo stesso tempo di sconfitta. In un’America rurale e primitiva, la morale del film, insieme a una natura dominante e selvatica, si sviluppa attorno a un senso di morte e di violenza, in cui è l’etica personale e non i valori condivisi da una comunità a regolare i rapporti tra le persone e le cose. In Joe è l’America più vera ad avere la meglio e a decretare, in uno spaccato tutto sommato realistico, il necrologio degli ultimi resti di un’età dell’oro, quella del West, ormai in rovina. Un film di genere, con una spiccata capacità di superare gli archetipi e attualizzarli.

 

childofgodChild of God – Sempre più lontano dalla parola

Una discesa negli inferi della brutalità, lontano dalla civiltà e dalle sue leggi. Child of God squaderna, già dalla filiazione – è tratto da un racconto di Cormac Mc Carthy- un impianto anarchico. E rappresenta per James Franco, qui dietro la macchina da presa, una prova di coerenza rispetto alla sua produzione e alle sua collocazione come outsider di Hollywood.
Lester Ballard, un giovane psicologicamente turbato, rimasto solo e senza casa, viene allontanato per i suoi comportamenti violenti dalla comunità in cui vive. Arrangiarsi nel territorio brullo del Tennessee, nella montuosa contea di Sevier, non sarà facile. E sempre più chiaramente il protagonista sprofonderà in una dimensione essenzialmente primitiva. Il film, lontano ancora una volta dalla città come luogo della legge e delle regole civili, mette in scena il predominio della natura sulla cultura, fino a una totale idiosincrasia dell’uomo rispetto all’ambiente. Lester Ballard, poco a poco, ritornerà ad uno stato di natura in cui passerà dalla privazione di un alloggio al soddisfacimento degli istinti sessuali tramite la violenza, fino alla completa perdita della parola, ridotta a un ululato sordo nel paesaggio selvaggio.
La macchina da presa segue la storia ora facendo del protagonista il centro nevralgico dell’inquadratura, ora mimetizzandolo nella natura stessa, quasi ne venisse fagocitato. E c’è già chi spera per l’interpretazione di Scott Haze, in un certo senso alter ego dello stesso Franco, la coppa Volpi.

 

65th Cannes Film Festival - Io e Te Press ConferenceBertolucci on Bertolucci – Bertolucci è chic

Bertolucci si racconta, Bertolucci viene raccontato. Un documentario che presenta una sfida: parlare di uno dei più grandi autori della stagione del Moderno senza collocarsi nel tracciato di altri.
Un mezzo: il footage, la ricerca d’archivio di materiali storici e di interviste. Bertolucci on Bertolucci, di Luca Guadagnino e Walter Fasano, mette in atto un’autobiografia, lasciando che sia il regista stesso a parlare di sé e dei suoi film. Protagonisti assoluti il regista di Parma e il montaggio, con il quale si cerca di unire tasselli diversi per comporli in un quadro coerente.
Al centro, la riflessione estetica, il dibattito politico, il racconto di vita. Trecento ore di materiale asciugate in un’ora e quaranta. E una scelta stilistica: il regista sempre in primo piano, quasi fosse lui stesso l’autore del lavoro. Nel documentario di Guadagnino, Bertolucci è corpo e parola. Rinunciando volutamente a un repertorio fotografico o cinematografico di accompagnamento e sussidio alle interviste e nemmeno alla colonna sonora, il film si dichiara da subito come un’operazione destinata al circuito degli intenditori.
L’essenzialità del film, quasi un racconto che vuole prodursi da sé, non nasconde però l’operazione tutto sommato autoriale di Guadagnino e Fasano, consegnando allo spettatore un punto di vista specifico su Bertolucci. Bertoucci come maestro, certo, ma anche Bertolucci come interlocutore di una comunità di pari, che ne condivide i valori e le attese. Il documentario si dimostra in questo senso poco capace sia di rivolgersi a una platea più ampia, sia di attualizzarsi, mettendo in comune le vicende storiche e politiche di quegli anni tra chi è sullo schermo e chi, consaguineo di Bertolucci, ne condivide i valori. In questo senso, Bertolucci on Bertolucci, nella sua essenzialità sofisticata, va alla ricerca del consenso di una comunità, pur restando (fortunatamente) lontano dalla magnificazione incondizionata del regista-mito.

 

snalobomAlle ore 11,00 del 19 luglio di settanta anni fa il cielo di Roma fu squarciato dalle bombe degli alleati americani e il quartiere S. Lorenzo si trasformò in un cimitero di rovine. Venerdì 19 luglio il Municipio  III di Roma ricorderà il tragico evento con la proiezione, alle ore 17 e alle 20, di “Io c’ero” del regista Rosario Maria Montesanti, presso il caffè letterario LiberThè, in viale Adriatico 20 (quartiere Montesacro).

Nell’infausto giorno dell‘incendio di Nerone le “fortezze volanti” – 321 bombardieri (B25 e B26) e molti caccia – partirono dagli aeroporti dell’Africa settentrionale alle 7,00 del mattino del 19 luglio e alle 11,00 circa 500 unità degli alleati americani sganciarono 4.000 bombe (circa 1.000 tonnellate) sulla città di Roma. Il bombardamento durò fino al primo pomeriggio, causando circa 3.000 morti e 10.000 feriti nel solo quartiere di San Lorenzo, 40.000 persone rimasero senza tetto e la basilica fu distrutta. La città sacra era stata violentata e deturpata, i vivi erano sepolti sotto le macerie e i morti erano stati catapultati fuori dalle tombe del Verano, i superstiti non dimenticarono più il rumore assordante degli aerei e il fetore di sangue e cadaveri che in quel caldo imperversò per giorni. Un brano di storia ormai noto ma, per non dimenticare, abbiamo voluto saperne di più dal regista di “Io c’ero”.

 

Come lo definiresti: più un film o un documentario?
In realtà era il numero zero realizzato da me per l’Istituto Luce, un mio progetto, costituito da un preambolo dove si racconta la genesi del bombardamento e soprattutto spiega il perché furono gli americani, e non gli inglesi, a bombardare Roma. Gli inglesi erano esperti in bombardamenti notturni, ma avevano degli aerei che correvano il rischio di essere abbattuti a differenza di quelli americani, che volavano più in alto e quindi erano irraggiungibili per la contraerea italiana. In questa prima parte ci sono delle immagini provenienti da Washington in cui si vede il bombardamento dagli aerei, si vedono i piloti americani che salgono sui veivoli in Tunisia per raggiungere poi lo scalo S. Lorenzo. Avevano lanciato dei volantini, per avvertire la popolazione di tenersi lontano dagli obiettivi militari, che però nottetempo i fascisti tolsero proprio per evitare che la popolazione fosse avvisata. Avrebbe dovuto essere un bombardamento tecnico contro lo scalo, ma questo era inserito nel quartiere; hanno bombardato anche il carcere minorile. Dopo la prima parte in cui si racconta la genesi del bombardamento di 8-9 minuti, ci sono sei testimonianze, qualcuno di loro è già morto purtroppo. Ci sono racconti come quello del barbiere di S. Lorenzo, Bordoni, che ha raccolto nella sua bottega le foto di tutti gli abitanti di S. Lorenzo che sono morti, quello del proprietario del ristorante Pommidoro che ha perso, nel bombardamento, la madre e la sorella per cui, secondo lui, se gli americani hanno forse liberato qualcuno, a lui hanno distrutto la vita. Quindi sono presenti sia materiali di repertorio che testimonianze dirette. Non è in realtà un documentario perché è nato come un programma che avevo progettato per la Rai, doveva essere un numero uno di una serie che poi ha preso un’altra strada. Ho fatto La grande storia, i Misteri del nazismo, e ho ideato una serie di programmi su eventi quale l’Alluvione di Firenze, il Vajont, la Stazione di Bologna, fino al concerto dei Beatles a Milano. Per fortuna ci sono altre emittenti che tengono di più alla cultura e alla memoria storica, sono convinto che conoscere il passato aiuta a vivere il presente e il futuro.

 

Perché ritieni, ancora oggi, importante parlarne e lasciarne testimonianza? Soltanto per lasciarne una memoria storica o perché pensi che ci siano degli elementi che possano essere attuali ancora oggi?
Oggi, nel 2013, possiamo comunque cogliere alcune analogie: la guerra del tempo era fatta dai tedeschi con i carri-armati oggi c’è una guerra fatta sempre dai tedeschi con lo spread, una guerra finanziaria che ha messo in ginocchio la Grecia. Un’altra analogia con la nostra realtà è che veniamo da vent’anni di ‘regime’, un certo tipo di politica sbagliata. Un’altra analogia è che anche oggi il Papa, Francesco, è sceso tra la gente a Lampedusa, come Pio XII, senza Curia, scese tra la gente dando i propri soldi agli abitanti di S. Lorenzo, soldi della famiglia Pacelli.

 

Qual’è’ stato il tuo rapporto con questi testimoni?
Non amo fare interviste e mi piacciono i racconti autonomi, mi sono fatto raccontare la loro esperienza. Il più colto e razionale, un preside, è stato quello che poi si è commosso raccontando come gli è morto davanti il suo compagno di banco e amico del cuore. In questi rapporti c’è stato un po’ di tutto: il grande senso storico del barbiere Bordoni, come la grande rabbia del proprietario del ristorante, e la grande commozione del preside.

 

Cosa è cambiato dopo aver parlato con loro nella tua conoscenza di questo tragico evento?
Fare il regista è un po’ come fare il ‘ladro’. Prima di iniziare mi sono documentato, interpellando alcuni storici, come è mia abitudine nei vari lavori che ho fatto. Io ho vissuto il quartiere di S. Lorenzo da studente universitario e, invece, conoscendo questi anziani che hanno la fotografia di cosa è accaduto, che ti raccontano anche particolari minimi, oggi è un quartiere di cui conosco la storia. Una donna-testimone che abita vicino a Ciampino mi ha raccontato che ogni volta che sente gli aerei che partono, ancora oggi, le viene la pelle d’oca perché il rombo dei motori evoca in lei il bombardamento, la guerra. In “Io c’ero” ci sono le prime immagini del bombardamento girate dagli operatori dal terrazzo di Cinecittà in cui si vede la prima bomba, in lontananza, caduta su S. Lorenzo. Nel 2008 “Io c’ero” è stato già proiettato nella piazza di S. Lorenzo, ma non per una ricorrenza particolare; lo presentò Corrado Augias, con cui ho collaborato e con cui lavoro da quattro anni. Ho fatto con lui i Segreti di Roma, ora ho fatto i Segreti della musica. La versione attuale di “Io c’ero” è stata rivisitata per la televisione ma la Rai non l’ha ritenuta interessante. Quindi, quella che sarà proiettata venerdì, è una versione leggermente diversa legata alla ricorrenza.

 

Hai realizzato insieme a Storaro e Maurizio Calvesi il dvd “Dentro Caravaggio”, poi quello su Leonardo e quello su Bernini. Puoi parlarmi di quella esperienza?
Storaro, 4 premi Oscar, raccontava, nel dvd, la luce di Caravaggio per ben 40 minuti. Quando giovane entrò a San Luigi dei Francesi fu colpito dalla Conversione di San Matteo e da lì è iniziato il suo modo di lavorare, rimase folgorato dalla luce di Caravaggio. Come direttore della fotografia si è sempre ispirato a Caravaggio. Quando Coppola lo chiamò per Apocalypse Now Vittorio non capì il perché di quella scelta dal momento che i suoi film intimisti erano piuttosto lontani dalla guerra del Vietnam. Coppola gli disse: mi serve una fotografia caravaggesca, c’è un primo piano di Marlon Brando che deve essere illuminato come se fosse stato dipinto da Caravaggio!

Ogni storia ha bisogno di essere illuminata dalla luce giusta…

 

Mummie e totem, anatemi, fatti strani, leggende misteriose e tesori nascosti in deposito, tutti i musei del mondo forse riservano qualche segreto, piccolo o grande, da celare con cura agli occhi dei loro visitatori. Poi accade, però, che il segreto in qualche modo si svela, viene fuori e i riflettori per un po’ rimangono puntati addosso a quel museo. Suggestioni? Fandonie? Mezze verità? Retaggi reali di un passato di riti e maledizioni? Chi lo sa. Quel che  è certo è che, ogni tanto, qualcosa di bizzarro in un museo succede. Vediamo i 5 eventi più strani accaduti nei musei italiani e internazionali.

1. Cominciamo con i recenti fatti capitati al museo dell’Università di Manchester, che hanno riaperto il capitolo mai chiuso dei “misteri museali”. Una statuetta egizia di 4000 anni fa, da un po’ di tempo a questa parte, in certi momenti gradisce cambiare visuale, girandosi di 180 gradi. Non sono servite le spiegazioni di un fisico a far rientrare nella normalità l’episodio: secondo Brian Cox sarebbero i passi dei visitatori, con le loro vibrazioni, a causare il movimento della statua. Questa, però, in ottant’anni non aveva mai deciso prima di cambiare posizione.

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2. Qualche tempo fa, al Museo Archeologico di Napoli pare che si aggirassero degli spiriti che, misteriosamente, spostavano secchi di acqua e li svuotavano, o rompevano reperti preziosi, sotto gli occhi stupefatti degli operai che lavoravano lì. Persino una foto è stata scattata alle dispettose presenze evanescenti che avevano le sembianze di una bambina. Il mistero di Napoli si dice, poi, che sia stato spiegato e giustificato con l’utilizzo di un’app “crea fantasmi”. Ma questa è un’altra storia.

museonapolifantasma

 

3. Scende molto più in profondità, invece, la tradizione di stranezze ed enigmi che riguarda il museo egizio di Torino, nonché l’intera città sabauda. Sono stati registrati più volte episodi di malori e svenimenti di visitatori o scolaresche in seguito alla visita della collezione egizia. E secondo alcuni, potrebbe non essere un caso se proprio a Torino si trovi il museo di reperti provenienti dall’Egitto più grande del mondo, secondo solo a quello del Cairo. La religione egizia, infatti, è strettamente legata all’occulto, al culto dei morti e dell’aldilà, un oltretomba il più delle volte ostile, per affrontare il quale il defunto deve proteggersi ed equipaggiarsi. E proprio a Torino si troverebbe la Porta dell’Inferno, indicata da una freccia rivolta verso il basso, sulla facciata del Duomo. Si narrano anche leggende misteriose riguardanti il Santo Graal o grotteschi mostri che popolano i sotterranei della città, tenuti a bada dai religiosi.

 

Stata_faraoni,_Museo_Egizio_Torino

 

4. Anche fuori dall’Europa, i musei nascondono più di un aneddoto intrigante per i loro ospiti. Il museo di Alcatraz è già di per sé un luogo inquietante, prigione dei più terrificanti criminali della storia. Immaginate, quindi, di partecipare ad una delle visite notturne lì organizzate e sarà facile immaginare perché la gente crede di sentire e vedere (o sente e vede davvero, chissà?) voci, ombre e presenze. D’altra parte cinquant’anni fa tre detenuti sono riusciti ad evadere da quell’inferno di sbarre, ma di loro non sono mai stati ritrovati i corpi, né vivi, né morti, costituendo uno dei casi irrisolti più clamorosi nella storia giudiziaria americana.

 

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5. Meritano una menzione a parte, infine, quei musei che si definiscono “strani” per la natura della loro stessa collezione, decisamente a metà tra il macabro e il kitsch. In una carrellata di stranezze si possono visitare, ad esempio, il museo dei capelli a Kansas City, il museo dei pupazzi da ventriloquo a New Haven, il Mütter Museum di Philadelphia che raccoglie impressionanti reperti anatomici, il Glore Psychiatric Museum in Missouri, che documenta con precisione l’era della lobotomia e dell’elettroshock.

 

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Con tutti questi eventi inspiegabili ed eccentricità intriganti, chi oserà più affermare che i musei sono noiosi?

MUSEI LOMBARDI A TRE COLORI. MATERIALE TRA ARTE E STORIA
G. De Martini (a cura di)
pp. 171
Allemandi, 30,00 €
ISBN: 978-8842221340

La Rete Museale dell’Ottocento lombardo non poteva mancare al fondamentale appuntamento del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, momento unico per valorizzare le collezioni d’arte e di storia possedute dai musei lombardi, indagare in profondità singoli capolavori, riscoprire fondi grafici e documentari, mettere in luce inediti e peculiari raccolte. Questo volume raccoglie i frutti del lavoro di ricerca e divulgazione effettuato nell’arco del 2011 durante le conferenze tenutesi nei diversi musei della Rete sul tema del rapporto tra arte e storia. Un’esperienza di crescita culturale attraverso approfondimenti su temi specifici e a volte poco conosciuti come la numismatica, il disegno, il teatro. Un modo per rafforzare e rendere più incisivo il ruolo della Rete Museale a favore della salvaguardia della bellezza e dell’educazione ai Beni Culturali.

 

 

TELEVISIONE
Carlo Freccero
pp. 172
Bollati Boringhieri, 9,00 €
ISBN: 978-8833923734

Con l’introduzione del digitale terrestre e delle pay TV, la televisione sta vivendo una trasformazione epocale. Anche il modo di guardare la TV sta cambiando rapidamente. Non è più il tempo dell’utente passivo: il pubblico cerca sempre di più un prodotto su misura, che spesso paga, in un certo senso confezionando da sé il palinsesto che preferisce. Se “il medium è il messaggio”, ogni medium produce contenuti propri e risponde in maniera originale alle esigenze della società. Nel caso della televisione vale anche il contrario: la società stessa viene, sempre di più, condizionata a sua volta dal mezzo televisivo. Nella nostra storia siamo così passati da una televisione di classe, specchio di un’élite del paese, a una televisione ritagliata attorno al consenso esclusivo ed escludente della maggioranza, per arrivare oggi a una TV sempre più attenta alla moltitudine, la nuova società plurale nella quale siamo immersi. Di questi mutamenti della TV e delle loro profonde ricadute sulla realtà italiana, Carlo Freccerò parla in modo illuminante e provocatorio, in un libro denso di idee e di contenuti.

 

 

IL TRIONFO DELLA CITTÀ. COME LA NOSTRA PIÙ GRANDE INVENZIONE CI RENDE PIÙ RICCHI E PIÙ FELICI
Edward L. Glaeser
pp. 586
Bompiani, 23,00 €
ISBN: 978-8845272004

“Sono duecentoquarantatre milioni gli americani che si concentrano nel tre per cento dei territori urbani del paese. A Tokyo e nel circondario, l’area metropolitana più produttiva del mondo, vivono trentasei milioni di persone. Dodici milioni risiedono nel cuore di Mumbai, e Shanghai è quasi altrettanto vasta. Su un pianeta dai grandi spazi (l’umanità intera potrebbe stare dentro il Texas – ciascun individuo con la sua villetta a schiera), noi scegliamo le città. Benché sia diventato molto economico viaggiare tra luoghi molto distanti tra loro, o lavorare in rete tra gli Ozarks e l’Azerbaijan, un numero sempre crescente di persone si raggruppa sempre più strettamente in grandi aree metropolitane. Ogni mese, cinque milioni in più di persone vanno a vivere nelle città dei paesi in via di sviluppo, e nel 2011 più della metà della popolazione mondiale è risultata essere urbana.” Edward Glaeser, professore di Economia a Harvard, ci conduce in un viaggio lungo i secoli e attraverso i continenti, per rivelarci i volti nascosti della “più grande invenzione dell’uomo”, la città che, nonostante ogni critica e ogni abuso, rimane il motore del progresso e dell’uomo.

 

 

L’OROLOGIO DI PONTORMO INVENZIONE DI UN PITTORE MANIERISTA
Salvatore S. Nigro
pp. 213
Bompiani, 12,50 €
ISBN: 978-8845272318

Questo è un libro sul tempo e sul corpo. Si occupa della scrittura del pittore cinquecentesco Jacopo Carucci detto il Pontormo. E anche della scrittura attorno a lui e su di lui. Racconta la pittura del Pontormo, inevitabilmente; ma come attraversata dal suono della parola e dalla febbre che l’invenzione letteraria vi ha acceso dentro. Pontormo è anche la letteratura che l’ha inventato. E che gli appartiene, come patina del tempo. Se il manierismo è “ricerca della febbre”, come suggeriva Bataille, questo è un libro sul manierismo. Il volume accoglie in appendice il Dossier dell’invenzione di Pontormo: “La lettera al Varchi” e “Il libro mio” del pittore; i versi in burla inviati da Bronzino al suo maestro.

 

 

 

 

IL POTERE SOCIEVOLE. STORIA E CRITICA DEI SOCIAL MEDIA
Fausto Colombo
pp. 168
Bruno Mondadori, 17,00 €
ISBN: 978-8861596559

I social media sono diventati essenziali nelle nostre vite. Sono duttili: ci permettono di vendere, comprare, comunicare, esprimerci, cercare e diffondere informazioni senza staccare gli occhi da un semplice display. Sono utilizzabili sempre e ovunque: la diffusione dei terminali mobili (smartphone e tablet) ci garantisce uno stato di perenne connessione. Sono amichevoli: generano quella speciale euforia che ci dà la facilità del loro uso. Sono socievoli: permettono le relazioni, anche a distanza. Ma è davvero tutto qui? Il libro si interroga sulla seduzione di questi strumenti, sulla loro attraente efficienza, per provare a coglierne anche lati meno ovvi, e forse più oscuri. Per cominciare, da dove vengono? Dal lungo processo della digitalizzazione, certo, ma anche da alcune svolte economiche e di mercato, e da precise filosofie imprenditoriali, di cui sono più o meno consapevoli portatori. E poi, di chi sono i social media, a chi appartengono i loro contenuti? A chi rispondiamo noi, quando li usiamo, o ci esprimiamo attraverso di loro? Quali tipi di conflitti (politici, economici, e anche personali) trovano spazio dentro a questo universo socievole? E, soprattutto, quali poteri vi prendono forma, dietro la maschera della disponibilità e dell’uguaglianza?

 

 

LE CITTÀ SOSTENIBILI
Andrea Poggio
pp. 125
Bruno Mondadori, 14,00 €
ISBN: 978-8861598379

Il nostro futuro inizia dalle città. In Europa e nel mondo nascono nuove smart cities, fondate su stili di vita sostenibili, sulla qualità degli spazi, sul lavoro verde. Ma non esistono città intelligenti senza cittadini informati, attivi, creativi. Questo libro racconta le vicende di tre personaggi immaginari: una studentessa, un impiegato e una professionista. Tre cittadini che crescono, insieme alle rispettive città. Con loro scopriamo che azione individuale e progetti sociali garantiscono davvero ambienti compatibili e una vita migliore. Essere spettatori passivi non conviene: l’avventura di inventare di nuovo le nostre città è già cominciata.

 

 

 

 

ESSERE INTELLIGENTI È UNA MALATTIA? TUTTO QUELLO CHE VORREMMO SAPERE SUL CERVELLO
F. S. Alario
pp. 361
Einaudi, 18,50 €
ISBN: 978-8806211592

Come ci ha insegnato Oliver Sacks, il cervello umano è una macchina sofisticatissima che presiede alle funzioni più semplici, come respirare, e alle più complesse, come comporre la Nona di Beethoven. Questo libro dà una risposta scientifica e divertita alle curiosità e alle domande più frequenti. È sensato paragonare il cervello umano a un computer? Quando non siamo coscienti il nostro cervello pensa? E a cosa? C’è un regime alimentare per garantire il massimo di funzionamento del cervello? Che cos’è l’Alzheimer e cosa provoca a livello cerebrale? Tutti gli animali posseggono un cervello? Il cervello delle donne è diverso da quello degli uomini? Cosa avevano di particolare il cervello di Einstein e quello di Paganini?

 

 

 

 

LA PITTURA CONTEMPORANEA DAL ROMANTICISMO ALLA POP ART
Flavio Caroli
pp. 166
Electa, 19,90 €
ISBN: 978-8837093556

Flavio Caroli – invece di compilare una semplice cronistoria degli avvenimenti artistici degli ultimi due sècoli – racconta, attraverso le opere, i cambiamenti e le rivoluzioni, mettendo in luce i continui rapporti con la tradizione pittorica del passato. L’analisi, che inizia con il Romanticismo visto come punto di rottura con le convenzioni della spazialità “classica”, si evolve in quattordici capitoli, ognuno dei quali prende in esame una delle tendenze della pittura contemporanea, in sintonia con le ricerche dell’uomo sui fondamentali quesiti dell’esistenza. Il “concetto di “avanguardia”, che ha origini sociologiche più che strettamente estetiche, è messo tra parentesi e l’arte contemporanea viene vista come un prisma in cui ogni faccia si identifica con le risposte primarie che i grandi artisti hanno saputo dare a un mondo che evolvendosi tecnologicamente ha moltiplicato, anziché cancellare, enigmi e interrogativi sui quesiti della conoscenza.

 

 

 

DESIGN INTERSECTIONS. IL PENSIERO PROGETTUALE INTERMEDIO
P. Ranzo e C. Langella (a cura di)
pp. 160
Franco Angeli, 24,00 €
ISBN: 978-8820411442

Il design deve essere sempre più in grado di comprendere linguaggi in passato considerati esterni e differenti e di seguire le dinamiche evolutive della ricerca scientifica e tecnologica in un percorso nel quale nascono incontri, intersezioni, attraverso cui le spinte all’innovazione si traducono in risultati tangibili, in prodotti e sistemi di prodotti in grado di apportare grandi e piccoli miglioramenti alla qualità della vita dell’uomo.

 

 

 

 

 

FORMARE ALLE PROFESSIONI. ARCHITETTI, INGEGNERI, ARTISTI (SECOLI XV-XIX)
A. Ferraresi e M. Visioli (a cura di)
pp. 272
Franco Angeli, 34,00 €
ISBN: 978-8856846478

Nell’idea di una “Storia pedagogica delle professioni”, la preparazione di ingegneri, architetti, pittori, scultori in età moderna è esemplare per l’interazione tra arti liberali e arti meccaniche, per i suoi riflessi nelle istituzioni e nei processi educativi e nei rapporti fra teoria e pratica. Questo volume ha origine da due incontri al Collegio Ghislieri e ne raccoglie le relazioni, riviste alla luce delle discussioni seminariali. Il libro è diviso in due parti e segue percorsi di professionalizzazione insieme diacronici e sincronici, dove è centrale il ruolo del disegno nelle sue declinazioni estetiche, tecniche, scientifiche. Nell’intricato processo di definizione di nuove figure professionali sono visibili esperienze pedagogiche e didattiche diverse, sino al tardo Settecento, quando l’intervento dello Stato accelera e uniforma il processo della preparazione professionale di ingegneri e architetti, e si fa più chiara la distinzione tra questi e figure di artisti, quali pittori e scultori.

 

 

 

I FILOSOFI IN GRECIA E A ROMA. QUANDO PENSARE ERA UN MODO DI VIVERE
Giuseppe Cambiano
pp. 278
Il Mulino, 24,00 €
ISBN: 978-8815241511

Nella cultura moderna i filosofi antichi sono apparsi di volta in volta educatori dell’umanità o depositari di un sapere ancora vergine, organizzatori di cultura o professori universitari, antesignani dello scienziato o intellettuali organici e così via. Nessuna di queste immagini, tuttavia, calza a pennello con i tratti del filosofo antico nelle sue metamorfosi storiche, con ciò che egli era per sé e per il contesto in cui viveva. E allora: che cosa significava essere filosofi in Grecia e a Roma? Nel mondo antico la filosofia non fu mai soltanto un complesso di dottrine, un insieme di procedure d’indagine e un arsenale di tecniche argomentative, ma sempre mirò a presentarsi come un modo specifico di vita. Seguendo questo filo conduttore, l’autore ripercorre i modelli di vita filosofica succedutisi in mille anni di storia, dalla nascita del termine “filosofo” nel IV secolo a.C. alla definitiva affermazione del cristianesimo, che contrappose con successo un nuovo tipo di vita a quello della tradizione.

 

 

 

REQUIEM PER LA SCUOLA? RIPENSARE IL FUTURO DELL’ISTRUZIONE
Norberto Bottani
pp. 143
Il Mulino, 13,00 €
ISBN: 978-8815241603

I sistemi scolastici franano ovunque, anche laddove sembrano stabili. La scuola sembra più che altro supplire a strutture familiari e sociali in crisi e si trova a somministrare terapie psicopedagogiche a una popolazione giovanile perturbata, sprovveduta di punti di riferimento. Nell’attuale scuola di massa gli insegnanti non hanno nemmeno più la funzione che avevano i loro predecessori di selezionare le élite intellettuali, e di meritarsi con ciò il riconoscimento sociale. Gli odierni sistemi scolastici – di stampo ottocentesco – registrano ovunque un duplice fallimento di efficienza e di equità: l’impossibilità di far acquisire a ognuno un bagaglio minimo di conoscenze e competenze e quello di democratizzare la società, favorendo, mediante l’istruzione, la mobilità sociale. Il divario, inoltre, tra mondo scolastico e informatico è massimo. I nativi digitali sperimentano ormai spazi aperti di apprendimento e modalità di accesso alla conoscenza molteplici, molto lontani dai riti scolastici. Ce n’è abbastanza per chiedersi su che cosa appoggiano oggi i sistemi scolastici e se hanno ancora un senso.

 

 

NON PER PROFITTO. PERCHÉ LE DEMOCRAZIE HANNO BISOGNO DELLA CULTURA UMANISTICA
Martha C. Nussbaum
pp.170
Il Mulino, 14,00 €
ISBN: 978-8815241665

Alle prese con la crisi economica e le sue spending reviews molti paesi infliggono pesanti tagli agli studi umanistici ed artistici a favore di abilità tecniche e conoscenze pratico-scientifiche. E così mentre il mondo si fa più grande e complesso, gli strumenti per capirlo si fanno più poveri e rudimentali; mentre l’innovazione richiede intelligenze flessibili, aperte e creative, l’istruzione ripiega su poche nozioni stereotipate. Non si tratta di difendere una presunta superiorità della cultura classica su quella scientifica, bensì di mantenere l’accesso a una conoscenza che nutra la libertà di pensiero e di parola, l’autonomia del giudizio, la forza dell’immaginazione, come altrettante precondizioni per una umanità matura e responsabile. Con un’introduzione di Tullio De Mauro.

 

 

 

 

LA CITTÀ ROMANA
Paul Zanker
pp. 135
Laterza, 15,00 €
ISBN: 978-8858105627

“Chi parla di una tipica ‘città romana’ intende, di norma, una città a pianta ortogonale, come quelle che si incontrano nelle regioni che una volta formavano la parte occidentale dell’Impero”. È quasi un paradosso: rispetto a questa struttura, Roma non si presenta affatto come una tipica ‘città romana’. Ma è Roma che ha fatto da modello per intere generazioni, in particolare per le più importanti tipologie di edifici pubblici.

 

 

 

 

 

FARE TELEVISIONE. I FORMAT
Axel M. Fiacco
pp. 233
Laterza, 20,00 €
ISBN: 978-8858105610

La televisione sta cambiando; anzi, è già cambiata. In questo cambiamento i format hanno svolto e continueranno a svolgere un ruolo sempre più strategico. A dispetto della loro importanza, non sono mai stati oggetto di un approfondimento specifico, perlomeno in Italia. Addirittura, anche tra coloro che si fregiano del titolo di “addetti ai lavori”, sono davvero pochi quelli che sanno cosa si intende esattamente con questo termine. Axel Fiacco per la prima volta affronta in modo completo e approfondito questo tema e spiega nel dettaglio come è fatto il mondo dei format (sia tradizionali che crossmediali), in tutte le sue molteplici implicazioni. Si comincia spiegando qual è il vero significato della parola e come il format si colloca nel complesso sistema dei moderni generi televisivi d’intrattenimento. Viene quindi trattata in maniera esaustiva l’affascinante materia della sua progettazione, fornendo tutte quelle competenze tecniche e quel bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche necessarie per costruire e scrivere un format di successo. L’ultimo capitolo è infine dedicato al tema dell’adattamento dei format stranieri, materia che, in tutto il mondo, sta assumendo sempre più importanza cruciale.

 

LA DEMOCRAZIA DEI BENI COMUNI
Lucarelli Alberto
pp. 143
Laterza, 16,00 €
ISBN: 978-8858105238

Il volume analizza la dimensione dell’effettività del diritto pubblico, intesa non soltanto come complesso di principi e regole, ma anche quale contenitore ed espressione di eventi, decisioni e fenomeni socio-economici capaci di incidere direttamente sui diritti dei cittadini. Il conflitto sociale, la lotta per i diritti, l’eguaglianza sostanziale rappresentano le categorie giuridiche che maggiormente hanno contribuito all’insorgere delle tre dimensioni del diritto pubblico, trasformando la pubblica amministrazione da mera esecutrice della volontà legislativa a soggetto attivo nei processi sociali di trasformazione e di erogazione di servizi. Si è così sviluppato un diritto pubblico capace di confrontarsi e fronteggiare decisioni provenienti anche da organismi privi di investitura popolare. Alberto Lucarelli discute i contributi teorici più significativi che si sono avuti nel XIX e XX secolo e “attraverso l’analisi delle idee e dell’evoluzione dei processi normativi – si pensi alla straordinaria stagione delle Costituzioni europee successive alla prima guerra mondiale – evidenzia le varie dimensioni del diritto pubblico. Inoltre delinea quali possano essere gli strumenti e le categorie giuridiche per uscire dalla crisi della dimensione sociale del diritto, e dalla sua impotenza, per raggiungere gli obiettivi della democrazia sostanziale”.

 

VIAGGI E VIAGGIATORI NELL’OTTOCENTO. ITINERARI, OBIETTIVI, SCOPERTE
Marco Severini (a cura di)
pp. 464
Marsilio, 34.00 €
ISBN: 978-8831716000

Il volume analizza storicamente la tematica del viaggio, declinato nelle più diverse accezioni, e assume come riferimento cronologico il secolo XIX: vengono focalizzati esempi e tipologie di viaggio quanto mai disparati nelle finalità, nelle mete, nell’appartenenza sociale e di genere, nelle modalità di spostamento e nelle stesse scoperte registrate. L’Ottocento si è rivelato, sotto molti punti di vista, l’età del viaggio e dei viaggi, che furono compiuti per completare l’iter formativo e culturale, per ragioni professionali, politiche, sentimentali, familiari, personali e per altro ancora. A differenza di quelli dei secoli precedenti, la stragrande maggioranza di questi spostamenti fu accompagnata da puntuali e quotidiani resoconti, espressi di volta in volta in forma epistolare, diaristica e intellettuale; tra le destinazioni, la penisola italiana divenne, in questo periodo, la meta ricercata di viaggi collocabili nella tradizione del Grand Tour o rispondenti a necessità dettate dalle trasformazioni politiche, ideologiche e culturali del “secolo delle nazionalità”. Dall’Italia e da una sua particolare visuale periferica lo sguardo si allarga, attraverso distinte sezioni, al vecchio continente e poi alle rotte extra-europee. Nel rispetto della dimensione storica di fondo, l’opera si presenta come un percorso interdisciplinare che ha chiamato a confronto storici e studiosi della letteratura e della lingua, filosofi e astronomi, storici dell’arte e artisti.

 

OMBRE PASSEGGERE. CINEMA E STORIA
Pierre Sorlin
pp. 226
Marsilio, 22,00 €
ISBN: 978-8831710121

Del passato ricordiamo impressioni, sfuggenti immagini che scorrono come passano sullo schermo le riprese di un film. Cinema e storia condividono la fugacità del tempo che non si ferma. Testi, dipinti, fotografie fissano un istante dell’accaduto, il film fluisce come lo fanno le nostre giornate. Il cinema è stato il primo divertimento di massa, ha radunato milioni di persone, unite grazie a un rituale comune. L’importanza del pubblico lo ha reso un fattore di rilievo nell’evoluzione economica e politica dell’universo contemporaneo; industria, strumento di potere, oggetto di scambi internazionali, divertimento, strumento di conoscenza. La sua originalità consiste nella restituzione del movimento: porge l’illusione di vedere le macchine funzionare, gli esseri spostarsi, la natura evolversi. Il contributo fondamentale del cinema alla comprensione del mondo è la messa in evidenza del cambiamento permanente che è la storia. Partendo da tali premesse il libro considera il cinema come istituzione sociale storicamente ambientata, come documento sul passato, come fonte per rappresentare epoche trascorse.

 

 

I PROTAGONISTI. LA RECITAZIONE NEL FILM CONTEMPORANEO
Cristina Jandelli
pp. 175
Marsilio, 12,50 €
ISBN: 978-8831714341

Come recitano i protagonisti del cinema contemporaneo, quali figure incarnano attori e divi incaricati di rappresentare la crisi del personaggio di finzione nel complesso scenario attuale? Mentre la tecnologia digitale riconfigura fisionomie e prestazioni, indagare il contributo degli interpreti appare particolarmente necessario. La riflessione complessiva muove dall’analisi della recitazione dei protagonisti di una ventina di film recenti europei e americani. Il loro stile di recitazione emerge dalla lettura di singole interpretazioni che inevitabilmente rimandano ad altre, intrecciando percorsi in grado di evidenziare il valore artistico del lavoro attoriale per lo più occultato dalle storie del cinema, dal sistema produttivo e dai circuiti della comunicazione. Osservare la recitazione dei protagonisti aiuta a comprendere l’indispensabile funzione dell’attore nel film di finzione: valutandone l’espressività ed esplorandone il corpo, luogo di tutte le tensioni che attraversano il suo statuto nella contemporaneità, emerge la performance. Volti, gesti, espressioni e voci danno vita a personaggi sempre più dissociati e multiformi, inevitabilmente legati alla condizione esistenziale delle donne e degli uomini del nostro tempo.

 

DE NITTIS. CATALOGO DELLA MOSTRA (PADOVA, 19 GENNAIO-26 MAGGIO 2013)
E. Angiuli, F. Mazzocca (a cura di)
pp. 239
Marsilio, 35,00 €
ISBN: 978-8831714495

Prosegue con De Nittis (1846-1884), dopo le grandi monografiche su Hayez, Boldini, Signorini, il progetto di Palazzo Zabarella di ricerca e valorizzazione dei grandi protagonisti della pittura dell’Ottocento europeo. La statura internazionale di Giuseppe De Nittis, il più grande insieme a Boldini degli italiani a Parigi, si deve al suo confronto con Manet, Degas e con gli Impressionisti con cui ha saputo condividere, pur nella diversità del linguaggio pittorico e degli esiti, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura. Questa monografia rende giustizia all’artista, un pittore che oggi si conferma tra i grandi protagonisti della scena mondiale del secondo Ottocento.

 

 

 

 

MARE CHIUSO. CON DVD
Stefano Liberti, Andrea Segre
pp. 82
Minimum Fax, 13,00 €
ISBN: 978-8875214739

Fra il 2009 e il 2010, grazie agli accordi del governo italiano con la Libia di Gheddafi, oltre mille migranti africani vennero intercettati nelle acque del Mediterraneo dalle autorità militari italiane e respinti in Libia, dove la polizia esercitava indisturbata abusi e violenze. Oggi, le vittime dei respingimenti possono finalmente raccontare cosa è successo su quelle navi: attraverso immagini esclusive girate sui barconi e drammatici resoconti in prima persona, “Mare chiuso” offre la testimonianza della complicità dell’Italia in una scandalosa violazione dei diritti umani, per la quale il nostro governo è stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Un implacabile documentario di denuncia che ha contribuito a tenere vivo il dibattito su un tema che non accenna a perdere la sua attualità. Nel libro che lo accompagna, ulteriori approfondimenti vengono dalla voce degli autori, e degli attivisti e dei legali impegnati nel cercare giustizia per le vittime della vicenda.

 

 

 

ARMI DI PERSUASIONE DI MASSA. ABBIAMO I MEDIA CHE CI MERITIAMO
Brooke Gladstone e Josh Neufeld
pp. 184
Rizzoli, 20,00 €
ISBN: 978-8817058704

Come e perché un fatto diventa notizia a scapito di altri? Chi e cosa c’è alla base del circuito informativo? Qual è il motore che muove l’infernale Macchina della persuasione? Duemila anni di notizie, dall’antica Roma a internet, passando per le due guerre mondiali, il crollo delle Torri gemelle, il conflitto in Iraq e l’elezione di Obama: Brooke Gladstone e Josh Neufeld firmano un’opera che scardinerà le nostre vecchie convinzioni sui mezzi di comunicazione di massa.

 

 

 

 

 

NOVECENTO. ARTE E VITA IN ITALIA TRA LE DUE GUERRE. CATALOGO DELLA MOSTRA (FORLÌ, 2 FEBBRAIO-16 GIUGNO 2013)
F. Mazzocca (a cura di)
pp. 407
Silvana, 34,00 €
ISBN: 978-8836625390

Attraverso una straordinaria ricchezza e varietà di opere (dipinti, sculture, progetti e modelli architettonici, manifesti, grafica, mobili e oggetti di arredo, abiti e gioielli) viene rievocata la grande stagione del “Novecento” italiano, quando dalla prima guerra mondiale alla caduta del Fascismo architetti e artisti geniali hanno cambiato, realizzando edifici monumentali decorati da sculture e da affreschi, il volto delle città italiane. Mentre pittori e scultori, riconosciuti in tutto il mondo, come Casorati, De Chirico, Balla, Sironi, Funi, Severini, Campigli, Carrà, Cagnaccio di San Pietro, Martini, Andreotti, Messina hanno creato un classicismo moderno in sintonia con il movimento del cosiddetto “ritorno all’ordine” diffuso in tutta Europa. Il gusto “Novecento” ha trovato un terreno ideale anche nei manifesti pubblicitari o di propaganda che crearono un’arte popolare caratterizzata però da soluzioni raffinate e inattese. Mentre i mobili, le ceramiche e i vetri, un campo dove ha avuto un ruolo da protagonista il versatile Gio Ponti, diventavano espressione di una nuova bellezza che, attraverso gli oggetti d’uso, caratterizzava la vita quotidiana.

 

LA CLASSE DELL’ARTE. OPERE, COLLEZIONISMO, ISTITUZIONI, TECNOLOGIE E LINGUAGGI
Paola Tognon
pp. 143
Silvana, 12,00 €
ISBN: 978-8836623921

Il volume presenta, ampliandone i contenuti, il progetto “La classe dell’arte”, ciclo di incontri, svolto presso il Centro culturale Trevi di Bolzano, che ha visto di volta in volta la partecipazione di quattro relatori diversi, per storia, esperienza, professione, provenienza, generazione. Momenti di confronto gratuiti, allargati, con una specifica attenzione all’attualità dell’esperienza tecnologica, capaci di costruire un dialogo di senso in un’epoca, la nostra, di grandi cambiamenti. Se l’attenzione alla differenza è la cornice di questa ricerca, l’arte ne è l’oggetto, con la sua riflessione spesso incurante e sovversiva verso l’ordine imposto.

 

 

Un maestro della fotografia contemporanea grazie ai suoi scatti della vita quotidiana reale, tratta dai muri delle fabbriche della Milano operaia, di Beruit dopo la guerra, dei paesaggi urbani che ci circondano. È morto oggi all’età di sessantanove anni il fotografo documentarista Gabriele Basilico. Era nato nel 1944 a Milano, città a cui ha dedicato buona parte dei suoi lavori e durante la sua carriera era rimasto fedele alla pellicola in bianco e nero. Formatosi come architetto, ben presto il suo lavoro lo aveva però avvicinato al mondo della fotografia. Il suo primo reportage risale al 1982 “Ritratti di fabbriche” in cui le immagini descrivono le aree industriali milanesi. Nel 1984 viene ingaggiato, assieme ad altri colleghi, dal governo francese per la Mission Photographique de la DATAR(Délégation a l’Aménagement du Territoire et à l’Action Regionale): lo scopo è quello di documentare l’apertura del passaggio transalpino. Il risultato di questa missione sarà l’esposizione delle sue immagini alla grande collettiva a Parigi nel Palais de Tokyo l’anno successivo. Tra i suoi lavori è rimasto celebre Basilico Beyrouth la serie di scatti dedicati a Beirut devastata nel 1991 dalla guerra. Nel 1996 ha ricevuto il premio Osella per la fotografia contemporanea durante la Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia.

Le sue foto sono esposte nella sezione d’arte figurativa del Museo Maxxi di Roma.

 

Mala Italia o Buona Italia. Il nostro si sa è il paese delle contraddizioni e dei paradossi per eccellenza. Divisi tra genio e malvagità, arte e ignoranza, malasanità ed eccellenza, le criticità del Belpaese si sono acutizzate e sono venute alla luce in modo chiaro e delineato negli ultimi cinque anni, come esempio lampante della crisi che sta agonizzando l’Europa. L’Italia, che è entrata a fare parte della temuta zona di confine in cui sono relegati i cosiddetti Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna), sta attraversando un momento difficile. Eppure a sentir parlare chi annovera qualche primavera in più, la situazione del paese di Dante e Leonardo è sempre stata al limite e mai del tutto prospera. Tuttavia i nostri genitori sembrano essere sopravvissuti tutti, accumulando una buona ricchezza privata, superiore alla media europea. Forse in Italia si tende a pensare che “in fondo si stava meglio quando si stava peggio” e non è escluso che tra vent’anni ricorderemo questo inizio millennio proprio seguendo lo stesso spirito.

Per criticare l’Italia non bisogna poi metterci molto impegno, forse anche perché i primi accusatori feroci del modo in cui funzionano le cose nel nostro paese, siamo noi stessi. Ciò nonostante sembra che le disapprovazioni e le analisi non bastino mai e c’è sempre qualcuno pronto a ritornare sul discorso mafia, criminalità, politica scadente, corruzione, assenteismo, immoralità. Mali atavici che purtroppo caratterizzano l’Italia già prima del 1861, ma che tuttavia non hanno impedito lo sviluppo ( seppur non avendone consentito tutto il potenziale) delle arti, dei migliori cervelli in giro per il mondo, dell’industria, dell’impresa, che raggiungono in ogni campo livelli d’eccellenza.

A ricordarci che gli italiani devo risollevarsi da soli e indipendentemente da questa situazione di stasi ci ha pensato stavolta l’ex caporedattore dell’Economist, Bill Emmott, che ispirandosi al suo libro “Good Italy, Bad Italy” ha realizzato un docu-film dedicato al nostro paese dal titolo “Girlfriend in a coma”. Già dal titolo e dal trailer, la trama che il documentario intende perseguire è abbastanza chiara. Si susseguono diverse interviste ad attori, giornalisti, imprenditori, che raccontano la situazione di dissesto, ma di enorme potenziale inespresso che caratterizzano l’Italia. Una panoramica realizzata attraverso una raccolta di punti di vista, alcuni speranzosi, altri dubbiosi e scoraggiati. Un film per farci riflettere ancora una volta sui nostri limiti e capacità.

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Giudicate voi se ne avevamo bisogno oppure no, a fronte degli avvenimenti che si sono susseguiti in Italia negli ultimi dodici mesi. Certo la strada è ancora lunga, ma per percorrerla più in fretta non dovremmo forse smetterla di rimuginare nel passato? “Cosa fatta capo ha”, tanto vale imparare dall’esperienza per evitare gli stessi errori.

 

Si svolgerà ad Urbino il prossimo 16 e 17 giugno l’iniziativa “Ho messo le tue scarpe” , un progetto di avvicinamento e scoperta del mondo della malattia mentale: un percorso induttivo per capire una patologia spesso stigmatizzata, promosso dalla cooperativa sociale Alpha e realizzato da due documentaristi, Elena Mattioli e Flavio Perazzini. Tafter ha intervistato Elena per comprendere le dinamiche e la genesi del progetto e i suoi risvolti futuri.

 

Come è nato questo progetto e quale è la motivazione di un nome così particolare?

L’idea del progetto è nata due anni fa, quando Flavio ed io abbiamo realizzato un documentario dal titolo “Sigarette e Sigarette” ambientato nella struttura residenziale riabilitativa di Varea Dini ad Urbino, all’interno della quale abbiamo allestito un set, dove le persone che vivono o che lavorano all’interno della struttura potessero raccontare in modo naturale la loro storia. L’obiettivo era comunicare quale fosse la vita di un malato mentale, argomento che troppo spesso si affronta in modo defilato. Successivamente abbiamo pensato in che modo sviluppare la comunicazione in modo attivo e superare l’interazione passiva limitata all’ascolto caratteristica del documentario. È nato così il progetto “Ho messo le tue scarpe”: raccontare questa realtà, senza avere la pretesa di insegnarla, ma cercando di far capire le sensazioni di una persona che vive all’interno di questa struttura, non tanto mettendosi nei suoi panni ma nelle sue scarpe e intraprendere così un percorso che ci porti alla scoperta del contesto in cui vive.

 

Quale sarà il percorso in cui verranno coinvolti i partecipanti di “Ho messo le tue scarpe”. Quale l’obiettivo che si intende raggiungere con questa iniziativa?

Nello specifico il percorso coprirà l’arco di una giornata e sarà suddiviso in tre parti: Assenza, Scoperta e Restituzione. Nella prima fase il gruppo sarà condotto all’interno della struttura riabilitativa di Varea Dini di Urbino, per entrare in contatto con gli spazi e dare forma ai luoghi dove vivono quotidianamente le persone che soffrono di disagio mentale. La seconda parte sarà invece un cammino che si snoderà attraverso le vie secondarie della città di Urbino, accompagnati da un operatore della struttura. L’iter prevede alcune soste durante le quali verranno proiettati dei brani del documentario “Sigarette Sigarette”. La terza e ultima parte sarà, infine, di sintesi rispetto a quello che si è visto e percepito nel corso della giornata: si avrà la possibilità di confrontarsi sia tra i partecipanti che interfacciarsi con uno specialista.

 

L’iniziativa che avete organizzato è introdotta sul vostro sito da una breve storia illustrata, quella di Yuri e di come si sia evoluta nel tempo la sua malattia. Come è nata l’idea creativa di una storia per immagini?

La storia di Yuri è sicuramente funzionale per diffondere l’evento che si svolgerà il 16 e il 17, ma ha anche lo scopo di comunicare ed introdurre il mondo di coloro che vivono il disagio mentale. L’obiettivo dell’interno progetto è infatti quello di rendere le persone consapevoli, almeno in parte, e di fornirgli un primo approccio con questa realtà senza comunicare in modo negativo e cupo questa malattia, che è sicuramente una patologia e in quanto tale prevede una terapia, ma non ha senso aggravare con altri timori e paure, come invece spesso succede. La storia di Yuri è il primo passo per dare una forma creativa e innovativa a questo mondo per chi non ne conosce nulla.

 

La storia a puntate di Yuri non si limita ai disegni ma è sviluppata in modo interattivo. I dati della malattia, delle analisi e delle cure vengono rielaborati attraverso infografiche e pop up: un vero e proprio racconto 2.0. La fine inoltre non è ancora stata scritta: come si evolverà il racconto? Sarà sempre prevista una partecipazione attiva dei lettori?

La storia non ha ancora una fine perché speriamo di portarla avanti, completandola con altri racconti anche dopo la fine dell’evento il 17 giugno. L’interazione con i lettori l’abbiamo cercata in particolar modo nella parte in cui si chiede di riempire un vuoto. Sono arrivate molte richieste di contatto, molte manifestazioni di interesse e scambi reciproci di esperienze. Sicuramente vogliamo mantenere aperto questo spazio virtuale per continuare a mettere insieme racconti. Yuri, infatti, ci riporta storie diverse a seconda delle scarpe che indossa, perciò abbiamo ancora molte esperienze da raccogliere. Non abbiamo ancora idee ben definite sui progetti futuri, ma siamo certi che le storie di Yuri continueranno ad arricchire lo spazio virtuale.

 

In che modo gli enti locali hanno sostenuto il vostro progetto?

Da parte del comune di Urbino, provincia e regione ci è stato garantito un vero e proprio supporto materiale e concreto, come la fornitura di spazi e dei materiali per l’allestimento del 16 e il 17. Inoltre, il loro ufficio stampa ha lavorato in sinergia con il nostro per veicolare il più possibile l’evento.

 

Se volete partecipare il 16 e il 17 giugno questo è il sito dell’iniziativa

“Quello che ci proponiamo di fare è molto semplice. Raccontare l’Italia. Come? Offrendo online in streaming tutto ciò che riteniamo meriti di esser visto ma che spesso non è possibile vedere altrove.” Suona così il manifesto inaugurale del blog di On the DOCKS, una piattaforma innovativa realizzata con il supporto della Regione Lazio e di Sviluppo Lazio, che permette di dare  spazio alle produzioni audiovisive indipendenti italiane, consentendone la distribuzione e lo sviluppo anche a livello internazionale. Numerose le aziende partners aderenti (Deriva Film, Eskimo, Wizmedia&Consulting, Essegi, La Casa Gramatica, Zivago Media), unite dall’obiettivo di valorizzare la qualità delle rispettive produzioni e lavoro, creando una sorta di rete commerciale all’estero fatta di documentari, film, format, new contents, script, soggetti audiovisivi e prodotti editoriali multimediali, tramite cui facilitare la coproduzione di nuovi progetti, soprattutto nei confronti di nazioni come il Canada, la Russia e la Francia.
Il prodotto offerto è fortemente ancorato alla realtà del nostro Paese, mediato attraverso un punto di vista non convenzionale, lontano da facili stereotipi che troppo spesso alimentano le attuali produzioni audiovisive italiane. On the DOCKS si rivolge a due tipologie di utenti: da un lato, permette al consumatore “spettatore” di fruire online in streaming di un film o di un documentario, acquistabili al prezzo di € 2,99 ciascuno e disponibili per 3 giorni dal momento dell’acquisto. In alternativa è possibile acquistare dei Cinepass che forniscono il credito per avere accesso ad un pacchetto di film da scegliere liberamente e da guardare quando si preferisce.
Dall’altro lato, troviamo, invece, gli utilizzatori della cosiddetta “area business” (broadcasters, buyer, selezionatori di festival), che accedono al servizio gratuitamente, incentivati ad utilizzare la piattaforma per mettersi in contatto con altre case di distribuzione e prodotti presenti sul portale. Gli obiettivi, quindi, sono orientati a sviluppare una serie di servizi che vanno ad incontrare questi due diversi target, permettendo la creazione di asset condivisi che consentono alle aziende di aumentare il valore delle loro produzioni attraverso la distribuzione all’estero, prevendita di sceneggiature e formats, coproduzioni di prodotti audiovisivi. Inoltre, On the DOCKS.it cerca di sviluppare una piattaforma on demand che consenta a chiunque di accedere immediatamente ad un ampio catalogo continuamente aggiornato che raggruppa il meglio della produzione audiovisiva Italiana trasmessa in streaming di alta qualità, nel pieno rispetto del loro formato originale.
Il progetto, infine, ambisce ad offrire una distribuzione in tutto il mondo, per cui garantisce ampia apertura alle nuove partnership, nell’ottica della promozione di film che raggiungano visibilità internazionale.

Il territorio si racconta attraverso il web. I principali siti di interesse storico-artistico mondiali stanno entrando a far parte della collezione di Google Street View. Prima Stonehenge e Santiago de Compostela, ora Pompei, San Gimignano ed in ultimo la Venaria Reale vengono catturati in una serie di fotogrammi pubblicati on line con ampio riscontro da parte degli utenti. (1)
Il software, estensione di Google Maps e Google Earth, permette infatti, grazie ad una rete di immagini panoramiche a 360º gradi in orizzontale e 290º in verticale, di osservare città e paesi non soltanto dall’alto di un satellite, ma con la prospettiva del visitatore reale che ne percorre le strade.
Cambiare il punto di vista trasforma l’utente da spettatore passivo in visitatore attivo che si muove nello spazio in base ai propri interessi e alle proprie attitudini con la possibilità di approfondire, ogni qual volta lo desideri, avendo a disposizione tutta una serie di contenuti (immagini, testi, musica, ecc.) che la rete offre in uno scambio bidirezionale ed interattivo.
Il visitatore virtuale può meglio cogliere la dinamicità del territorio: uno spazio geografico costituito da aree urbanizzate e naturali, dove si intrecciano reti e relazioni tra l’ambiente e le persone. Il web, nuovo spazio pubblico, evidenzia tali connessioni mettendole a disposizione di un numero maggiore di utenti. 
La formula di Google Street View perfeziona i sistemi di promozione del territorio già sperimentati in Italia attraverso i geoblog: siti internet che forniscono la descrizione del territorio e delle sue emergenze associando una serie aggiuntiva di approfondimenti ad un’ortofotocarta. Possiamo esplorare quelli sulla via Francigena del Lazio (www.geoblog.it/francigena), sul Monferrato  (www.geoblog.it/castelli), e la Mappa Emozionale dei Luoghi della Memoria (http://acmos.net/memoria/). Se pur mezzi ormai parzialmente superati, i geoblog dimostrano come sia alta l’attenzione verso il territorio da parte degli utenti e come il web possa effettivamente catalizzare tale attenzione attraverso la facilità di accesso ai suoi contenuti. (2)
La possibilità del visitatore di addentrarsi quasi fisicamente nei luoghi gli permette di coglierne l’identità, ricomponendo le tessere come in un puzzle: arte, architettura, struttura urbana, rapporto con il contesto, attività svolte.
Non solo. Alla componente descrittiva il web associa quella documentale fornendo una memoria storica utile per la salvaguardia del territorio. Ne è esempio la ripresa del centro storico de L’Aquila, catturata da Google Street View prima del terremoto, ormai testimonianza di una realtà passata, o il Virtual Museum of Afghan Civilization ambientato all’interno delle antiche cave che ospitavano i Buddha distrutti nel 2002.
Se vogliamo attribuire ai musei del territorio la duplice funzione di testimoni della storia locale e di contenitori di beni materiali e quotidiani, e ciò al fine di riscoprire e di riappropriarsi dell’identità culturale delle comunità, potrebbe il binomio web e territorio generare quello spazio d’azione in cui l’utente diventi parte attiva dell’ingranaggio? Il web perde la fisicità del museo e delle sue collezioni, ma acquista in collegamenti e la validità della formula viene confermata dal numero crescente di turisti virtuali.

(1) VENTAVOLI B., La reggia di Venaria nell’occhio di Google in La Stampa.it, 31/08/2010
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=8032&ID_sezione=38&sezione
(2) INFANTE C., Performing media per coniugare web e territorio in TAO Transmitting Architecture Organ, AGES SpA, Torino, n. 3/2009